Come ormai noto, gli NFT rappresentano – in nuce – certificati (o meglio attestati) di proprietà che si riferiscono ad opere digitali quali: video, reel, gif, ovvero brani musicali. La loro caratteristica peculiare, che li ha resi così popolari e diffusi oggigiorno, è data dalla loro esclusività e unicità; circolano infatti sulla blockchain. In altri termini, il titolare del certificato non lo è finanche del bene fisico sottostante, ma, di converso, risulta essere l’esclusivo proprietario dell’identificativo digitale (ossia il token ad esso univocamente collegato) di quella determinata opera, dimostrando così appieno il proprio diritto vantato su di essa.
Il quadro giuridico inerente agli NFT, in particolar modo relativo alla loro creazione, circolazione, acquisto e mantenimento, tanto domestico quanto sovranazionale, risulta in larga parte ancora indefinito e controverso, del tutto in divenire, “in itinere”. Le principali questioni giuridiche emergenti, afferiscono in particolare, in primis, alla proprietà intellettuale, ma anche al diritto civile (vedi il profilo dei contratti stipulati per l’acquisto degli NFT, c.d. smart contracts), alla tutela del consumatore, e infine, a problematiche fiscali.
Le caratteristiche degli NFT
Dunque, in estrema sintesi, e prima di indagarne i loro principali aspetti e tratti giuridici, si può statuire come i principali elementi caratterizzanti gli NFT sono:
- l’unicità: poiché questi risultano essere associati esclusivamente ad un utente ovvero ad un portafoglio virtuale (c.d. rectius wallet);
- l’insostituibilità: essendo essi infungibili e non replicabili;
- e, infine, l’indivisibilità: gli NFT non possono in alcun modo essere frazionati, come accade con i valori monetari.
Importante quindi tentare di comprendere quale sia la natura giuridica degli NFT; in particolare, ciò significa interrogarsi sulla loro essenza più profonda, stabilendo se essi si estrinsechino – solamente – in un mero titolo rappresentativo di un bene, materiale o immateriale, in aderenza al disposto di cui all’art. 1996 del Codice civile (rubricato “titoli rappresentativi di merci”), ovvero se essi stessi siano un bene.
More solito, non vi è una risposta certa, chiara, univoca e condivisa, né tantomeno un intervento legislativo in merito (né alcun chiarimento giurisprudenziale), pertanto, sul punto, la questione rimane ancora del tutto da definire, poiché, se si aderisse alla seconda ipotesi (che considera gli NFT come bene a se stante), il legislatore dovrebbe statuire se questi possano essere considerati prodotti ovvero servizi finanziari, con conseguente applicazione della specifica e sottostante disciplina positiva.
Sembra però avere una propria valenza e dignità anche la prima posizione, e cioè quella che li assume alla stregua di titoli rappresentativi di un bene, in quanto, ben si attaglia alla “definizione” di questo moderno fenomeno e alle sue specifiche caratteristiche pratico-operative
NFT e diritto della proprietà intellettuale
Altre implicazioni giuridiche di notevole importanza riguardano la normativa inerente alla proprietà intellettuale e ai c.d. diritti di privativa, che, con la sempre più travolgente popolarità degli NFT assumono ampio rilievo.
Anche in questa circostanza, i giuristi che si stanno cimentando nello studio della materia, propugnano due visioni e posizioni differenti; da un lato, v’è chi stabilisce come questi dovrebbero importare, in capo al titolare dell’opera, un “semplice” diritto di privativa.
Per converso, altri, asseriscono come gli NFT non abbiano alcuna specifica rilevanza per ciò che riguarda la disciplina del diritto d’autore, sottolineando come la proprietà del sottostante “originale digitale” debba considerarsi come un’entità del tutto autonoma ed isolata – una sorta di monade – rispetto a qualsivoglia species di diritto d’autore.
Di talchè, se si aderisse a quest’ultima visione, si potrebbe assimilare la “quaestio” a quella dell’acquisizione della titolarità di un’opera d’arte fisica, poiché, anche qui sorge solamente il diritto di godere liberamente del bene, e non anche del diritto d’autore sullo stesso, permanendo questo nella sfera giuridica dell’artista che lo ha prodotto. Indi per cui, chi acquista un NFT – ad esempio di una gif – non diviene titolare anche dell’opera, rimanendo questa sui dispositivi dell’autore che l’ha creata, e finanche di tutti gli utenti che possono liberamente scaricarla ovvero riprodurla. Inoltre, non acquisisce nemmeno i diritti d’autore sulla stessa, che, invece, restano in capo all’ideatore; infatti, se così non fosse, l’artista non potrebbe utilizzarla né riprodurla legittimamente.
Infine, l’acquirente non può nemmeno godere dell’esclusività dell’uso ovvero della riproduzione, perché la gif di cui trattasi è scaricabile e riproducibile da chiunque.
