La mancanza di leggi chiare e specifiche crea problemi nel predisporre la liquidazione IVA del periodo precedente l’accesso a una procedura di concordato preventivo. Vediamo quali sono i problemi da affrontare al riguardo e quali le possibili soluzioni.
Il contesto
La domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo prevista dall’articolo 160 della Legge Fallimentare deve contenere “ … uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione[1]” alla data di apertura della procedura che, a norma dell’articolo 168 L.F., coincide con quella di iscrizione del ricorso nel registro delle Imprese. È poco probabile che tale data coincida con quella di liquidazione e versamento dell’IVA periodica[2] e ciò crea negli operatori non pochi dubbi riguardo la determinazione del saldo IVA c/erario di periodo da indicare nell’elenco dei creditori, soprattutto perché la liquidazione è “di periodo”, e non è quindi rappresentabile nei modelli di dichiarazione o di comunicazioni un importo che si riferisca ad una entità convenzionale diversa.
Ma la situazione è resa ancora più complessa dalla inesistenza di una regola per il calcolo dell’IVA dovuta o a credito “di periodo”. O meglio, esistono regole che individuano il momento in cui l’IVA diviene esigibile (ossia il momento a partire dal quale l’IVA deve concorrere alla liquidazione periodica), ma le norme che regolano la detraibilità dell’IVA fissano il dies a quo partire dal quale spetta il diritto, ma affidano alla discrezionalità del soggetto che riceve ed annota la fattura di acquisto – nei limiti che verranno appresso indicati – la scelta del dies ad quem entro cui avvalersi del diritto. Le ragioni sopra esposte e l’assenza di una normativa specifica portano ad escludere che possa avere valenza giuridica e pratica, ai fini del concordato, un importo da indicare nell’elenco dei creditori che scaturisca da una liquidazione parziale.
Debiti ante e post avvio della procedura
La ragione di tale esigenza risiede nella Legge Fallimentare, considerato che i creditori anteriori all’avvio della procedura devono essere soddisfatti col ricavato della procedura; la finalità concordato preventivo è infatti “la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie …[3]”, ed i debiti a cui fa riferimento la norma sono quelli indicati nella domanda di concordato. Dopo l’ammissione alla procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della “par condicio creditorum”, nemmeno se realizzati attraverso compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura concordataria, come si desume dal sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del concordato, e, in particolare:
- dall’art. 167 L.F., che con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, richiede che il patrimonio dell’imprenditore in pendenza di concordato sia oggetto di un’oculata amministrazione perché destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori secondo la “par condicio”;
- dall’art. 168 L.F. che, nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, lascia desumere il divieto di pagamento di debiti anteriori, perché sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata lo possa ottenere con un adempimento spontaneo;
- dall’art. 184 L.F., che prevede che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, il che implica la impossibilità di configurazione di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema.
Esigibilità e detraibilità dell’IVA
La esigibilità dell’IVA (quindi l’iva sulle cessioni/prestazioni) è un obbligo, la detrazione (quella sugli acquisti effettuati) è un diritto. La esigibilità dell’IVA è regolamentata dall’articolo 6 del DPR 633/1972, che individua il momento in cui l’operazione si considera effettuata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Senza voler in questa sede approfondire tutte le casistiche previste dal citato articolo 6, si può sinteticamente affermare che le cessioni di beni si considerano effettuate al momento della consegna o spedizione, e le prestazioni di servizi al momento del pagamento.
Se anteriormente ai predetti momenti viene emessa la fattura, l’operazione si considera effettuata alla data di emissione della stessa. Tuttavia in alcun casi la emissione della fattura può anche avvenire successivamente al momento di effettuazione della operazione (c.d. fatturazione “differita”), individuato nell’articolo 6. Infatti, l’articolo 21, comma 4, lettera a) prevede che “per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali é effettuata l’operazione ed avente le caratteristiche determinate con decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472[4], nonché per le prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione[5], effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto, può essere emessa una sola fattura, recante il dettaglio delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle medesime”. Il contesto normativo sopra illustrato offre quindi un ventaglio di obblighi/possibilità: per una cessione di beni effettuata il giorno 1 novembre la fattura può essere emessa immediatamente, con data 1 novembre, oppure in qualunque giorno compreso tra il 1 novembre e il 15 dicembre se si dovesse optare per la fatturazione “differita”.
