Lo scenario

NFT, non solo mercato: perché serve un approccio olistico agli studi

Impatti ambientali, aspetti sociologici e informatici: il successo degli NFT non si può analizzare solo puntando sull’approfondimento dell’ambito finanziario, di quello tecnico o del mercato: servono studi ad ampio spettro che contemplino più discipline

Pubblicato il 12 Ago 2022

Giovanna Sissa

professore a contratto del Corso "Dimensione interdisciplinare dell'Impatto ambientale dell’ ICT", presso la scuola di Dottorato STIET (Scienze e Tecnologie per l’Ingegneria Elettronica e delle Telecomunicazioni) dell’Università di Genova

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Solo nei primi quattro mesi del 2021 il volume di scambi degli NFT è stato dieci volte di più del volume totale annuale del 2020. Questo dato da solo può dare l’idea della vivacità di un fenomeno nuovo e ancora da scoprire in alcuni aspetti. Tuttavia, la ricerca sugli NFT è ancora limitata e si concentra principalmente su aspetti di mercato e finanziari o di tipo tecnico.

Componenti, protocolli, standard e proprietà desiderate, nuovi protocolli basati su blockchain per tracciare sono oggetto di attenzione e di molte pubblicazioni scientifiche. La crescita del fenomeno NFT richiede però studi approfonditi ad ampio spettro, e che coinvolgano varie discipline, per poterne esaminare tutti i risvolti.

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Gli studi di settore

Gli studi volti a caratterizzare le proprietà del mercato si sono concentrati su esempi clamorosi di NFT di successo, come CryptoKitties (una raccolta di immagini artistiche che rappresentano gatti virtuali utilizzati in un gioco su Ethereum che consente ai giocatori di acquistarli, collezionarli, riprodurli e venderli su Ethereum), l’opera di Beeple Everydays “The first 5000 days”, Cryptopunks (una raccolta di 10.000 caratteri digitali unici generati automaticamente) o il primo tweet della storia. Una panoramica quantitativa completa del mercato NFT è stata oggetto dello studio Mapping the NFT revolution: market trends, trade networks, and visual features.

Ogni articolo, divulgativo e specialistico, evidenzia la valenza economica degli NFT. Se qualcuno ci chiedesse dunque a cosa servono gli NFT una riposta sarebbe certamente che servono a guadagnare, e anche molto.

NFT e mondo dell’arte

C’è molta attenzione alle implicazioni che gli NFT hanno sul mondo dell’arte e dunque alle normative sul diritto d’autore. È proprio nel mercato dell’arte che gli NFT hanno iniziato a svilupparsi. Gli NFT – come molte applicazioni basate su blockchain – hanno da subito basato la propria peculiarità sulla disintermediazione, con l’idea che un artista possa bypassare i mediatori tradizionali (galleristi, case d’aste etc.) rivendendo direttamente la sua opera e che, nelle successive compravendite dell’NFT, gli siano corrisposte delle royalties di vendita secondaria.

Purtroppo la dimensione di disintermediazione si è rivelata al di sotto delle aspettative: affinché un NFT abbia successo c’è bisogno di un lancio (drop), c’è bisogno che si crei un’aspettativa intorno ad esso, affinché la paura di perdersi qualcosa (Fear of Missing Out- FOMO) induca ad acquistare i nuovi NFT, in un meccanismo di frenesia sull’acquisto.

Ai tradizionali mediatori del mercato dell’arte – galleristi, case d’asta, critici d’arte, etc – si sono dunque sostituti nuovi tipi di intermediari: consulenti, società di comunicazione specializzate in lanci di NFT e nella costruzione di progetti NFT. Dunque, in sintesi, per i nuovi artisti o per quelli non noti non cambia nulla, mentre per chi è già noto in un qualunque campo– anche se non artistico – gli NFT sono una opportunità di ulteriore popolarità e guadagno.

Mappare i modelli di transazione degli NFT: lo studio di Barabasi

Come sempre quando una nuova tecnologia viene adottata per la prima volta massicciamente, si manifestano delle conseguenze non previste. Per comprendere in profondità le dinamiche socio-economiche degli NFT e la loro struttura profonda, Albert-Laszlo Barabasi, professore di Network Science, ha avviato uno studio sugli NFT. Un lavoro di ricerca interessante ed eseguito da un punto di vista originale, che ha cercato di esaminarne la struttura nascosta del mercato dell’arte NFT-based, attingendo da molteplici discipline (fisica, sociologia, informatica) per rivelare gli schemi invisibili di relazioni che possono aiutare a spiegare come funziona e perché.

