L'approfondimento

NFT e sfruttamento marchi, cosa dicono le regole: il caso della Juventus

Il tribunale di Roma con un’ordinanza relativa a un caso particolare di sfruttamento del marchio della società calcistica Juventus, permette di chiarire gli aspetti legati alla tutela dei brand in relazione agli NFT: vediamo la situazione

Pubblicato il 06 Feb 2023

Niccolò Lasorsa Borgomaneri

Avvocato presso studio legale Marsaglia

Marco Signorelli

Director of Strategy & Operations di DCP

nft

Un’ordinanza[1] di luglio 2022 inedita per tutto il territorio europeo permette di far luce sulle regole relative alla tutela dei marchi in relazione agli NFT. Il caso particolare ha visto protagonisti da un lato la società calcistica Juventus in veste di parte attrice, dall’altro lato come parte resistente Blockareas S.r.l. una società attiva nel settore dei crypto asset con un progetto di carte da gioco NFT collezionabili.

Lo sfruttamento abusivo di marchi denominativi Juve e Juventus oltre al marchio figurativo costituito dalla maglia a strisce verticali bianco e nere con due stelle sul petto (che indicano la vittoria del club sportivo di oltre venti scudetti) utilizzati per la promozione di un progetto definito la criptomoneta dei campioni (o COC – Coin of Champions). Il progetto, supportato da atleti storici e presenti, utilizza la loro immagine per delle figurine digitali collezionabili – sotto forma di Non-Fungible Token. Tra gli ambasciatori del progetto vi è anche Christian “Bobo” Vieri. La controversia ha riguardato l’immagine dell’ex giocatore con la maglia a strisce bianco e nere e l’uso descrittivo riconducibile esplicitamente alla nota squadra con i colori della zebra. Gli NFT, pertanto, sfruttavano sia i marchi (denominati e figurativi) della Juventus sia l’indubbia notorietà.

NFT, come proteggere i marchi nel metaverso: il caso della Juventus

Juventus e NFT, cosa dice il tribunale di Roma

Il Tribunale di Roma si è espresso in favore della Vecchia signora delineando i principi che echeggiano ancora oggi a livello globale per quella che viene definita una interpretazione evolutiva rispetto le nuove tecnologie cui dobbiamo far fronte oggi. Difatti il Tribunale, seppure in applicazione della normativa esistente, ha riconosciuto tutela extra merceologica ai marchi rinominati della Juventus benché la società avesse correttamente registrato i marchi in classe 9 Classificazione di Nizza. Il Tribunale ha precisato che la concessione dell’autorizzazione da parte di Bobo Vieri all’utilizzo della propria immagine tramite la creazione di carte da gioco NFT a Blockareas S.r.l., non esclude la necessità di richiedere autorizzazione all’utilizzo di marchi registrati inerenti le maglie e la denominazione delle squadre, in quanto si tratta di beni destinati alla vendita commerciale.

L’inibitoria e la tutela del consumatore

Il Tribunale ha quindi disposto un’inibitoria accompagnata da una penale di 500 euro per ogni giorno di ritardo o violazione dalla “ulteriore produzione, commercializzazione, promozione e offerta in vendita, diretta e/o indiretta, in qualsiasi modo e forma, degli nft e dei contenuti digitali di cui in narrativa, nonché di ogni altro nft, contenuto digitale o prodotto in genere recante la fotografia di cui in narrativa, anche modificata, e/o i marchi di Juventus di cui in narrativa, nonché l’uso di detti marchi in qualsiasi forma e modalità”.

Una celere mossa del Tribunale che permette di evitare o quanto meno limitare il rischio che questi NFT vengano venduti e diffusi ulteriormente. Una tutela rivolta anche al consumatore che si troverebbe aver investito su un prodotto contraffatto poiché privo della necessaria autorizzazione da parte di Juventus.

Gli impatti

L’inibitoria disposta dal Tribunale non lascia dubbi: Blockareas S.r.l. deve cessarne la vendita e rimuovere ogni utilizzo dell’immagine di Bobo Vieri con la maglia della Juve. Se da un lato il dispositivo del Giudice risulta di facile applicazione poiché è immediata l’individuazione del perimetro d’azione dove la parte resistente deve agire per interrompere l’utilizzo – dall’altro lato – considerato il progetto NFT e di conseguenza la natura decentralizzata in linea con il concetto di Web3[2] del dato, potrebbe diventare più ardua se non impossibile l’applicazione poiché potrebbe non averne diretta possibilità di intervento la stessa Blockareas s.r.l..

