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NFT e musica, quindici proposte di tutela intellettuale per un matrimonio felice

È fluido lo scenario degli NFT nel settore musicale, una situazione che comporta rischi per la protezione della proprietà intellettuale delle opere, tema sempre più rilevante: ecco alcune linee guida pratiche per capire come approntare le giuste tutele

Pubblicato il 14 Apr 2022

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

Marco Signorelli

Director of Strategy & Operations di DCP

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Lo scenario intorno agli NFT nel settore musicale rimane estremamente fluido con vari player attivi nello scacchiere e la questione relativa alla tutela della proprietà intellettuale diviene sempre più rilevante. Per artisti, producer ed etichette musicali il segmento offre sicuramente delle opportunità ma va affrontato con grande attenzione.

Qui abbiamo provato a ipotizzare delle brevi linee guida alle quali affidarsi per verificare in maniera preventiva quali sono i passaggi più delicati.

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NFT e musica, i quindici step per tutelare la proprietà intellettuale

  1. Il primo e ovviamente più rilevante riguarda l’effettiva esclusiva contrattuale che, a seconda del ruolo nella catena dei titolari dei diritti, colui che intende intraprendere un progetto legato agli NFT deve disporre. Pertanto, è fondamentale conoscere quali diritti sono riservati all’artista, alla label o a terzi coinvolti. Diritti relativi agli NFT potrebbero non essere chiaramente definiti oppure vi potrebbero essere delle limitazioni contrattuali.
  2. Un altro aspetto riguardante la parte dei diritti di copyright si concentra ovviamente sul tema delle royalty derivanti dalla commercializzazione dell’NFT, che potrebbe non essere una semplice estensione dei diritti di messa a disposizione del pubblico in ambito digitale.
  3. Se vi sono più soggetti coinvolti è fondamentale verificare che, ad esempio, autori, editori, produttori, case discografiche abbiano concesso e negoziato le rispettive licenze.
  4. Il contratto di licenza di sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale è altro rispetto allo smart contract che riguarda l’NFT e i relativi certificati per la vendita dell’opera digitale. L’opera può essere distribuita nel rispetto dei diritti di copyright ma non essere in regola su questo fronte e viceversa.
  5. Immagini e video devono essere anch’esse oggetto di licenza. Tutto il materiale che viene associato all’NFT potrebbe richiedere ulteriori autorizzazioni rispetto ai diritti oggetto del contratto tra artisti e case discografiche. Immagini e fotografie potrebbero non essere state autorizzate per utilizzi ulteriori.
  6. Se vi fossero realizzazioni grafiche o attività di post-produzione potrebbero includere altri diritti così come eventuali remix o contenuti di terzi.
  7. L’opera è originale o creata con algoritmi o intelligenza artificiale? Il grado di protezione potrebbe essere diverso.
  8. La durata della licenza o l’eventuale cessione legata ai contenuti dell’NFT sono un altro rilevante tema che può avere impatto e creare contenziosi.
  9. In caso di licenze free oppure operazioni di charity vanno chiariti i limiti.
  10. I rapporti con la piattaforma di distribuzione dell’NFT richiedono ulteriori verifiche rispetto ai termini e condizioni ed eventuali sub licenze o vendite successive.
  11. Se sono coinvolti sistemi di blockchain vanno verificate le condizioni.
  12. Occorre verificare come viene regolata la responsabilità del marketplace con riferimento alle contestazioni di copyright.
  13. Occorre sapere qual è il foro competente per eventuali controversie.
  14. È necessario sapere quali sono le coperture assicurative in caso di insolvenza della piattaforma o di perdita dell’NFT e dei certificati.
  15. Le norme locali relative agli strumenti finanziari come, ad esempio, le criptovalute sono chiare? Vi sono obblighi verso gli organi di vigilanza o le amministrazioni finanziarie?

Tutti questi aspetti costituiscono una prima possibile check list per gli artisti e le etichette che si avventurano in questo nuovo mondo digitale.

Il nodo dei metadati

Tra le altre questioni da segnalare vi sono poi quelle riguardanti i metadati. La soluzione più diffusa è la centralizzazione dei metadati NFT su server di appoggio ai marketplace o forniti dagli stessi realizzatori delle opere digitali. È meno frequente invece, anche per questioni di costi e di limiti tecnici, la memorizzazione dei metadati all’interno della blockchain stessa (cd. onchain). Se nel primo caso la garanzia di conservazione dei metadati è strettamente legata alla disponibilità del server con il rischio che se dovesse sparire si perderebbero tutte le informazioni rappresentative del NFT; nel secondo caso invece (onchain) l’informazione – oltre a essere decentralizzata – viene conservata nel tempo e rispetta le stesse caratteristiche di immutabilità e solidità della blockchain su cui poggia.

