Tra chi parla di vero e proprio collasso del mercato degli NFT e chi si ostina a fornire evidenza di dati che non sembrano far presagire segni di reale rallentamento come al solito la verità sta probabilmente nel mezzo. Siamo molto probabilmente entrati in una sorta di nuova fase del mercato dei NFT, una fase di consolidamento nella quale sarà sicuramente più difficile vedere investimenti caratterizzati da speculazioni mozzafiato, ma che magari aprirà a un diverso modo di intendere i token non fungibili.
Oggi gli investitori sembrano disposti ad investire in un NFT solo se il NFT porta a una esperienza di tipo unico, come la possibilità di accedere alla visione esclusiva di una determinata collezione. Sembra dunque possibile prevedere che in futuro saranno premiati coloro i quali saranno in grado di costruire un progetto di unicità che circonda il mondo NFT, non più dunque unicamente percepito come strumento di vera e propria speculazione finanziaria indipendentemente dall’asset sottostante rappresentato digitalmente dal token.
NFT come oggetto di proprietà: la sentenza UK
In quello che è ancora il panorama regolamentare dai contorni incerti che circonda il mondo degli NFT da registrare la prima importante pronuncia da parte di un tribunale europeo. L’Alta Corte del Regno Unito ha recentemente riconosciuto ai NFT lo status giuridico di asset oggetto di “proprietà” in un caso che probabilmente avrà implicazioni di vasta portata per le controversie che coinvolgono l’arte digitale. L’iniziativa giudiziaria risale al marzo di quest’anno ed è da ricondursi ad una controversia promossa da Lavinia Osbourne, fondatrice di Women in Blockchain Talks, che ha sostenuto in giudizio come due opere digitali della collezione Boss Beauties, un’iniziativa basata su NFT progettata per creare opportunità e raccogliere fondi a favore delle donne, fossero state rubate dal suo portafoglio online.
Nella sentenza, di cui si attende a breve il deposito delle motivazioni, il giudice ha ritenuto che gli NFT potessero essere definiti come valori suscettibili di essere oggetto di “proprietà” e quindi in grado di avere accesso a forme di protezione legale – nel caso specifico, un’ingiunzione notificata sui conti aperti presso Ozone Networks (che ospita il mercato NFT OpenSea), per confiscare i beni, e l’obbligo posto a carico di OpenSea, tramite Bankers Trust, di procedere alla divulgazione di informazioni sui due titolari di conti che attualmente detengono i NFT oggetto dell’istanza.
L’importanza della pronuncia dell’Alta Corte
La pronuncia assume particolare importanza anche perché la possibilità di emettere provvedimenti monitori indipendentemente dalla giurisdizione in cui si trovano gli asset digitali oggetto del contenzioso, riveste un significato particolare per il modo dell’arte digitale, dal momento che la localizzazione fisica delle persone coinvolte nella controversia è spesso sconosciuta.
La sentenza, probabilmente la prima al mondo sul tema, riconosce che un NFT rappresenti un valore suscettibile di essere oggetto di proprietà e che dunque lo stesso NFT possa essere confiscato mediante un provvedimento d’urgenza. In particolare, viene rimossa qualsiasi incertezza esistente ai sensi del diritto inglese relativamente al fatto che i NFT (intesi come token costituiti da un codice) siano classificabili quali forme di proprietà in sé e per sé, distinti dalla cosa od oggetto che rappresentano (ad esempio, un’opera d’arte digitale).
Il problema delle frodi
Come reazione alla pronuncia dell’Alta Corte di Londra, OpenSea ha immediatamente bloccato la vendita dei NFT sulla piattaforma, riservandosi di valutare se intraprendere un’iniziativa giudiziaria a tutela delle proprie ragioni. La società di intelligence, Mitmark, è stata chiamata a raccogliere prove per il caso e sta continuando a sostenere i tentativi di identificare gli attuali detentori dei token, così da facilitarne il recupero
I casi di truffe e hack legate al mercato dei NFT sono purtroppo in rapida espansione. Il volume di denaro coinvolto è enorme e il fenomeno delle frequenti truffe è da ascriversi alla presenza di gruppi di criminalità altamente organizzata su larga scala, che operano a livello globale. Il mercato dell’arte digitale si presta in particolar modo al verificarsi di detti casi, in considerazione di quella che è la rapida crescita del business dell’arte digitale su piattaforme che rimangono in gran parte non regolamentate e prive di importanti precedenti in tema di forme di protezione legale.
Il caso di Hangzhou
La notizia della pronuncia dell’Alta Corte di Londra arriva anche quando emergono notizie di una sentenza del tribunale di Hangzhou, in Cina, in cui un mercato NFT, NFTCN, è stato ritenuto responsabile per aver permesso a un utente di creare token provenienti da un’opera d’arte rubata di proprietà dall’artista Ma Qianli.
La sentenza dell’Alta Corte di Londra va dunque incontro alle esigenze di sicurezza e tutela da più parti avanzate ad opera dei possessori di NFT, che hanno più volte rimarcato la mancanza di analoghe regole di sicurezza in altre anche importanti giurisdizioni, come ad esempio gli Stati Uniti.
Resta tuttavia da vedere se le crescenti forme di protezione giuridica connesse al mercato dei token digitali siano da sole sufficienti a favorire un’ulteriore diffusione dei NFT. Qualche punto interrogativo può essere a tal proposito sollevato se si analizzano attentamente i dati relativi al mercato dei NFT degli ultimi mesi.
