L'approfondimento

NFT, verso il collezionismo 4.0: il caso della prima asta “digital” di Christie’s

Christie’s ha concluso la prima asta di un’opera completamente digitale, “Everydays: The First 5000 Days” dell’artista Beeple: una vicenda che apre alle riflessioni sull’impatto degli NFT sul mercato dell’arte e i possibili risvolti in ambito pubblico

Pubblicato il 19 Mag 2021

Serena Nardoni

Studio Piselli & Partners

Pierluigi Piselli

Founding Partner Studio Piselli & Partners

blockchain IoT

Prendono piede iniziative che, seguendo direttrici differenti, hanno lo scopo di indagare l’interesse dei clienti attuali e potenziali della nota casa d’aste Christie’s, verso il nascente mercato delle opere digitali e degli acquisti d’arte supportati da blockchain. In questo senso, Noah Davis, specialista in arte post-bellica e contemporanea presso la Christie’s di New York e curatore della vendita dell’opera “Everydays: The First 5000 Days”, al centro della prima asta per una creazione completamente digitale, afferma che, finora, sono state appena intaccate le potenzialità di questa tecnologia. L’ingresso di Christie’s nel mercato delle opere NFT si traduce in un inedito interesse verso i nuovi collezionisti della cosiddetta “Generazione Z”, cresciuti in stretta connessione con le più recenti tecnologie e riflesso del drastico cambiamento demografico-generazionale dei nostri giorni.

Un’esigenza di apertura verso il collezionismo 4.0 che porta con sé non solo nuovi linguaggi e tecniche espressive, ma anche incredibili vantaggi sotto il profilo dell’affidabilità e certezza delle informazioni, scambiate attraverso la tecnologia blockchain: l’opera d’arte – fisica o digitale che sia – viene registrata sulla piattaforma e convertita in un token che, come si è detto, è incorruttibile e non riproducibile, fugando ogni dubbio circa l’autenticità dell’asset scambiato. Una questione ancora aperta riguarda invece la specificazione dei diritti che accompagnano il token, al di là della certificazione della proprietà del bene.

Il caso di Christie’s

Si è conclusa lo scorso 11 marzo 2021 la prima asta, curata da Christie’s, dedicata ad un’opera completamente digitale, senza alcuna componente fisica. È il “net artist” e graphic designer Beeple (alias Mike Winkelmann) ad inaugurare questo nuovo capitolo, con “Everydays: The First 5000 Days”, un collage digitale di 5.000 immagini al quale l’artista si è dedicato per 13 anni – dal 2007 al 2021 – che ripercorre, con toni irriverenti e scene tra il grottesco e l’assurdo, eventi dei nostri giorni, alternando immagini di ispirazione personale e icone universalmente note. I temi ricorrenti includono l’ossessione e la paura della società nei confronti del progresso tecnologico; il desiderio e il risentimento verso la ricchezza e le più recenti tensioni della politica americana.

Non fungible token (NFT): così la blockchain cambia il mercato dell’arte

Frammenti di attualità, visionari ed irriverenti, che si fondono in un’opera unitaria, registrata su blockchain con un NFT (“Non Fungible Token”) coniato in esclusiva per Christie’s da MakersPlace e offerto in vendita in un unico lotto, che sarà possibile acquistare anche in criptovaluta (Ether).

Questa specifica tipologia di token permette di identificare in modo inequivocabile e irriproducibile un asset, dotandolo della firma immodificabile dell’artista. L’architettura della blockchain, infine, consente il tracciamento in tempo reale del token, garantendone e certificandone provenienza e scambi. Curiosa e inusuale è stata anche la modalità di svolgimento dell’asta: non una stima predeterminata, bensì una base d’offerta dal modesto valore di 100 dollari, di modo da assicurare la più ampia partecipazione tra il pubblico. Evidentemente così è stato, dato che il prezzo di vendita ha sfiorato i 70 milioni di dollari.

Le esperienze su blockchain dell’artista Beeple

Christie’s ha dichiarato che una volta pervenuto il saldo, sarà lo stesso artista Beeple a rilasciare l’opera al collezionista tramite la piattaforma Makersplace, rivoluzionando, ancora una volta, la filosofia e la tradizionale dinamica di scambio degli NFT. L’operazione non è però la prima esperienza dell’artista sul mercato blockchain: già nel dicembre scorso, un estratto di ventuno opere originali, tratte dal medesimo progetto “Everydays”, è stata venduta per 3,5 milioni di dollari, con un’asta tenutasi sulla piattaforma Nifty Gateway.

Anche Christie’s ha già compiuto i primi passi nel mondo dell’arte digitale e Crypto: lo scorso ottobre si è occupata della vendita del pezzo n.21 della serie “Portraits of a Mind” dell’artista Robert Alice, tratto da una serie di 40 dipinti di grandi dimensioni, composti dal codice sorgente di Bitcoin, in un tributo alla enigmatica e imperscrutabile figura di Satoshi Nakamoto; ancor prima, nel novembre 2018, Christie’s ha collaborato con la blockchain di Artory – Digital Registry, per la realizzazione del primo catalogo digitale permanente, contenente la documentazione rilevante sulle opere della collezione di Barney A. Ebsworth.