L’idea è stata di mappare – ovvero analizzare e rappresentare visivamente – i modelli di transazioni di proprietà che sono alla base dell’ascesa fulminea del fenomeno NFT. Le mappe mostrano che il mercato dell’arte basata su NFT è estremamente isolato e strettamente connesso – anche rispetto agli standard del mondo dell’arte – specialmente tra i proprietari che comprano e vendono più volte.

Un NFT è un record di proprietà online pubblico permanente e affidabile che può essere collegato a qualsiasi risorsa; nel caso dell’arte include informazioni sul mercato “primario” (il creatore, il primo collezionista e il prezzo di vendita), nonché una registrazione del mercato “secondario” (i successivi cambiamenti di proprietà e valutazione nel tempo). E’ da osservare come nel mondo dell’arte tradizionale questo tipo di informazioni sia spesso velato dalla segretezza.

La metodologia

Barabasi e il suo team hanno mappato l’intera serie di transazioni di proprietà in cui è stata coinvolta un’opera d’arte basata su NFT. L’analisi ha esaminato un marketplace chiamato SuperRare, una delle prime e più importanti piattaforme per l’acquisto e la vendita di arte digitale in edizione singola. Utilizzando algoritmi specializzati, hanno tracciato ogni transazione su SuperRare in cui era coinvolta un NFT. Come nel mercato dell’arte tradizionale, la maggior parte di collezionisti “compra e conserva”, il che significa che l’arte digitale che acquistano non rientra nel mercato. Ma, come nel mercato dell’arte tradizionale, esiste anche un vivace mercato secondario per gli NFT. Nello studio la scelta è stata di osservare i modelli di co-ownership: tracciare ogni opera d’arte come un nodo nella rete e collegare così due opere d’arte per scoprire se, in qualsiasi momento durante la loro esistenza, siano state di proprietà dello stesso collezionista.

Barabasi si aspettava che la rete si sarebbe rivelata frammentata in gruppi isolati, dove ciascuno di essi rifletteva l’interesse specializzato dei collezionisti in determinati tipi di artisti e opere d’arte. Ma la rete ottenuta ha invece mostrato una struttura centrale altamente interconnessa, dove due opere d’arte qualsiasi (escluse alcune eccezioni) sono collegate non attraverso i proverbiali sei gradi di separazione, ma attraverso una catena di non meno di tre collezionisti. Il modello è dunque quello che nella teoria delle reti si chiama small-world. La rete evidenzia diverse “comunità” grandi e facilmente rilevabili. Cosa rappresentano queste comunità? La mappa ha rivelato che ogni comunità era associata a un singolo collezionista: la maggior parte delle opere d’arte era nelle mani di pochi investitori.

Non è insolito nel mondo dell’arte che un piccolo numero di collezionisti intraprendenti domini il mercato primario di una nuova arte. Ma in genere, quando un’avanguardia sale alla ribalta, nuovi collezionisti entrano nel mercato e la proprietà viene diversificata. Questa diversificazione non sembra essere avvenuta nel mondo dell’arte basata su NFT, almeno non ancora. La mappa della rete ha mostrato che il mercato secondario era ancora più concentrato del mercato primario. Durante il periodo analizzato, due collezionisti, @0x123456789 e @momuscollection, hanno acquistato un numero considerevole di opere dai primi investitori, stabilendo un dominio sul mercato.

L’impatto ambientale degli NFT

Un altro aspetto, poco conosciuto e ancor meno studiato, è quello dell’impatto ambientale degli NFT. Anche in questo caso è un approccio interdisciplinare a consentire di studiare il fenomeno. Gli NFT lasciano una significativa impronta di carbonio, perché determinano un impatto derivante dalle criptovalute necessarie per emetterli e per ogni transazione su blockchain. La maggior parte di NFT sta sulla rete Ethereum che, analogamente a Bitcoin, utilizza il meccanismo PoW (Proft of Work) nella validazione delle transazioni. E’ noto che il PoW è ad altissima intensità energetica e dunque ad elevata impronta di carbonio. La rete Ethereum, infatti, lascia un’impronta di carbonio totale equivalente alla Danimarca . Questa impronta si riflette automaticamente in tutto ciò che è costruito sulla rete Ethereum e dunque anche sugli NFT.

