identità digitale

Ma ci serviva Spid per la Giustizia? “Nessun vantaggio e qualche problema”

A fronte di vantaggi trascurabili (o nulli) in tema di sicurezza si genererebbero costi non irrilevanti e si assisterebbe ad una concreta moltiplicazione di PIN (Spid, CNS e firma digitale), con i conseguenti oneri di custodia e rischi in caso di smarrimento

Pubblicato il 19 Mag 2016

Giuseppe Vitrani

avvocato, Centro Studi Processo Telematico

giustizia-160518183725

Il debutto di SPID (Sistema Pubblico per l’Identità Digitale) nello scenario della Pubblica Amministrazione è stato accolto con favore anche dal mondo della giustizia, solitamente restio a condividere e a sposare le riforme che riguardano gli altri settori della PA (basti pensare al varo delle regole tecniche sul documento informatico, accolte con vero e proprio terrore dagli operatori della giustizia), al punto che nel disegno di legge di legge delega di riforma del processo civile (A.C. 2953-A) è stato inserito anche “l’adeguamento delle modalità di identificazione ed autenticazione degli utenti conformi al sistema pubblico di identità digitale” (un ampio dossier sul ddl di riforma, attualmente approvato dalla camera dei deputati può essere consultato al seguente indirizzo.

Vista la volontà manifestata dal legislatore, pare dunque attuale domandarsi quale sarebbe l’utilità di una simile riforma nel campo del processo civile anche alla luce dei costi che essa comporterebbe.

Come noto, oggi l’identificazione e autenticazione ai servizi telematici erogati dal ministero della giustizia avviene attraverso Carta Nazionale dei Servizi installata su smart card o token USB, sui quali è installato anche il certificato di firma digitale necessario per il deposito degli atti del processo; possiamo dunque affermare che ci si attesta su di un livello di sicurezza paragonabile al terzo livello SPID, che prevede l’utilizzo di username e password oltre ad una smart card (sulla quale saranno però installati certificati differenti dalla predetta Carta Nazionale dei Servizi).

Come si intuisce l’eventuale riforma sul punto, non porterebbe vantaggi in tema di sicurezza, già ampiamente garantita dalle attuali modalità di accesso ai sistema.

Vi sarebbero invece certamente degli svantaggi dal punto di vista dell’organizzazione degli studi legali. Laddove dovesse entrare in vigore la norma ipotizzata in sede di legge delega gli avvocati dovrebbero dotarsi di nuovi dispositivi per l’accesso al “sistema giustizia” e l’operazione non sarebbe certamente indolore dal momento che ogni professionista possiede almeno un paio di certificati atti all’uso (ciò per evidenti ragioni di tutela, ovvero per poter comunque utilizzare i sistemi in caso di compromissione di uno dei certificati posseduti) che dovrebbero essere affiancati dai certificati emessi dai (pochi, al momento) fornitori di identità digitali SPID.

A fronte dunque di vantaggi trascurabili (o nulli) in tema di sicurezza si genererebbero costi non irrilevanti e si assisterebbe ad una concreta moltiplicazione di PIN (Spid, CNS e firma digitale), già ben esposta in un articolo, con i conseguenti oneri di custodia e rischi in caso di smarrimento.

Pare dunque che tra le tante riforme di cui necessita il processo civile telematico (e sulle quali si tornerà in successivi articoli) quella presa in esame sia la meno utile anche perché rischierebbe di rendere ancora più difficoltose le operazioni di deposito di un atto telematico. Allo stato, invero, in molti casi l’avvocato prima si autentica con CNS sul proprio punto di accesso e poi provvede alle operazioni di deposito firmando digitalmente gli atti necessari; tale operazione viene compiuta utilizzando un’unica smart card che, come visto, ha installati i certificati necessari. Con l’avvento di SPID tale operazione non sarebbe più così lineare, dovendo essere utilizzata prima la smart card contenente l’identità digitale SPID e poi il diverso dispositivo contenente il certificato di firma digitale. Certo, è ipotizzabile il superamento di tale vischiosità ad affidandosi a fornitore che eroghi al contempo firma digitale e identità digitali SPID. Al momento, però, solo due soggetti sarebbero in grado di soddisfare tale requisito a fronte invece della più vasta platea imprenditoriale che oggi fornisce servizi per il processo civile telematico.

L’auspicio con cui si conclude l’articolo è dunque opposto agli intendimenti del legislatore. Almeno per quanto concerne il mondo delle giustizia, infatti, l’introduzione di SPID rischierebbe di creare molti problemi senza offrire utili soluzioni.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Iniziative
Video
Analisi
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 2