Il diritto alla detrazione dell’IVA , regolamentato dall’articolo 19 comma 1 del DPR 633/1972 “…sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’ anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”. Il diritto alla detrazione deve essere interpretato anche alla luce delle disposizioni recate dal comma 1 dell’articolo 1 del DPR 100/1998, secondo cui “Entro il giorno 16 di ciascun mese[6], il contribuente determina la differenza tra l’ammontare complessivo dell’imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili, e quello dell’imposta, risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso e per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Entro il medesimo termine di cui al periodo precedente può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente[7]. Il contribuente, qualora richiesto dagli organi dell’Amministrazione finanziaria, fornisce gli elementi in base ai quali ha operato la liquidazione periodica”.
Il ruolo della fattura elettronica
È quindi evidente come non solo ci troviamo di fronte a criteri disomogenei tra meccanismo di determinazione dell’imposta dovuta e dell’imposta detraibile[8], ma esiste anche una notevole discrezionalità temporale nell’ambito delle regole fissate per la emissione della fattura. Pur essendo l’abito temporale ristretto nell’arco di 45/46 giorni, è tuttavia sufficiente idoneo a rendere problematica una liquidazione infra-periodica, posto che – per esempio – il giorno 10 novembre il contribuente potrebbe avere effettuato consegne di beni che intende fatturare a fine mese, potrebbe aver ricevuto fatture di acquisto non ancora contabilizzate e, comunque, ha a disposizione ancora 6 giorni per ricevere fattura con esigibilità ottobre e che potrebbe includere nella liquidazione IVA di settembre. Quanto sopra esposto contribuisce a concludere che:
- non è possibile giuridicamente configurare la esistenza di un debito IVA prima della chiusura della liquidazione periodica;
- anche a liquidazione chiusa, non è detto che il saldo della liquidazione rappresenti un dato obiettivo ed univoco, posto che la discrezionalità temporale normativamente prevista per la registrazione delle fatture di acquisto potrebbe consentire la legittima traslazione del momento della detraibilità dell’IVA relativa ad una fattura di acquisto sino al momento di presentazione della dichiarazione annuale IVA.
Con l’avvento della fatturazione elettronica è tuttavia possibile determinare in maniera obiettiva quali documenti siano nella disponibilità del contribuente nel giorno di scadenza della liquidazione. Infatti il Sistema di Interscambio contiene al suo interno la registrazione della data e dell’orario in cui il contribuente prende visione delle fatture di acquisto(quindi matura il diritto alla detrazione) ovvero, nel caso di utilizzo di un canale telematico predefinito, in cui la fattura viene consegnata al gestore del canale telematico prestabilito e, quindi, del contribuente.
Liquidazione dell’IVA periodica nelle ipotesi di fallimento o liquidazione coatta
Le problematiche sopra evidenziate potrebbero non porsi nel caso di fallimento, per cui il legislatore ha previsto una cesura tra il periodo d’imposta (IVA) antecedente e quello successivo alla data di apertura del fallimento. Infatti il curatore è tenuto alla presentazione di una apposita dichiarazione IVA relativa al periodo che va dall’inizio dell’anno solare sino alla data di apertura della procedura (c.d. modello IVA 74/bis) entro quattro mesi dalla nomina. La dichiarazione IVA annuale dell’anno d’imposta in cui si è avviata la procedura sarà formata da due modelli (o intercalari): il primo in cui includere le operazioni registrate dal 1 gennaio alla data di apertura della procedura, e il secondo per le operazioni che sono state registrate dal giorno successivo alla data di apertura della procedura fino al 31 dicembre.
