Come sappiamo NFT (Non-Fungible Token) è una tecnologia straordinaria per rendere univoco un file. Ma ha oggettivamente una serie di debolezze che la rendono potenzialmente problematica.
Innanzitutto, dobbiamo sempre ricordarci che secondo le attuali specifiche il token NFT relativo a qualcosa, quel qualcosa lo linka con un URL. In altre parole, chiunque in futuro potrebbe cambiare il contenuto finale dell’URL, che sia un’immagine o un oggetto 3D. Certo, mettendo tutto su IPFS (IP File System) si aggiunge garanzia in quanto essendo un file system distribuito come la rete Torrent, per fare un esempio, il contenuto non può essere cambiato. Tuttavia, potrebbe sparire. Se nessuno connesso alla rete ha quel file condiviso, ciao file. E NFT come questi, ovvero con l’URL a un sito, sono stati venduti per milioni di euro.
Criptovalute, NFT e riciclaggio
Ma come è possibile? È davvero un mercato così ricco? Sono davvero così importanti questi “pezzi d’arte tokenati“? Il motivo spesso è che molti truffatori nel settore dei servizi online, delle crypto, delle sostanze illegali, si fanno pagare in cryptovalute. Pensiamo per esempio ai vari ransomware, o a quelli che ci richiedono di investire nella loro supermega cryptomoneta e poi spariscono col bottino. Insomma, si ritrovano per esempio con un mucchio di Bitcoin che non possono trasformare facilmente in dollari perché il fisco del loro paese gli chiederebbe la provenienza di quei soldi… E una tecnica per ripulirli è proprio NFT.
Perché poniamo che un delinquente abbia ha truffato per 10 milioni di euro che ora ha in bitcoin nel suo portafoglio, e che li debba ripulire. Ufficialmente, con il suo portafoglio, compra un’opera d’arte digitale, un NFT, a 1000 euro e poi… sai com’è il mercato dell’arte, impalpabile, imprevedibile. Di colpo un anonimo gliela compra a 10.000.000 di euro. Ovviamente lo paga in Bitcoin, e i soldi arrivano da un portafoglio anonimo, quindi non si sa chi sia. Alla fine, è sempre lui, che se lo è in qualche modo venduto. A questo punto i soldi sono puliti, perché quando la banca o il fisco gli chiederà qualcosa, lui dirà che sono frutto della vendita di un’opera digitale, a un estimatore anonimo. Che poi in realtà è sempre lui ma non è dimostrabile. Peraltro, pure esentasse perché in caso di vendita di opere d’arte in modo estemporaneo da parte di un non collezionista, non si applica alcuna tassazione alla plusvalenza, ovvero ai teorici 9.999.000 euro di utile, di guadagno…
Follow the money
Oltreoceano stanno iniziando le prime indagini di polizia sul tema, ma la decentralizzazione del settore fa sì che questo in realtà ci riguardi da vicino più di quanto si pensi. Falcone diceva che bisognava seguire i soldi e qui i soldi si seguono molto facilmente, il problema è che non è possibile sapere chi sia dietro i vari conti, o portafogli… Quindi si vede che chiaramente sono operazioni di “ripulizia”, di lavaggio di denaro sporco, ma… chi?
Per cui ci auguriamo che le istituzioni facciano del loro meglio per combattere il fenomeno al fine di tenere pulito un settore che oggettivamente può rappresentare l’economia immateriale del futuro. Magari la regolamentazione forte di questo settore potrebbe aiutare? C’è chi sostiene non sia regolamentabile a causa delle caratteristiche tecniche della blockchain, ed è vero, ma questo non impedisce a un sistema normativo di vietare legalmente alcune pratiche, al di là che sia più o meno facile nasconderle o beccare i responsabili.
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