Da poco più di una decina di anni è nata una nuova figura professionale, che si sta affermando sempre più grazie al forte aumento dei sistemi digitali che ormai fanno parte della nostra vita quotidiana: l’informatico forense.
Le caratteristiche dell’informatico forense
Nasce da un mix di formazione tecnico/giuridica ed è ad oggi una buona opportunità di lavoro per chi ha voglia di fare una professione che sia di tipo investigativo, un connubio tra normative, informatica e telecomunicazioni. L’informatico forense è colui che si occupa prevalentemente di raccogliere delle fonti di prova digitale che potranno poi essere utilizzate in un procedimento legale.
La formazione dell’informatico forense
Generalmente ha un titolo di studio tecnico universitario, anche se non è indispensabile che sia laureato; ha seguito corsi di formazione, spesso ha fatto molto da autodidatta. In particolare fino a qualche tempo fa era difficile trovare dei corsi di formazione che invece oggi essendo molto più disponibili sia in aula che con piattaforme di E-Learning permettono a chi si avvicina a questo mondo di trovare già una corsia preferenziale.
La prova digitale giuridica
Esistono varie enunciazioni per definire cos’è in concreto una prova digitale e tra le più importanti ne spiccano due, la prima è stata formulata dall’International Organization on Computer Evidence (IOCE) secondo la quale la electronic evidence “è un’informazione generata, memorizzata e trasmessa attraverso un supporto informatico che può avere valore in tribunale”, la seconda è stata adottata dallo Scientific Working Group on Digital Evidence (SWGDE) per cui costituisce digital evidence “qualsiasi informazione, con valore probatorio, che sia o meno memorizzata o trasmessa in un formato digitale”.
All’interno di questa cerchia possiamo trovare anche tutti i dati in formato analogico come ad esempio le audio e video cassette, le pellicole fotografiche e le telefonate compiute attraverso la rete pubblica: tutte fonti di prova che possono essere “digitalizzate”, ma che non nascono in formato digitale.
Legge n° 48 del 18 marzo 2008 e best practices per l’acquisizione della prova informatica
L’entrata in vigore della legge n° 48 del 18 marzo 2008 ha di fatto sancito l’introduzione dei principi fondanti della computer forensics all’interno del nostro ordinamento, prevedendo importanti aspetti legati alla gestione delle digital evidence che, per loro natura, presentano caratteristiche di estrema volatilità e fragilità.
Seppur il legislatore si sia mosso cautamente nell’introdurre i nuovi principi per l’assunzione delle prove informatiche, non indicando cioè nel dettaglio le modalità esecutorie da applicare nell’utilizzo di tali istituti, si è comunque focalizzata l’attenzione su due basilari aspetti, sicuramente più vincolati al risultato finale che non al metodo da utilizzare, ovvero la corretta procedura di copia dei dati utili alle indagini e la loro integrità e non alterabilità in sede di acquisizione.
Best practices da seguire nella digital forensics
Le fasi principali che caratterizzano l’attività e le best practices nella digital forensic che possono essere riassunte nell’individuazione, preservazione, acquisizione, analisi e correlazione dei dati assunti, oltre che in una completa ed esaustiva documentazione di quanto effettuato nelle singole fasi.
Le procedure di individuazione ed isolamento contemplano una fase descrittiva, che prevede il sopralluogo con un puntuale inventario delle evidenze rinvenute, ed una fase tecnica, che ha lo scopo di impedire qualsiasi interazione dei reperti con l’ambiente circostante sino alla successiva fase di acquisizione.
L’acquisizione della prova informatica è sicuramente la fase che presenta una maggior criticità, proprio perché deve garantire l’inalterabilità dell’elemento che viene analizzato.
Tale procedura non potrà essere attuata come una mera copia del dato ricercato, poiché un’operazione di questo tipo comporterebbe l’irreparabile perdita di tutti quegli elementi che caratterizzano la prova stessa.
Generalmente l’acquisizione dell’evidenza digitale consiste nella creazione della cosiddetta “bit stream image”, ovvero nella copia “bit a bit” del dispositivo oggetto d’indagine.
Una copia effettuata con tali modalità presenterà pertanto la stessa sequenza di dati (formata da sequenze composte da bit 0 e 1) del supporto originale, comprese le aree che contengono informazioni non più visibili all’utilizzatore di quel sistema.
