A quanti di noi è capitato di presentare una richiesta alla Pubblica Amministrazione o richiedere un certificato, e l’impiegato ci ha gentilmente ricordato che qualsiasi documento indirizzato o che proviene da un ente pubblico deve avere la marca da bollo?
Sicuramente a molti, se non a tutti!
La differenza è che nei casi più virtuosi abbiamo pagato direttamente l’importo del bollo dovuto allo sportello (soprattutto nel caso dei certificati), mentre negli altri abbiamo dovuto andare direttamente dal tabaccaio a comprare la marca e ritornare all’ufficio…
Le due alternative appena descritte sono entrambe contemplate dalla Legge che istituisce e regolamenta l’imposta di bollo (L. 642/1972): nel primo caso, in particolare, si parla di bollo virtuale, che presuppone un’autorizzazione che andrà richiesta dalla PA all’Agenzia delle Entrate, che verrà rilasciata con apposito provvedimento; è previsto anche l’anticipo del pagamento dei bolli che si prevedono di incassare, e annualmente dovrà essere fatto un rendiconto con pagamento a consuntivo.
Lo scenario però si complica nel “mondo digitale”: come ci si comporta quando l’istanza, il certificato o l’autorizzazione dovrebbero essere presentati o emessi in formato elettronico?
In questi casi non si applica la normativa sul “bollo virtuale” appena descritta, perché strettamente collegata agli atti cartacei, e – proprio per questo motivo – nel 2014 l’Agenzia delle Entrate ha regolamentato la “marca da bollo digitale” – Servizio @e.bollo.
Periodicamente la materia di bollo subisce cambiamenti più o meno rilevanti. Ecco qualche esempio:
- Da un lato il legislatore ha cercato di semplificare le disposizioni: con la L. di Stabilità n. 147/2013, ai commi 591 e seguenti si prevede che “Per le istanze trasmesse per via telematica, l’imposta di cui al comma 1-bis (cioè le istanze trasmesse per via telematica agli organi della Pubblica [cta]Amministrazione) e’ dovuta nella misura forfettaria di euro 16,00 a prescindere dalla dimensione del documento”. Quindi non vale più in criterio del numero di pagine di cui è formato il documento, ma conta solo il singolo file. Lo stesso principio vale anche per gli atti emessi dalla Pubblica Amministrazione: infatti al comma 594 si dice che “Per gli atti e provvedimenti rilasciati per via telematica l’imposta di cui al comma 1-quater (cioè i provvedimenti rilasciati anche in estratto o in copia dichiarata conforme all’originale a coloro che ne abbiano fatto richiesta) per via telematica dagli organi della Pubblica Amministrazione) è dovuta nella misura forfettaria di euro 16,00 a prescindere dalla dimensione del documento”.
- Dall’altro lato l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 96/2013 ha dichiarato che anche la sottoscrizione di contratti sottoscritti attraverso il Mercato Elettronico per la Pubblica Amministrazione è sottoposta all’imposta di bollo, che deve essere corrisposta dal fornitore alla PA che emette l’ordine.
Sul tema, con una recentissima risposta ad un interpello presentato, l’Agenzia delle Entrate ha avuto occasione di chiarire che invece i contratti inferiori a 40.000 Euro conclusi attraverso lo scambio di lettere commerciali non sono invece sottoposti all’imposta di bollo, a differenza di quelli conclusi con il MEPA.
Purtroppo – in mancanza di un servizio online dedicato – le operazioni amministrative di riscossione, controllo e rendicontazione dei bolli incassati gravano sulle Amministrazioni che effettuano gli ordini.
- Con l’attivazione della fatturazione elettronica è stato emanato uno specifico decreto, in cui si prevede che le fatture elettroniche emesse senza addebito o applicazione dell’IVA e con un importo superiore a € 77,47, l’imposta di bollo è dovuta nella misura di Euro 2,00, e va riportata in fattura una specifica annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo ai sensi del DM 17 giugno 2014. Il versamento delle somme dovute all’Agenzia delle Entrate dovrà essere effettuato dal fornitore entro 4 mesi dopo dalla chiusura dell’esercizio, semplificando le precedenti disposizioni contenute nel precedente DM del 2004.
Come si può vedere, le disposizioni in materia sono molto frammentarie e poco adatte ad essere applicate ad ipotesi di atti presentati o emessi in modalità digitale.
La “marca da bollo digitale” è costituita dalla ricevuta del versamento, composta da un documento informatico firmato digitalmente comprendente l’IUBD (Identificativo Unico Bollo Digitale così come assegnato dall’Agenzia delle Entrate) e l’impronta del documento.
Purtroppo, per la sua attivazione non si prefigurano tempi brevi: è infatti prevista la sottoscrizione di un accordo tra PSP (Prestatori di Servizi di Pagamento) e Agenzia delle Entrate: attualmente risulta essere in corso una sperimentazione con INFOCAMERE, che però è relativa solo alle istanze presentate nell’ambito dello Sportello telematico SUAP “Impresa in un giorno”.
Per l’avvio del servizio su larga scala è necessario che altri PSP sottoscrivano accordi con l’Agenzia delle Entrate, ma al momento non ci sono notizie precise; forse anche perchè il servizio – così come è stato pensato – sembra tecnologicamente oneroso per il SPS e poco remunerativo dal lato economico, non essendo previsto il pagamento di commissioni aggiuntive da parte degli utenti.
Quindi, in mancanza di soggetti interessati, anche questo servizio probabilmente non decollerà….
Ci possono essere ipotesi di semplificazione?
Forse un’idea potrebbe essere quella di evitare l’intermediazione dei PSP: per fare ciò, sarebbe necessario che l’Agenzia delle Entrate definisse un conto dedicato da destinare all’incasso dell’imposta di bollo, con il relativo codice IBAN; lo stesso servizio sarebbe anche collegato al sistema di pagamento pagoPA, a cui si dovrà interfacciare ciascun sistema di presentazione di istanze online delle PA centrali e locali.
Quindi gli importi corrispondenti alla marca da bollo verranno versati direttamente sul conto dedicato, sollevando le PA dall’onere di riscossione, rendicontazione e versamento.
E la certezza del pagamento dell’imposta di bollo verrà data dall’utilizzo del servizio di pagamento messo a disposizione con pagoPA, ed eventualmente anche da apposite diciture che verranno inserite nell’istanza presentata o nell’atto rilasciato.
Questa ipotesi rappresenterebbe sicuramente una grande semplificazione per cittadini e imprese nella fase di pagamento e presentazione delle istanze alla Pubblica Amministrazione, oltre ad un’evidente semplificazione per le PA che non debbono più effettuare versamenti e rendicontazioni.
E – da ultimo ma non meno importante – rappresenterebbe un ulteriore tassello che si completa nella digitalizzazione della PA, che da tempo stenta a decollare.