L'approfondimento

NFT e mondo dell’arte, come funziona la remunerazione automatica dell’autore

Un aspetto che desta interesse relativamente all’applicazione degli NFT nel mondo dell’arte è la possibilità di attuare la remunerazione automatica dell’autore dell’opera: ecco in che modo si può fare in pratica, le regole da applicare e alcuni fronti critici

Pubblicato il 14 Dic 2022

Leonardo Maria Seri

Avvocato - Counsel BMLex

Blockchain come funzionano

L’uso degli NFT nel mondo dell’arte sembra aver aperto la strada a nuove prospettive ed interessanti opportunità per gli operatori del settore, anche ma non solo, delle arti figurative, ma si scontra ancora con dubbi ed interpretazioni contrastanti, trattandosi di un fenomeno nuovo, in continua evoluzione e per certi versi finora inesplorato.

Uno degli aspetti di maggior interesse nell’applicazione di non-fungible token all’arte figurativa sembra essere rappresentato dalla possibilità di tenere traccia in via decentralizzata di soggetti e vicende circolatorie di diritti, così come delle cessioni e del loro valore, potendo al contempo automatizzare meccanismi di remunerazione degli autori per gli utilizzi e le cessioni successive dell’opera-file ad esso associata.

NFT e arte: lo stato delle regole su autenticità e diritti d’autore

NFT e automatica remunerazione dell’autore, come fare in pratica

Si ricorda infatti che un NFT può essere collegato a un’opera nativa digitale ed in tal caso identifica univocamente il file-esemplare dell’opera, ma può anche essere utilizzato in relazione a beni “fisici” (e correlati diritti), ferma in tal caso la necessità di escogitare soluzioni efficaci per collegare in modo univoco l’opera fisica al token digitale, volte cioè ad associare digitalmente tali beni fisici al token mantenendone l’univoca riconoscibilità[1]. Gli esempi non mancano, si pensi tra i tanti al noto progetto “The Currency” di Damien Hirst, tornato agli onori di cronaca proprio di recente[2], consistente in una collezione di 10.000 opere d’arte fisiche uniche custodite nel Regno Unito, cui corrispondevano 10.000 NFT.

Ad ogni buon conto, sia che si tratti di NFT collegato ad opera fisica, sia che si tratti di NFT associato a file-opera nativa digitale, lo smart contract può integrare la previsione di un’automatica attribuzione all’autore/soggetto mintatore, di una percentuale predeterminata del valore di ciascuna delle successive cessioni, che sarà dunque di volta in volta accreditata direttamente nel suo wallet per ogni trasferimento successivo del token.

Se tale possibilità sul piano pratico apre un nuovo e più diretto canale di guadagno per gli autori, che si alimenta del rapporto con la propria fan base e del sostegno diretto da parte del pubblico di estimatori, in grado di supportare l’artista nel corso della sua carriera anche bypassando eventuali mediazioni, ci si interroga però sulla natura di tale riconoscimento.

L’applicazione delle regole

Occorre premettere che, data la varietà delle casistiche e dei soggetti che possono essere coinvolti quali mintatori ed acquirenti, la natura di tale versamento sembra richiedere un’indagine caso per caso per evitare di cadere in facili equivoci. Ad ogni modo, accanto a coloro che hanno parlato genericamente di “royalty”, il riconoscimento di una somma per ogni cessione successiva alla prima vendita operata dall’autore ha spinto alcuni a richiamare l’istituto del diritto di seguito[3], consistente nel diritto dell’autore, inalienabile e irrinunciabile, di percepire una remunerazione in relazione alla circolazione delle proprie opere ed al loro eventuale successo.

È infatti interessante notare come alcuni profili applicativi di tale riconoscimento di un compenso in misura percentuale in favore del mintatore sembrano a prima vista vantare particolare simmetria rispetto alla struttura dell’istituto in commento. Al netto di ciò che concerne i problematici profili relativi alla territorialità delle operazioni in NFT, la disciplina italiana richiama espressamente, ai fini dell’applicazione del diritto di seguito, le opere delle arti figurative ed i manoscritti, oltre che le copie numerate in edizione limita ove realizzate o autorizzate dall’autore. Ed infatti l’art. 145 l. aut. individua quali “opere” gli originali delle stesse, purché si tratti di creazioni eseguite dall’autore, di esemplari considerati come opere d’arte originali, o di riproduzioni autorizzate o eseguite dall’autore stesso in serie limitata o edizioni numerate, fattispecie cui sembrerebbero potersi a prima vista ricondurre le opere “mintate” dall’autore in esemplare unico o in edizioni numerate e limitate.

Né sembrerebbe rappresentare un impedimento, ai sensi della lege sul diritto d’autore, l’eventuale anonimia o pseudonimia delle opere (fenomeno molti diffuso nel mondo NFT), o la circostanza che il relativo compenso sia fissato dalla legge in misura percentuale via via decrescente in relazione all’aumentare di ciascuno scaglione di valore della cessione dell’opera e nemmeno la previsione di soglie e limiti quantitativi di applicabilità dell’istituto[4], posto che in linea teorica tali aspetti sembrerebbero poter essere più o meno agevolmente tradotti sul piano informatico o, in prospettiva, in uno smart contract.