Il caso Polygon

Le molte critiche all’impatto di carbonio mosse all’universo legato alle criptovalute hanno spinto alla creazione di blockchain meno impattanti, come Polygon, che si basa invece sul meccanismo PoS (Proof-of-Stake) per validare le transazioni, meccanismo molto meno energivoro di PoW. Molte organizzazioni, dunque, hanno scelto la blockchain Polygon, per le sue migliori performance ambientali. Aziende come Prada, Adidas e altre hanno lanciato i propri progetti NFT.

Una validazione effettuata su Polygon aveva concluso che “ogni transazione su Polygon produce solo 0,206587559 grammi di CO2“, un valore ben inferiore ai 124,34 chilogrammi di CO2 per transazione sulla rete Ethereum. E sulla base di essa il World Wildlife Fund (WWF), dopo avere dichiarato che esiste un “impatto limitato del conio di NFT su Polygon”, aveva lanciato dunque il 2 febbraio 2022 una campagna di found-raising basata su NFT, associati a “esperienze del mondo reale” che includono incontri con ambientalisti e la possibilità di vedere il lavoro del WWF per proteggere di persona gorilla e oranghi. Prendendo la forma di opere d’arte digitali, esperienze e oggetti da collezione, l’ente di beneficenza per la fauna selvatica mirava ad aiutare a raccogliere fondi e aumentare la consapevolezza per 13 delle specie più minacciate del mondo.

Tuttavia il valore stimato di impatto di carbonio degli NFT su Polygon era di gran lunga sottostimato, perché era basato sull’ipotesi che Polygon operasse indipendentemente da Ethereum. Tale ipotesi è errata poiché Polygon gestisce una serie di contratti sulla rete principale di Ethereum che facilitano servizi essenziali come lo spostamento di asset tra Ethereum e Polygon e la creazione di checkpoint.

Poiché tali servizi sono necessari per il funzionamento di Polygon, la loro impronta di carbonio dovrebbe essere inclusa quando si considera l’impronta di carbonio totale di Polygon. E possibile determinare l’impronta di carbonio di questi contratti nello stesso modo in cui si valuterebbe l’impronta di carbonio di qualsiasi NFT costruito direttamente sulla rete Ethereum, allocando proporzionalmente le emissioni in base alla quota di gas utilizzata per eseguire il contratto (in Ethereum il gas è necessario per interagire con la rete). Su Ethereum, il termine “gas” è usato per descrivere un’unità di misura per la quantità di potenza di calcolo necessaria per eseguire operazioni specifiche sulla rete: poiché ogni transazione di Ethereum consuma risorse di calcolo, le transazioni hanno un costo. Il gas è la commissione necessaria per condurre una transazione su Ethereum. Ed è collegata al consumo di energia elettrica relativa.

Perché Polygon non è sostenibile come annunciato

Digiconomist, che realizza il Bitcoin energy consumption index e l’Ethereum energy consumption index ha osservato come il 3 febbraio 2022 almeno l’1,1% di tutto il gas utilizzato su Ethereum era correlato a Polygon. Con l’impronta di carbonio di Ethereum pari a 144.712.329 chilogrammi di CO2 il 3 febbraio, si possono allocare 1.598.215 chilogrammi di CO2 a Polygon per questo giorno. Poiché Polygon ha elaborato 3.718.755 transazioni il 3 febbraio, l’impronta di carbonio di una transazione Polygon è vicina a 430 grammi di CO2. Questo è quasi 2.100 volte più della stima ottimistica fornita dal WWF, a dimostrazione del fatto che Polygon non è sostenibile come si annunciato.

Il dietrofront di WWF

A causa della controversia relativa all’esperimento sulla sostenibilità di Polygon, il WWF ha interrotto il suo progetto NFT, poco dopo averlo lanciato, come si legge nel comunicato stampa del 4 Febbraio 2022: “We thank all of those who have generously supported our conservation work by purchasing NFTs. We have now agreed with our partners to bring this trial to a close this evening (Friday 4th February). We recognise that NFTs are a much debated issue and we all have lots to learn about this new market, which is why we will now fully assess the impact of this trial and reflect on how we can best continue to innovate to engage our supporters”. 

Questo tipo di situazioni possono essere evitato solo valutando attentamente le caratteristiche di una piattaforma scelta, a conferma del fatto che molto studio e ricerca sono necessarie per comprendere caratteristiche e implicazione del fenomeno NFT.

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