NFT, i dati
Come riportato dal New York Times in un recente articolo che ha suscitato una vasta eco, secondo quanto riferito dal sito dedito alla raccolta di dati NonFungible, la vendita di NFT è scesa a una media giornaliera di circa 19.000 operazioni a fine aprile rispetto ad un picco di circa 225.000 operazioni registrato a settembre, mentre il numero di portafogli attivi nel mercato NFT è sceso dell’88% a circa 14.000 sempre alla fine d’aprile da un massimo di 119.000 a novembre.
Le ragioni di questo calo sono probabilmente da imputarsi ad una serie di considerazioni di natura economico-finanziaria. Il generale aumento dei tassi di interesse registrato nell’ultimo periodo ha penalizzato decisamente gli investimenti finanziari di natura più speculativa tra cui rientrano ovviamente anche i NFT. Gli investimenti in titoli tecnologici parallelamente hanno iniziato ad apparire meno attrattivi agli occhi degli investitori. Da quando ha toccato i massimi a novembre, l’indice Nasdaq Composite ad alto contenuto tecnologico è sceso del 23% e il valore del bitcoin è sceso del 43%. Negli Stati Uniti si attende che la Federal Reserve aumenti a breve i tassi di interesse e questo fattore, congiuntamente al rallentamento delle politiche di quantitative easing, ha fatto sì che gli investitori si siano rivolti a titoli più difensivi come i beni di consumo di base.
Ma accanto a chi imputa a considerazioni di natura macro-economica il calo fatto registrare dal mercato dei NFT, vi è chi ha subito parlato di collasso del mercato dei NFT. È un dato di fatto quello per cui molti proprietari di NFT stanno scoprendo che i loro investimenti valgono significativamente meno di quando li hanno acquistati.
L’esperienza di Sina Estavi
Emblematico in tal senso il caso del NFT posseduto dal co-fondatore di Twitter Inc. Jack Dorsey relativo al primo tweet, venduto nel marzo 2021 per 2,9 milioni di dollari a Sina Estavi, amministratore delegato della società blockchain con sede in Malesia Bridge Oracle. All’inizio di quest’anno, il signor Estavi ha deciso di mettere all’asta il medesimo NFT ricevendo offerte non superiori a 14.000 dollari, che non ha accettato.
Estavi appartiene alla categoria degli investitori che rifiutano di credere ad una crisi del mercato dei NFT, ed ha reagito alla situazione dichiarando che l’insuccesso dell’asta non sta ad indicare che il mercato dei NFT si stia deteriorando, ma è solo da considerarsi come una normale fluttuazione che potrebbe verificarsi in qualsiasi mercato. Il mercato NFT è sicuramente ancora in via di sviluppo, ha sostenuto, ed è impossibile prevedere come apparirà in futuro.
Sull’attendibilità dei dati forniti da NonFungible utilizzati dal New York Times per sostenere la tesi per cui gli NFT siano ormai al collasso e che sia scoppiata una bolla speculativa si è anche acceso un vivace dibattito e non sono mancati coloro che propugnano una tesi diametralmente opposta a quella avanzata dal New York Times.
Il lancio degli NFT YugaLabs
L’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano, ad esempio, mette in evidenza come i volumi segnalati da altri servizi aggregatori di dati come DuneAnalytics, dimostrano che la domanda di NFT non è crollata. Anzi, il volume di scambi ad aprile è stato tra i più alti registrati da inizio anno: il primo maggio scorso, in occasione del lancio dei nuovi NFT di YugaLabs (l’azienda salita agli onori del web per la sua particolare collezione di NFT, Bored Ape Yacht Club, una serie di opere digitali rappresentanti scimmie con tanto di token) su OpenSea sono stati transati quasi 550 milioni di dollari in un solo giorno.
L’analisi di Forbes
Forbes ha fornito un’altra chiave di lettura del recente fenomeno osservatosi in tema di NFT. Secondo la prestigiosa rivista statunitense di economia, negli ultimi tempi, le vendite si stanno concentrando su token di minor valore, liquidati a prezzi scontati per investire negli asset più prestigiosi. Secondo Forbes, insomma, ci troveremmo di fronte a un mercato che si sta consolidando ed equilibrando, come è successo nel recente passato con le criptovalute. La tesi propugnata da Forbes è dunque quella per cui i numeri certamente negativi, dunque, potrebbero solo far pensare che – terminata la fase di euforia iniziale – adesso nel mercato degli NFT si sti assistendo al verificarsi di comportamenti più consapevoli.
Proprio il New York Times era stato uno dei primi quotidiani ad entrare nel settore degli NFT, dal momento che nel marzo 2021 aveva venduto per ben 560.000 dollari un token legato alla possibilità di possedere “il primo articolo in quasi 170 anni del Times ad essere distribuito come NFT”.
L’influenza della guerra in Ucraina
Per spiegare questa presunta crisi del mercato degli NFT alcuni hanno chiamato in causa il conflitto bellico scoppiato in Ucraina, mentre altri hanno sottolineato come recentemente si sia intensificato lo scontro tra gli ambasciatori degli NFT e il mondo dei videogiochi. Come noto, molti NFT si sono diffusi anche grazie a videogiochi come Axie Infinity, che sono basati sul modello “Play-to-Earn” (gioca-per-guadagnare). Insomma, chi più gioca più vince crypto-monete per acquistare token. Ma i sostenitori del gaming hanno subito messo in guardia i propri appassionati circa i rischi che sono connessi all’utilizzo di questi token, che rappresenterebbero uno strumento di monetizzazione che rischia di rovinare l’esperienza videoludica degli utenti.