Negli ultimi vent’anni abbiamo visto la svalutazione della musica. Il settore è diventato bravissimo a vendere tutto tranne la musica stessa, con una corsa al ribasso dove, per il minor prezzo possibile, si può avere accesso alla miglior biblioteca musicale del mondo. Il modello pro rata di streaming, basato sulla sottoscrizione a portali digitali, danneggia grandemente gli artisti (anche se tramite i portali legali hanno potuto recuperare parte dei vantaggi patrimoniali completamente persi all’inizio della diffusione dello streaming musicale e la sfida oggi è data dal value-gap ovvero al differenza tra il valore economico di ogni singolo brano e l’incasso riconosciuto ai produttori). Diversamente gli NFT potrebbero produrre l’effetto opposto e far sì che i fan moderni vogliano di nuovo possedere la musica. Cerchiamo di vedere che tipo di impatto stanno avendo gli NFT sull’arte ed in particolare sulla musica.
NFT per il mercato di arte e musica, la situazione
Che motivo ci può essere perché un’opera d’arte digitale si venda per 60 milioni di dollari e renda il suo autore il terzo artista vivente più conosciuto al mondo? Per trovare la risposta dobbiamo guardare all’ascesa degli NFT – certificati di proprietà rappresentati da dei pezzetti di testo (cd. token) la cui tracciabilità è basata su tecnologia blockchain per garantire che un’opera sia unica, immutabile e originale. NFT, semplificando, rappresentano la digitalizzazione della certificazione di un diritto acquisito su un bene che possono provare l’autenticità delle opere del mondo analogico, una sorta di autografo o certificato di proprietà intellettuale non manipoalabile e verificabile liberamente sulla rete, dove di solito la diffusione rapida e massiccia dei contenuti provoca la perdita della paternità o del valore di questa. L’acronimo si riferisce ai Non Fungible Tokens, che potrebbero essere tradotti come beni che non si esauriscono in un solo uso, e possono essere utilizzati sia per l’arte che per la musica, le foto, le GIF, i tweet o anche le colonne dei giornali.
Non fungible token (NFT): così la blockchain cambia il mercato dell’arte
Era l’11 marzo scorso quando gli NFT sono passati dall’essere una nicchia tra gli appassionati di criptovalute come Bitcoin a diventare noti a tutti. L’artista digitale Mike Winkelmann, conosciuto come Beeple, ha venduto la sua opera Everydays: The First 5000 Days da Christie’s per 70 milioni di dollari, un evento storico che ha battuto ogni record. Ma perché un’opera d’arte digitale, facilmente replicabile su Internet, può essere venduta a questo prezzo? È qui che entrano in gioco gli NFT, che garantiscono che questo collage, l’unione di 5.000 opere create in 5.000 giorni, sia veramente autentico, riconosciuto dal suo creatore e di proprietà della persona che lo ha acquistato. Per fare questo, ci si può affidare alla tecnologia blockchain.
Il caso della band Kings of Leon
Grazie soprattutto al successo di Beeple, infatti gli NFT sono utilizzati per acquisire arte digitale. Molti artisti, abituati al mercato globale e plagiato a vendere il loro lavoro a basso costo o gratis, vedono questa tecnologia come un modo per guadagnare di più per il loro lavoro. Tuttavia, non sono solo le opere d’arte ad essere vendute. La band indie Kings of Leon all’inizio del mese di marzo è diventata il primo gruppo a vendere il suo nuovo album in forma di NFT. I Kings of Leon hanno offerto il loro pacchetto album con un vinile e un download digitale per un token al prezzo di 50 dollari. L’offerta è durata solo due settimane e non verrà (a detta degli artisti) replicata.
Gli NTF in campo musicale, in precedenza, avevano un seguito relativamente di nicchia composto da dj e produttori. Ma questi gettoni digitali sono diventati mainstream nell’ultimo anno, forse anche basandosi sulla circostanza che molti musicisti hanno cercato ulteriori flussi di entrate durante la pandemia che li ha lasciati senza concerti (e relative entrate). Altro aspetto da non sottovalutare nella possibilità di utilizzare gli NFT nel campo musicale è quello dei biglietti.