Gli asset digitali

L’asset digitale indicato nei metadati NFT è ben rappresentato? Se gli asset digitali vengono archiviati esclusivamente su un provider centralizzato o in modo non sicuro, come un URL di qualsiasi risorsa nel Web2, occorre essere consci del forte rischio che possano essere eliminati nel tempo. Questo, ad esempio, è successo ai progetti TronDogs e NiftyMoji, dove le risorse sono state perse definitivamente quando i progetti sono stati chiusi.

È consigliabile quindi che gli asset digitali, oltre a dover essere ben descritti e identificati attraverso la propria rappresentazione informatica data dal calcolo di un hash con l’indicazione dell’algoritmo utilizzato, vengano archiviati in modo sicuro, ad esempio come risorse decentralizzate sul Web3 attraverso il protocollo IPFS (InterPlanetary File System, è un protocollo di comunicazione e una rete peer-to-peer per l’archiviazione e la condivisione di dati in un file system distribuito).

Va però indicato che le risorse possono anche essere perse temporaneamente se, ad esempio, è presente un solo nodo IPFS che archivia il contenuto associato a un hash IPFS e va offline – ecco perché è comunque consigliabile fornire nei metadati e nelle poche informazioni memorizzati onchain su blockchain l’identificazione del contenuto attraverso la sua rappresentazione data dal hash.

La lotta alle frodi

Infine, la questione rilevante dell’enforcement contro truffe e violazioni di copyright. Molti artisti e label hanno scoperto a loro spese quanto il settore degli NFT sia ancora una giungla dove prosperano truffe e violazioni di vario genere. Il valore degli NFT, possiamo sintetizzare, è dato da diversi fattori. La tipologia di collezione è di certo un elemento determinante: si pensi alle collezioni di avatar generati con componenti predefiniti – meglio note con la sigla PFP (Profile Pictures) – che possono essere utilizzate come foto profilo sui social network (ad esempio Twitter negli Stati Uniti permette di collegarla all’NFT). Allo stesso modo, anche le collezioni di personaggi del metaverso che permettono di caratterizzare meglio la presenza all’interno dei metaversi arrichendone la personalizzazione con altri NFT e token che possono quindi influire ulteriormente sul valore. E anche le collezioni di arte generativa, dove ogni unità ha una caratteristica unica e irripetibile nel tempo ottenuta attraverso l’applicazione di un algoritmo con variabili casuali.

L’interesse del mercato viene perciò misurato attraverso l’indicatore definitio floor price e dal volume degli scambi registrato. La consistenza dei metadati NFT, dunque, permette di rilevare i punti di forza e debolezza che possono influenzare la fiducia all’acquisto.

Il ruolo degli autori

L’autore, di certo, è un elemento essenziale e di forte impatto sul valore del NFT stesso. La notorietà dell’artista e la sua attività nel mondo crypto influenzano positivamente il valore. Così come, in ultimo, la storia di un NFT: se l’NFT è passato nel wallet di qualche personaggio famoso acquista maggior valore. È l’equivalente di acquistare la chitarra elettrica suonata o posseduta da un famoso musicista.

A questo si sommano poi la sottrazione di personalità di artisti, violazioni di copyright o di marchi registrati fino a vere e proprie operazioni di rug pull scam. La RIAA, l’associazione dei discografici USA ha di recente inviato una prima lettera di diffida alla piattaforma Hitpiece che offriva NFT per i fan di noti artisti quali Taylor Swift senza alcuna autorizzazione. L’italiana DcP, Digital Content Protection, che ha di recente sviluppato un’area dedicata al contrasto della pirateria e della contraffazione in questo nuovo segmento, ha inviato richieste di rimozione alla piattaforma Opensea.

Quando un artista o un’etichetta scelgono di entrare nel nascente mercato degli NFT devono prevedere, soprattutto laddove operano con transazioni finanziarie rilevanti, di avvalersi dei servizi di contrasto ai fenomeni che includono attività di monitoraggio e gestione delle notifiche delle violazioni (notice & takedown) nonché l’acquisizione forense di evidenze valide per la formazione della prova informatica e la consulenza tecnica in grado di assistere gli aventi diritto, ma anche la magistratura nelle attività sul piano legale e giudiziario.

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