La procedura sopra indicata permette all’Erario l’insinuazione al passivo, mentre l’eventuale credito risultante da tale modello non può essere chiesto a rimborso[9], ed è espressione di un principio di carattere generale, secondo cui è indispensabile operare una distinzione tra debiti e crediti ante procedura e debiti e crediti post procedura. Il condizionale utilizzato nell’incipit del paragrafo è dovuto alla circostanza che la tipizzazione della fattispecie, realizzata con uno specifico provvedimento normativo, risolve la questione sotto il profilo formale, ma non sotto il profilo sostanziale, considerato che la norma dovrebbe essere accompagnata da regole precise necessarie ad attribuire un perimetro di certezza ed uniformità ai comportamenti ai criteri per la detrazione dell’IVA che, per quanto sopra detto, sono discrezionali; regole che oggi più di ieri sarebbero di semplice applicazione e verifica considerata la presenza delle notifiche di consegna e di presa visione delle fatture elettroniche. Ciò, per quanto sopra setto, sarebbe possibile con le modalità di gestione delle notifiche del Sistema di Interscambio per la fatturazione elettronica.
Conclusione
Emerge quindi l’esigenza di un intervento normativo che abbia due linee direttrici:
- prevedere nella ipotesi di fallimento regole idonee a rendere oggettivo il criterio da utilizzare per la determinazione dell’IVA sugli acquisti (e quindi del saldo IVA) del periodo anteriore all’avvio della procedura;
- estendere alle procedure concorsuali minori la stessa normativa prevista per il fallimento (articolo 74/bis).
Nelle more non possiamo che prendere atto che le procedure concorsuali minori, non destinatarie di normative specifiche, non potranno che considerare come debito da indicare nella situazione ex art. 160 della Legge Fallimentare solo quello che dovesse eventualmente emergere dall’ultima liquidazione di periodo il cui termine è scaduto prima dell’avvio della procedura.
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Note
- Articolo 161 comma 2 lettera b) ↑
- Per i contribuenti mensili il 16 del mese successivo, per i contribuenti trimestrali il 16 del secondo mese successivo al trimestre e il 16 marzo per il IV trimestre ↑
- Articolo 160, comma 1, lettera a) L.F. ↑
- Articolo 1,comma 3, DPR 472/1996: “Il documento previsto dall’articolo 21, comma 4, terzo periodo, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, contiene l’indicazione della data, delle generalità del cedente, del cessionario e dell’eventuale incaricato del trasporto, nonché la descrizione della natura, della qualità della quantità dei beni ceduti. Per la conservazione di tale documento si applicano le disposizioni di cui all’art. 39, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Lo stesso documento è idoneo a superare le presunzioni stabilite dall’art. 53 del citato decreto”. ↑
- “un documento come la c.d. “fattura proforma”, contenente la descrizione dell’operazione, la data di effettuazione e gli identificativi delle parti contraenti” (FAQ Agenzia Entrate n.22 del 27/11/2018). ↑
- Per i contribuenti trimestrali il termine è quello indicato in nota 2 ↑
- Vedi nota successiva ↑
- Anche se le “violenze” apportate dal legislatore nazionale alla normativa IVA italiana confliggono con l’articolo 167 della Direttiva 2006/112/CE “Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile” e questo confligge palesemente col disposto del citato articolo 1 del DPR 100/1998 laddove prevede una deroga alla contestualità del binomio esigibilità/detrazione per le fatture di acquisto emesse nell’anno X e ricevute nei primi giorni dell’anno successivo. ↑
- Il credito potrà essere chiesto a rimborso solo dopo la presentazione della dichiarazione di cessazione dell’attività (articolo 35 D.P.R. 633/1972), dopo l’ultimazione di tutte le operazioni rilevanti a fini IVA con l’ultima dichiarazione prima della chiusura della procedura concorsuale. ↑