Tutela del consumatore e NFT
Un altro punto giuridico spinoso ha a che fare con la tutela del consumatore, giacchè non si può minimamente prescindere da una sua corretta informazione, anche se ciò implica necessariamente una conoscenza, quantomeno rudimentale e basilare, circa il funzionamento e l’operatività della blockchain e della tokenizzazione.
Ma la loro complessità genetica e d’utilizzo mal si presta e coniuga con un’opera di veloce ed efficace sintetizzazione in moduli standard recanti la dicitura “termini e condizioni” da mettere a disposizione dell’utente finale, per adempiere ai necessari obblighi di trasparenza e conoscenza precontrattuali.
Di più, anche se ciò potesse in un qualche modo essere fattibile, ci si troverebbe dinanzi ad una particolare complessità operativa, ovverosia la redazione di fogli informativi, facenti parte integrante della documentazione contrattuale, esaustivi, chiari e comprensibili a tutti, finanche a coloro che risultano essere del tutto ignari e non avvezzi alla tematica, senza ricadere in sterili e banali descrizioni, che, invece di aiutare e supportare il consumatore, possono persino confonderlo o disorientarlo.
Da ultimo, merita di essere enunciato anche un ulteriore “punctum dolens”, ossia il c.d. “ius poenitendi”, il diritto di recesso del consumatore, previsto nei rapporti B2C, che, a causa della struttura irretrovertibile della blockchain (non è possibile retrocedere ai precedenti anelli della catena) non trova applicazione in questo particolare ambito.
Il trattamento fiscale degli NFT
Oltre a tutto quanto preso in considerazione, vengono a giustapporsi ulteriori problematiche giuridiche, che risultano essere legate al trattamento fiscale degli NFT e – al non remoto – rischio di riciclaggio di denaro. Questo perché tanto a livello nazionale, quanto sovranazionale, non è prevista alcuna disciplina specifica per il versamento e l’assolvimento dell’IVA, ed inoltre, non sono nemmeno fissati alcuni criteri ad hoc per la contabilizzazione di patrimoni e movimenti.
Ragion per cui, questo ampio vuoto normativo, tanto italiano quanto europeo, sta, nei fatti, rendendo il mercato di creazione ed intermediazione degli NFT, un perfetto luogo di scambio di ingenti proventi di denaro di illecita provenienza, che in tal modo, viene riciclato e immesso nuovamente in circolo.
Il caso del mondo dell’arte
Si è potuto comprendere come la tokenizzazione delle opere d’arte abbia in realtà un suo funzionamento logico e una propria ragion d’essere del tutto sensata e condivisibile, in quanto, con i manufatti artistici (fisici) si ha sempre un originale unico e del tutto identicamente irriproducibile, mentre, per converso, nel mondo del digitale, non era ancora presente un concetto di “originale digitale”. E, se il fenomeno degli NFT non può impedire che il sottostante contenuto venga riprodotto, circoli, sia scaricabile e usufruibile da chiunque, assicura però l’esistenza di un originale univocamente di proprietà di un solo individuo.
Sicuramente ciò ha importato notevoli benefici e risvolti pratici nel mondo dell’arte e del collezionismo, creando una “deriva”, figlia dei moderni tempi attuali, che ha fornito ulteriore linfa vitale a questo settore, in grado di aumentare le possibilità di guadagno e di investimento a chi sa ben sfruttare e gestire quest’opportunità.
Come ogni fenomeno del reale, però, anche gli NFT sono potenzialmente forieri di alcuni lati negativi, tanto economico-sociali, quali la pericolosa – e attuale – creazione di bolle speculative, nonché di questioni giuridiche, tutt’ora aperte ed irrisolte, di non scarsa entità e rilevanza, che si è brevemente cercato di porre in evidenza ed enucleare – senza alcuna pretesa di esaustività – nei sopraa indicati paragrafi.
Per tali ragioni, senza trascendere in alcuna forma di paternalismo giuridico, coloro i quali intendono interessarsi a questa nuova “forma di scambio” è bene che lo facciano con le dovute accortezze e conoscenze tecnico-giuridiche.
Aspetti regolatori
Infine, per ciò che concerne – sic et simpliciter – l’aspetto regolatorio, tanto domestico quanto sovranazionale, che come si è avuto modo più volte di porre in evidenza è ancora del tutto da scrivere, sarebbero necessari interventi mirati, tanto nel settore civilistico (in ispecie consumeristico), quanto fiscale, tesi non soltanto a tutelare il consumatore e la propria sfera giuridica, fornendogli i necessari strumenti per conoscere ed investire consapevolmente, ma anche a presidio dell’intero ordinamento giuridico e del suo corretto funzionamento, sotto l’egida e la sfera di influenza del preminente diritto eurounitario.
Di più, sarebbe poi opportuno anche accrescere sempre più la cultura digitale all’interno del Paese, cercando di diffondere quanto più possibile le ultime novità in materia, sensibilizzando i cittadini a prendere dimestichezza con concetti e strumenti che per molti appaiono ancor oggi del tutto astrusi e sconosciuti, e che invece potrebbero portare con sé innumerevoli vantaggi e benefici.