Rimanendo sull’oggetto del contendere, parliamo di immagini usate come figurine digitali sotto forma di NFT. Sappiamo che le immagini con molta probabilità sono memorizzate su risorse terze che possono essere centralizzate o ancora decentralizzate se si pensa al protocollo IPFS (un file system distribuito sulla rete, che potremmo associare, nel suo funzionamento, ai sistemi di scambio file peer to peer).

Pertanto, una esaustiva applicazione dell’inibitoria potrebbe essere vincolata all’effettivo controllo che la stessa Blockareas S.r.l. esercita sulle informazioni e sulle immagini caricate. Sebbene non vi siano molti dubbi sulla possibilità di intervenire direttamente sulle risorse dalla stessa gestite, pensiamo ad esempio al sito web di riferimento mantenuto dalla società o alle pagine web utilizzare per la promozione del progetto così come a campagne pubblicitarie sfruttate nel tempo per la comunicazione, qualche interrogativo occorre porselo invece dove non vi è alcun controllo (nel caso di risorse decentralizzate come su protocollo IPFS) o dove invece vi è un controllo che possiamo definire indiretto.

La responsabilità degli intermediari

Ecco che può entrare in gioco anche la responsabilità degli intermediari dei servizi, il ruolo che le piattaforme conosciute meglio con il termine marketplace NFT svolgono nella vendita degli NFT. Se prendiamo come riferimento le piattaforme OpenSea e Binance – quest’ultima utilizzata da Blockareas S.r.l. per il progetto COC – queste presentano delle procedure agevolate per l’utente per la creazione degli NFT e il relativo mint e forse pochi sanno che, salvo diversa indicazione all’atto della creazione, i file che corrispondono alle risorse o file media, nel caso di specie pensiamo all’immagine di Bobo Vieri con la maglia della Juventus, una volta caricati tramite l’interfaccia messa a disposizione dal marketplace vengono posizionati su spazi server dove il creatore del NFT non ne ha più il controllo e, possiamo dire, anche una non immediata visibilità – ed ecco che entra in gioco a parere di chi scrive – la possibile responsabilità degli intermediari se non intervengono dopo essere stati avvisati dell’illecito commesso.

I file media vengono pertanto resi disponibili attraverso dei collegamenti ipertestuali (link) di pubblico accesso. Tali link, sono infine riportati all’interno dei metadati che caratterizzano e accompagnano i NFT – mentre all’interno della blockchain, si sa oramai, c’è solamente il relativo token crittografato. È indiscusso che per natura stessa delle blockchain il dato (token) all’interno della blockchain gode di immutabilità, di conseguenza questo pone un limite di applicazione dell’inibitoria[3] per i dati on-chain. Tuttavia, esiste possibilità concreta di intervento sui dati off-chain e finché i file raffiguranti l’immagine di Bobo Vieri con la maglia della Juventus sono ospitati su risorse centralizzate[4], sarà sempre possibile intervenire per la rimozione con il risultato finale che chi ha comprato e detiene nel proprio wallet un NFT oggetto di inibitoria, si troverebbe a disporre solo il proprio rappresentativo dato dal token crittografico senza più poterne fruire l’immagine e quindi la propria raffigurazione poiché appunto rimossa per effetto dell’ordinanza.

Interrogazione della blockchain per le informazioni off-chain

Ammesso e concesso che quanto presente sui marketplace NFT sia già effettivamente stato mintato quindi scritto all’interno della blockchain, diventa fondamentale ai fini della tutela saper distinguere l’informazione che è memorizzata all’interno della base dati distribuita (cd. dato on-chain) dall’informazione che gravita all’esterno (cd. off-chain), perché proprio su questa ultima porzione di informazione che può essere esercitato ancora un controllo e possono entrare in gioco responsabilità ulteriori che possono ricadere sugli intermediari dei servizi di comunicazione.

