L’uso degli NFT negli scambi con consumatori, ovvero con chiunque agisca per fini estranei alla sua attività commerciale, industriale, artigianale e professionale, solleva una serie di questioni giuridiche sull’applicazione delle norme europee sulla tutela dei consumatori e delle corrispondenti norme nazionali d’implementazione. Tali questioni si sollevano alla luce delle caratteristiche degli NFT, che pongono differenti e nuove problematiche rispetto alle tradizionali forme di conclusione dei contratti con i consumatori. Di seguito se ne espongono le principali.
“Metaverso” potenziato da NFT: i problemi legati a contraffazione e proprietà intellettuale
Identificazione della controparte e anonimia
Una prima difficoltà che un fornitore di NFT potrebbe incontrare è comprendere in quali casi le norme sulla tutela dei consumatori siano effettivamente applicabili, a causa dell’anonimia che talvolta caratterizza le transazioni blockchain. Quando non sono disponibili informazioni sulla controparte, ed in particolare non è noto se la controparte partecipa alla transazione come professionista, le parti potrebbero avere difficoltà a comprendere se il diritto dei consumatori sia applicabile al caso di specie. In tale ipotesi, la natura delle controparti può essere dedotta dalle circostanze in cui la transazione ha luogo. Sulla scorta dei criteri dettati dalla Corte di Giustizia nella causa C-105/17, ai fini dell’applicazione del diritto europeo dei consumatori, la qualità professionale o meno della controparte può essere desunta, tra le altre cose, dal numero e dalla frequenza delle transazioni effettuate, dalle modalità in cui queste avvengono, e dai prezzi praticati. Tuttavia, può non essere sempre agevole condurre una simile indagine per ogni transazione, e un certo grado di incertezza potrebbe permanere.
Il nuovo Regolamento dell’Unione europea relativo ai mercati delle cripto-attività (Markets in Crypto-Assets Regulation, c.d. « MiCA ») potrebbe in parte fornire una soluzione, in quanto vieta l’anonimia dei possessori delle cripto-attività per l’ammissione a piattaforme di negoziazione. Tuttavia, il Regolamento non è ancora entrato in vigore, e dalla sua entrata in vigore decorreranno ulteriori 18 mesi prima che tale norma sull’anonimia trovi applicazione.
Obblighi informativi verso i consumatori
Il diritto europeo dei consumatori impone numerosi obblighi informativi ai professionisti che forniscono beni o servizi ai consumatori. Alcuni di tali obblighi richiedono di fornire informazioni ai consumatori prima che il contratto sia concluso, in linguaggio chiaro e comprensibile. Data la complessità ed il carattere innovativo degli NFT, potrebbe essere richiesta particolare attenzione nell’adempimento di tali obblighi informativi. Difatti, potrebbe non essere sempre ben agevole per il consumatore comprendere le peculiari caratteristiche degli NFT, ed è pertanto necessario che sia il contenuto che la forma delle informazioni fornite siano appropriati. Ad esempio, deve essere ben chiaro quali diritti sono conferiti da un NFT, e come la proprietà su un NFT si relaziona alla proprietà sul bene sottostante. Gli NFT hanno creato un nuovo concetto di proprietà, che potrebbe essere di non facile intuizione per consumatori che approcciano per la prima volta questo genere di transazioni.
Inoltre, ai sensi della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, il consumatore deve essere informato della possibilità di esercitare il diritto di recesso, nonché delle modalità per esercitare tale diritto. Il diritto di recesso attribuisce al consumatore la facoltà di recedere da un contratto a distanza entro quattordici giorni, senza dover fornire alcuna giustificazione. Nel caso degli NFT, si pone il dubbio dell’applicabilità del diritto di recesso. Difatti, sono previste alcune eccezioni in cui non sussiste tale diritto, potenzialmente applicabili alla vendita di NFT.
Le eccezioni
La prima riguarda il caso in cui il bene del prezzo sia legato a fluttuazioni nel mercato finanziario che il professionista non è in grado di controllare e che possono verificarsi durante il periodo di recesso. Questa eccezione potrebbe essere applicabile agli NFT, dato che sono commercializzati su un mercato soggetto a fluttuazioni al di fuori del controllo del professionista.
La seconda trova applicazione ai contratti per la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale se l’esecuzione è iniziata e, se il contratto impone al consumatore l’obbligo di pagare, qualora siano soddisfatte tre condizioni cumulative: i) il consumatore ha dato il suo previo consenso espresso a iniziare la prestazione durante il periodo di diritto di recesso, ii) il consumatore ha riconosciuto di perdere così il proprio diritto di recesso, iii) il professionista ha fornito la conferma della conclusione del contratto in conformità con le modalità previste dalla direttiva 2011/83/UE per i contratti a distanza.
Alla luce dell’applicabilità di queste eccezioni, è probabile che il diritto di recesso non sia applicabile alla fornitura di NFTs. Tuttavia, la Corte di Giustizia non ha ancora avuto la possibilità di pronunciarsi in proposito, e dubbi possono permanere.
NFT e norme sui contenuti digitali
Il legislatore europeo ha adottato norme specifiche applicabili ai contratti di fornitura di contenuti digitali, con la Direttiva (UE) 2019/770. Dato che gli NFT sono prodotti e forniti in formato digitale, si qualificano come contenuti digitali e ricadono nell’ambito di applicazione della Direttiva.
Nello specifico contesto della vendita di NFT, è opportuno prestare particolare attenzione alle norme della Direttiva che dettano requisiti soggettivi ed oggettivi di conformità. Questi requisiti impongono che le caratteristiche del contenuto digitale corrispondano, rispettivamente, a quanto previsto dal contratto e a quanto si possa ragionevolmente ed oggettivamente attendere dal contenuto digitale. Al di là delle ipotesi più evidenti di non-conformità di un NFT, come il caso in cui il contenuto non sia disponibile o sia alterato, un caso che potrebbe sollevare dubbi interpretativi è quello in cui l’NFT non presenta le caratteristiche di rarità attese. La rarità dell’NFT è di fondamentale importanza per il suo valore, ed un NFT con un grado di rarità significativamente inferiore rispetto a quanto atteso dal consumatore potrebbe non essere idoneo all’uso che quest’ultimo intendeva farne, così risultando non conforme ai requisiti soggettivi di conformità della Direttiva. Ad esempio, ciò potrebbe accadere qualora il fornitore, a seguito della vendita, riduca la rarità dell’NFT venduto immettendo nel mercato più NFTs di quanto inizialmente previsto. A tal proposito, potrebbe essere opportuno che il contratto di vendità dell’NFT stabilisca con precisione quale grado di rarità dovrà essere garantito in futuro per l’NFT alienato. Qualora niente sia indicato nel contratto, dubbi interpretativi possono sorgere sul concetto di rarità e sulla soglia al di sotto della quale gli NFT conservano la qualità di contenuti digitali rari.
Conclusione
Le norme europee sulla tutela dei consumatori sono state concepite per la conclusione di contratti con modalità più classiche e ben differenti dalla vendita di NFT in contesti B2C. Il carattere innovativo degli NFT può richiedere nuove interpretazioni dell’attuale diritto dei consumatori, o la creazione di nuove norme ad hoc applicabili agli NFT che tengano conto delle peculiarità di questi ultimi. Inoltre, l’anonimia che caratterizza gli ambienti blockchain potrebbe rendere difficile non solo l’identificazione della controparte, ma anche eventuali azioni legali successive.