Il caso delle vendite tra privati

Occorre tuttavia rilevare che, anche in una siffatta ipotesi, resterebbero comunque escluse da una tale interpretazione le vendite tra privati, posto che il diritto di seguito sarebbe dovuto per le vendite effettuate con l’intervento di professionisti del mercato dell’arte in qualità di venditori, acquirenti o intermediari[5]. Ma il principale impedimento alla sussunzione nella disciplina italiana del diritto di seguito del versamento automatico e decentralizzata di una percentuale per la circolazione di un NFT, sembra essere rappresentato dalla scelta dell’Italia di avvalersi della facoltà prevista dalla Direttiva 2001/84/CE di adottare una gestione collettiva del diritto di seguito: tale compenso, infatti, previsto dalla legge a carico del venditore, dovrebbe essere trattenuto e versato dal professionista del mercato dell’arte alla SIAE, la quale distribuirà le somme di spettanza agli aventi diritto.

Ostacoli e possibili soluzioni

Dunque, a prima vista, l’uso dei non fungible token sembrerebbe potersi prestare, almeno in prospettiva, all’implementazione di un sistema che consenta una gestione decentralizzata efficiente e trasparente anche del diritto di seguito – laddove applicabile – garantendone un’attuazione costante e concreta, grazie alla possibilità di tracciare le cessioni del non fungible token cui l’opera è associata e di applicare percentuali prestabilite sulle successive vendite attraverso lo smart contract che ne consente la circolazione. Tuttavia, è dubbio che ad oggi si possano generalmente considerare le relative royalty gestite direttamente dallo smart contract in questione alla stregua del diritto di seguito, quantomeno laddove sia prevista una sua gestione collettiva, posto che l’amministrazione di tale diritto attraverso lo smart contract con cui il non fungible token viene ceduto darebbe luogo ad una gestione decentralizzata e diretta, che opererebbe automaticamente tra i player coinvolti in forza di quanto previsto nello smart contract, peraltro senza tener conto di eventuali limiti quantitativi e/o soggettivi di applicabilità[6].

Allo stato, sembrerebbe dunque necessario indagare ulteriormente la natura di tali riconoscimenti “automatizzati” per meglio comprenderne il corretto inquadramento giuridico sul piano civilistico, valutando tali profili su base casistica e tenendo presente la più che frequente stratificazione di un fenomeno a prima vista unitario ma che opera “a più livelli”, in cui fattispecie diverse si sovrappongono, restando al contempo autonomamente apprezzabili.

Ciò non esclude comunque che possano eventualmente ricorrere i presupposti per l’applicazione, secondo modalità tradizionali, del diritto di seguito anche con riguardo a cessioni di opere associate ad NFT: a titolo esemplificativo, la stessa casa d’asta Christie’s, nell’ambito delle condizioni contrattuali rese note in relazione alla vendita dell’ormai nota opera “Everydays: The First 5000 Days” di Beeple, metteva in guardia l’acquirente circa possibili normative nazionali in materia di diritto di seguito e circa la loro eventuale applicabilità.

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Note

  1. Ad esempio, utilizzando qr code o riportando sull’opera fisica l’hash relativo alla sua versione digitale, o ancora individuando altri meccanismi o impronte che possano attribuire una riferibilità univoca alla stessa. Si veda anche il progetto citato nella trasmissione Rai Codice – La vita digitale, puntata del 17 luglio 2021, consistente nell’apposizione sul bene fisico da “tokenizzare” di una traccia di inchiostro invisibile permanente che incorpori, grazie alla genomica, specifiche informazioni univoche e parallelamente archiviate in blockchain, per poter verificare in qualsiasi momento il “codice genetico” di quella traccia di inchiostro e poter così risalire – univocamente – alle informazioni inserite in blockchain.
  2. Quando Hirst ha diffuso il video della distruzione delle opere fisiche non riscattate dai proprietari del relativo NFT: in estrema sintesi, tali opere sono state cedute in NFT ma l’acquirente doveva scegliere se intendeva possedere l’NFT o l’opera fisica. Nel caso in cui la scelta fosse ricaduta sul token, l’opera fisica sarebbe stata bruciata; viceversa, ove la scelta fosse ricaduta sull’opera fisica, sarebbe stato il token a subire l’operazione di burning, restando in vita il solo esemplare fisico dell’opera. Si veda https://currency.nft.heni.com
  3. Istituto armonizzato con Direttiva 2001/84/CE, sebbene permangano alcune differenze tra le normative degli Stati Membri. Per quanto concerne il considerando n. 2 della citata Direttiva a mente del quale: “…L’oggetto del diritto è costituito dall’opera materiale, ossia dal supporto in cui si incorpora l’opera protetta”, sembra interessante richiamare, mutatis mutandis, Cass. n. 19335/2022, che ha qualificato il file esecutivo relativo ad elaborati grafici alla stregua di corpus mechanicum.
  4. Relativamente al valore minimo di cessione dell’opera (restano escluse le vendite ad un prezzo inferiore a 3000 euro e, ove il venditore abbia acquistato l’opera direttamente dall’autore meno di 3 anni prima della vendita, quelle avvenute ad un prezzo inferiore di 10.000 euro) e/o al compenso massimo di 12.500 euro riconoscibili in favore dell’autore.
  5. La cui identificazione potrebbe non essere sempre agevole… Ad ogni modo, nulla esclude che nella circolazione di NFT possano intervenire gallerie, case d’asta e commercianti d’arte.
  6. Per ulteriori approfondimenti sul tema si veda SERI L.M. in (a cura di ANNUNZIATA F. – CONSO A.) “NFT – L’arte e il suo doppio. Non Fungible Token: L’importanza delle regole oltre i confini dell’arte”, Montabone editore, 2021 

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