Kings of Leon ha anche rilasciato sei “golden ticket”, ovvero NFT che permettono ai fan di vivere esperienze uniche: quattro biglietti a vita in prima fila per un singolo concerto a ogni tour, incontri dal vivo con la band, gadget legati ai tour, trasporto agli spettacoli, possibilità di visitare i backstage e molto altro ancora. Uno di questi golden ticket è stato venduto per 89 Ether, o circa 160.000 dollari. L’NFT include anche album tokenizzati, GIF animate e artwork digitali.
Ticket e smart contract
Questo è un esempio estremo per dimostrare un punto: quanto contenuto può essere inserito nel biglietto tramite gli smart contract. In futuro si può ipotizzare, infatti, che questa stessa tecnologia possa essere utilizzata per tutti i biglietti, il che potrebbe essere un enorme progresso nel mercato secondario. Ogni volta che un NFT viene rivenduto, una percentuale del denaro guadagnato potrebbe andare all’artista o a chiunque sia incluso nel contratto – un possibile strumento utile per la ripartizione dei diritti.
I vantaggi degli NFT per la musica
In definitiva, ci sono tre aspetti che sono vantaggiosi per gli artisti in relazione all’utilizzo degli NFT:
- Autenticità dell’opera d’arte: l’identità e le altre informazioni essenziali dell’opera d’arte possono essere facilmente rintracciate grazie alla verifica della blockchain. Così, ogni volta che qualcuno vuole rivendere un pezzo, è facile per gli acquirenti controllare se il pezzo è originale. Inoltre, grazie alla blockchain, si può sempre confermare chi è l’attuale proprietario.
- Eliminazione degli intermediari: Gli NFT offrono l’opportunità agli artisti digitali di vendere direttamente al mercato.
- Royalty: una funzione di royalty può essere programmata nell’opera in modo che, in caso di rivendita, si riceva una certa percentuale.
NFT e musica, la critica sull’impatto ambientale
Per chiudere vorremmo anche dare seguito ad una recente polemica che si è manifesta in tema di utilizzo degli NFT nell’ambito musicale. Infatti anche il noto gruppo musicale Gorillaz per celebrare il ventesimo anniversario della pubblicazione del loro primo album, hanno fatto sapere che pubblicheranno musica e merchandising in NFT. Questa decisione dei Gorillaz, tuttavia, è stata accolta da molte critiche da parte dei fan della band, che denunciano l’impatto ambientale di questa tecnologia e le emissioni di CO2 coinvolte nel fare transazioni con essa.
Proprio come Bitcoin e altre valute blockchain, gli NFT infatti sono sotto i riflettori a causa del livello di emissioni di anidride carbonica in ogni transazione. Per verificare gli oggetti in vendita, le principali piattaforme di trading NFT ricorrono al mining, lo stesso sistema utilizzato dalle criptovalute per certificare la loro autenticità. Il mining, in parole povere, consiste nell’avere una potenza di calcolo che data la complessità raggiunta dall’algoritmo deve essere necessariamente suddivisa su molti computer che risolvono complesse operazioni matematiche per determinare quali transazioni sono valide. Bitcoin, precisamente, è stato aspramente criticato per le emissioni coinvolte in questo sistema: uno studio di Cambridge ha scoperto che consumava 121 terawatt all’ora, ossia più emissioni dell’Argentina in un anno.
Anche se gli NFT non sono scambiati in Bitcoin, ma in Ethereum, quest’altra moneta prende il 70% del suo consumo da fonti di energia rinnovabile, anche se questa percentuale fluttua nel tempo. Essendo un fenomeno così recente, i dati concreti sulle emissioni non sono ancora noti, ma una ricerca di un artista digitale ha scoperto che un NFT medio consuma la stessa elettricità di un cittadino europeo per un mese. Ma se è vero, come risulta dalla piattaforma Open Sea, che l’album tokenizzato dei Kings of Leon e la vendita di NFT hanno generato vendite per almeno 1,45 milioni di dollari, o 820 Ether, nei primi cinque giorni riteniamo che i problemi dell’ambiente passeranno in secondo piano per assistere se mai alla rincorsa sulla regolamentazione del mercato dei crypto-asset dotato di adeguate tutele per gli investitori.