Un caso pratico

Prendendo in esame i NFT oggetto dell’ordinanza di Roma in discussione, la rete di riferimento utilizzata è la Binance Smart Chain (BSC) e l’indirizzo del proprio smart contract è 0x1dDB2C0897daF18632662E71fdD2dbDC0eB3a9Ec. Attraverso un explorer[5] della rete BSC è possibile analizzare le informazioni che compongono i relativi token associati a tale smart contract e soprattutto il relativo token URI con il collegamento al JSON dei metadati.

Le immagini che seguono riportano la sequenza di interrogazione dello smart contract su rete BSC.

Graphical user interface, text, application, chat or text message Description automatically generated

Figura – rif. Estratto da URL  (1 di 2)

Fornendo ora il relativo identificativo del token del NFT[6] viene restituito il collegamento ai metadati nel formato JSON.

Graphical user interface, text, application, email Description automatically generated

Figura – rif. Estratto da URL  (2 di 2)

Si può notare che i metadati sono ospitati su spazio server riferito alla piattaforma Binance[7] che risponde al dominio nftstatic.com[8].

Graphical user interface, text, application, email Description automatically generated

Figura – esemplificazione Token URI con JSON dei metadati associati a un NFT oggetto dell’ordinanza

Prendendo visione del JSON, possono quindi essere rilevate – pertinenti all’oggetto del dispositivo dell’ordinanza di Roma:

  • Il nome contratto Juve presente come descrizione nel tag name. Questo attributo rappresenta il titolo del NFT
  • L’indirizzo web dell’immagine di Bobo Vieri con la maglia della Juventus. Questo file è all’interno dello spazio web riferito a Binance (immagine ancora disponibile al momento della redazione dell’articolo).

Conclusione

In un periodo dove la tutela del brand e della proprietà intellettuale è molto dibattuta, considerato il complesso scenario frapposto tra la rincorsa alla responsabilizzazione degli intermediari internet con l’entrata in vigore del Digital Services Act e la sempre più evocata disintermediazione del dato con il paradigma web3, questa ordinanza fornisce un messaggio ed esempio di tutela rassicurante. Per rendere ancora più pratico l’effetto conseguito all’applicazione dell’ordinanza è come dire, con un parallelismo in un ambito ben più noto della tutela online, che una piattaforma di e-commerce che esercita un controllo su un prodotto fisico venduto ne può ritirare la distribuzione e soprattutto bloccare l’uso di articoli fisici già venduti.

Oppure, tornando al contesto di applicazione nel Web3 è come dire che un oggetto contraffatto venduto come NFT wearable[9] può essere rimosso alla fonte e lasciare il proprio avatar nel metaverso o mondo virutale privo della raffigurazione che lo caratterizzava. Questo è il motivo per cui risulta evolutiva l’interpretazione del Tribunale dato che, l’applicazione di una tale inibitoria avrebbe effetto anche sul mercato secondario dei NFT lasciandoli privi della propria raffigurazione visiva – ottenendo pertanto una reale limitazione alla diffusione dell’illecito.

_

Note

  1. Ordinanza RG n. 32072/2022 del Tribunale di Roma
  2. Il Web3 consiste in una nuova iterazione del World Wide Web che incorpora concetti come il decentramento, le tecnologie blockchain e l’economia basata sui token.  
  3. Salvo la remota ipotesi di ottenere il consenso dai relativi wallet che dispongono del NFT in questione per procedere alla loro distruzione (burn)
  4. Esempio di immagine di Bobo Vieri con la maglia della Juventus ospitata su spazi controllati e resi disponibili da Binance
  5. È una applicazione che agevola l’interrogazione delle informazioni all’interno di una rete blockchain mediante delle semplici interfacce utente
  6. JSON (JavaScript Object Notation) è un formato adatto all’interscambio di dati fra applicazioni client/server
  7. TokenId = 100300938931
  8. Per quanto riguarda la piattaforma OpenSea, il dominio di appoggio delle risorse media a cui puntano gli NFT è openseauserdata.com nel caso di file audiovisivi, mentre per le sole immagini è stato osservato nel tempo l’utilizzo di spazi Google ed ora più recentemente un servizio di file server che risponde sotto il dominio seadn.io.
  9. Si riferiscono all’abito virtuale con cui l’avatar di un utente può essere vestito in universi virtuali o metaverso. Sono anche accessori utilizzati per l’abbigliamento come, borse, cappelli, t-shirt, scarpe etc.

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