L’intelligenza artificiale non più solo un tema di dibattito, comincia a diventare realtà: anche in Italia, nei processi aziendali. A differenza di 18 mesi fa, quando solo se ne parlava.
Il ruolo del cloud
Cos’è cambiato in un anno e mezzo a questa parte, per questa svolta che stiamo vedendo? La sperimentazione. Si è capito che è possibile sperimentare l’AI tramite cloud. L’AI è infatti in forma di API accessibili via cloud da chiunque, software house, system integrator, che la possono così integrare all’interno di sviluppi applicativi, per testare nuove app per esempio. Con un semplice pay per use l’AI è accessibile a tutti: è crollata una barriera e quindi l’innovazione può diventare di massa.
L’applicazione più usata: assistant
E’ così che l’AI sta trovando, anche in Italia, riscontro in molteplici domini di applicazione, molti più vasti rispetto a quanto si pensava tempo fa. Il tema più diffuso adesso è quello dell’assistant, il cognitive caring come si chiama nel mondo dei customer care delle telco. Succede già (noi lo facciamo con Wind 3). Qui l’Ai viene usata in due modalità: a supporto dell’operatore umano del call center (l’Ai mette assieme informazioni molto rapidamente sul cliente) o per svolgere funzioni automatiche (per ora via chat scritta).
Così si liberano risorse per task più complesse da lasciare da gestire a operatori umani.
Succede anche nelle banche italiane (noi con il Creval- Credito Valtellinese), l’AI supporta gli addetti per i clienti che arrivano in filiale. E le persone riferiscono di essere più efficaci nel rispondere ai clienti e di poter liberare tempo per svolgere attività consulenziale di più alto valore.
Il dominio dell’assistant è quello più diffuso al momento.
Professionisti e internet delle cose
Un’altra applicazione già usata è per i professionisti, per esempio ci sono software con AI per commercialisti per fare ricerche di informazioni in un milione e mezzo di documenti fiscali in modo facile e veloce.
Un altro ambito che si sta affermando, l’internet delle cose: già ora Elica, leader in produzione di cappe, usa l’AI con sensori per registrare e analizzare la qualità dell’aria e comportamenti all’interno della casa. Così l’azienda può migliorare il prodotto e fornire servizi più evoluti, riposizionandosi come soggetti che migliorano la qualità della vita e così competere meglio con i produttori cinesi.
In via di sviluppo: visual recognition
Si sta sviluppando invece – passando da sperimentazione a prime applicazioni aziendali – l’ambito della visual recognition, dove ci sono già prototipi in giro.
Ad esempio, in fabbriche italiane per riconoscere difetti sul singolo prodotto (manifatturiero, di vario tipo; anche di fashion).
Oppure si usa già l’AI a supporto delle indagini delle polizie (come fa KeyCrime, di un ex poliziotto che lo usava alla Questura di Milano prima di fondare la propria società).
Il software incapsula la metodologia di indagine e la integra con la face recognition per poi supportare nella cattura dei criminali.
Il ruolo dell’AI per il sistema Paese
In Italia l’AI comincia a essere un promettente tassello di svolta per il nostro sistema Paese.
È utile infatti soprattutto per lo sviluppo del manifatturiero, colonna portante della nostra economia. Visual recognition, analisi dati, combinata con blockchain, può dare garanzia di affidabilità di tutti i passaggi all’interno di una filiera produttiva e di trasparenza verso i consumatori.
Così possiamo proteggere il made in Italy.
Nel pubblico l’AI può fare la differenza soprattutto supportando la deforestazione normativa. L’Ai può analizzare e correlare grandi moli di dati (testi normativi), così riducendo la complessità della burocrazia e favorendo la semplificazione della PA.
Il vantaggio è aumentare l’efficacia delle decisioni del legislatore, condizione per facilitare innovazione e cambiamento del Paese.
Adesso molte decisioni non sono implementabili o non lo sono subito perché interagiscono con un corpus di norme pre-esistenti, complesso e opaco allo stesso legislatore.
La tecnologia rende possibile già tutto questo. Ma per diventare realtà richiede ora scelte implementative da parte di aziende e istituzioni.
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Questa intervista è parte di un dossier con cui Agendadigitale.eu sta pubblicando le visioni dei manager protagonisti della trasformazione digitale italiana. Questo non è un articolo sponsorizzato.