Nella pratica si dovranno adottare metodologie tecniche, differenziate in base alla tipologia di dispositivo da acquisire, che tenderanno ad un approccio alla prova in modalità read-only, ovvero “leggere” il contenuto del dispositivo senza introdurre alcuna modifica su di esso.
È indubbio che l’acquisizione presenti delle criticità notevoli ma, come si è evidenziato, utilizzando adeguata tecnologia e seguendo le procedure indicate dalle best practices risulta possibile effettuare una copia forense in termini di assoluta ripetibilità.
Il processo di documentazione risulta fondamentale per garantire una corretta gestione della catena di custodia dei reperti.
Per catena di custodia si intendono tutte quelle operazioni, opportunamente documentate e dettagliate in ordine cronologico, che definiscono quando, come, dove e a quale scopo un reperto viene gestito.
Una corretta gestione del reperto contempla tutte quelle procedure atte a documentarne la raccolta, il trasporto, la sua corretta conservazione e l’analisi.
Tali procedure hanno lo scopo di garantire che l’autenticità e l’integrità di quel reperto sia stata mantenuta in ogni fase, dalla sua individuazione alla presentazione nelle aule di tribunale.
La relazione dovrà essere chiara e dovrà fornire nel dettaglio tutte le evidenze rilevate, dovrà essere correlata da documentazione fotografica e talvolta anche video che mostrerà tutte le fasi di lavoro al fine di fornire un quadro il più completo possibile.
Stato dell’arte in Italia per l’informatica forense
L’informatica forense ha portato alla creazione di diversi prospettive lavorative, anche ad oggi il mercato è in piena evoluzione, e nei prossimi anni la richiesta di operatori sicuramente aumenterà anche in funzione delle evoluzioni che stiamo vivendo.
Ad oggi esistono diversi consulenti tecnici che operano in proprio, esistono studi organizzati sparsi sul territorio nazionale composti mediamente da 5-6 operatori tra dipendenti e collaboratori, alcuni Consulenti si occupano prevalentemente di formazione, altri fanno questo lavoro non come attività principale.
La sicurezza informatica, la protezione dei dati, i vari sistemi di crittografia, porteranno ad interessanti sviluppi che possono essere raccolti come una buona opportunità di lavoro per tutti i giovani, che hanno voglia di mettersi in gioco con una professione all’avanguardia molto stimolante, piena di responsabilità ma anche ricca di soddisfazioni.
Quando e quanto mi pagano?
Unico neo è ancora oggi rappresentato dai tempi di pagamento per attività di consulenza tecnica d’ufficio, effettuata per l’autorità giudiziaria (tribunale, Procura della Repubblica), nonché dal sistema di pagamento a “vacazioni” che purtroppo tende molto a sminuire l’importate opera intellettuale che è la perizia tecnica. Su questo fronte diverse istituzioni, in particolare ONIF (Osservatorio Nazionale Informatica Forense) stanno cercando di sensibilizzare chi di dovere, per far sì che questa negatività che è ormai nota da anni possa quanto prima essere riorganizzata con un metodo che riconosca competenze ed equa remunerazione per questa professione così importante.
Viceversa lavorare per le parti private è piuttosto redditizio perché un Consulente Informatico Forense ha un modesto compenso non inferiore ad 80€/h, alcuni CT molto accreditati possono arrivare a percepire compensi anche di 200-250 €/h per alcune attività molto specialistiche o procedimenti molto delicati.
Da dove inizio per diventare informatico forense
Di sicuro dalla formazione, frequentando corsi specialistici, ideale se dopo o durante un percorso Universitario di tipo Informatico, leggendo libri – riviste di settore, partecipando ad eventi, fiere, iscrivendosi a newsletter dedicate, associazioni professionali e anche autoformazione, stage in studi o laboratori forensi.
Grazie ai software open source (di cui segnalo Caine e Deft, orgogliosamente made in Italy) è possibile iniziare a fare i primi passi in questo mondo a costo zero, ovviamente chi deciderà di voler imbarcarsi un po’ di più in questo mare dovrà poi costruirsi un buon laboratorio di Informatica Forense sono necessari dei medi investimenti (all’incirca sui 30.000€) in attrezzature varie, hardware e software commerciali.