L’impatto sul mercato dell’arte

La Crypto Art, che ha trovato nel “colosso Christie’s” la sua più ufficiale consacrazione e il debutto tra un pubblico più diffuso, porta verso il riconoscimento di corrente storico-artistica del nostro tempo, che parla il linguaggio tecnologico delle nuove generazioni, muovendosi sui quotidiani canali di interazione e scambio col mondo. Le ragioni di tale ascesa, proprio nell’anno dell’emergenza sanitaria mondiale, sono certamente ravvisabili nella imprescindibile necessità di dematerializzare dinamiche lavorative, passioni e rapporti sociali. Secondo logiche e scelte comunicative diverse, anche musei, istituzioni, enti e luoghi della cultura hanno convertito i propri strumenti di comunicazione e fruizione del patrimonio culturale verso il digitale.

Riguardo a possibili frontiere di dialogo tra settore pubblico e questa ulteriore rivoluzione introdotta dalla blockchain nel mondo dell’arte, ad oggi non sono ancora emersi sperimentazioni in tal senso, ma si è già fatto riferimento ai vantaggi dell’implementazione di questa tecnologia in tema di certificazione, immutabilità e accessibilità delle informazioni. Non sarebbe inopportuno, quindi, prospettare profili di applicabilità anche al mondo dell’arte “istituzionale”.

Ancora una volta, è utile chiamare in causa l’esempio di Christie’s che, in collaborazione con la blockchain di Artory, è stata la prima auction house, nel 2019, a fornirsi di database elettronici certificati per la registrazione di un catalogo, in occasione dell’asta indetta per la vendita della collezione Barney A. Ebsworth, a New York. Una volta creato, il catalogo costituisce un servizio aggiuntivo per i clienti, ai quali viene consegnata una tessera elettronica per l’accesso personalizzato al database, contenente le relative informazioni. L’architettura del sistema permette procedure di stima più snelle, calcolate in modo automatico da un algoritmo ricavato dal confronto dei dati registrati sul database, nonché il rilascio, da parte di Christie’s, di un certificato digitale, firmato crittograficamente, che alimenti trasparenza e affidabilità sullo status dell’opera d’arte.

L’operazione potrebbe certamente essere implementata, in ambito pubblico, per le medesime dinamiche di archiviazione tramite database elettronici sicuri e inattaccabili, che diano contezza del patrimonio effettivamente detenuto dal museo, ivi comprese quelle opere d’arte inaccessibili perché solitamente conservate nei depositi museali, momentaneamente indisponibili poiché in prestito per mostre temporanee, interessate da interventi restauro, in condizioni che non ne permettono l’esposizione al pubblico, finanche per ragioni di scelta “curatoriale” o “scientifica”, nel caso di incapienza degli spazi espositivi.

NFT e pubblica amministrazione

Un altro aspetto rilevante riguarda gli sforzi tutt’ora in essere compiuti dal Ministero della Cultura (ex Ministero dei Beni Culturali) per la transizione al digitale, culminati la scorsa estate, in piena crisi, con una “Netflix della Cultura” che prenderà il nome di ITsART che, riportando quanto si legge dal sito in costruzione, sarà un nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte, live e on-demand, con contenuti disponibili in Italia e all’estero: una piattaforma che attraversa città d’arte e borghi, quinte e musei per celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo.

Non a caso, il piano per la digitalizzazione occupa lo spazio più importante tra i progetti avanzati dall’allora MiBACT per il Recovery Fund, con 2,5 miliardi di euro di spesa prevista. Tra gli obiettivi, oltre al già citato apporto in tema di archiviazione e sistematizzazione di materiali ed informazioni, la possibilità di garantire la conservazione intragenerazionale del patrimonio a rischio di degrado o distruzione, per motivi di studio e ricerca; di sviluppo di percorsi turistici innovativi che coinvolgano attivamente il pubblico e permettano un accesso a musei e aree archeologiche anche da remoto.

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Pur trattandosi di temi ben noti alla Pubblica Amministrazione, un cambiamento sostanziale non si è ancora registrato, complice il fatto che questa transizione digitale verso un’accessibilità diffusa, se da un lato è culturalmente comprensibile e condivisibile, dall’altro richiama la necessità di ragionare su diverse modalità di coinvolgimento del pubblico, anche sul fronte della sostenibilità economica di un progetto di tale portata.

Conclusione

Crypto Art e, più in generale, la tecnologia blockchain stanno dimostrando una forte presa sul pubblico nel mondo dell’arte. Uno sforzo che potrebbe concretamente compiersi riguarda, ad opinione di chi scrive, la possibilità di integrare quelle stesse logiche di respiro internazionale, attuale e tecnologico, alla realtà dei musei e dei luoghi della cultura, con innovative soluzioni in ambito di fruizione e divulgazione del patrimonio che siano più d’attrattiva per un pubblico giovane, senza nulla togliere alle evidenti necessità di trasparenza e tracciabilità di cui si è già parlato. Un campo tutt’ora inesplorato, ma che non mancherà certo di muovere i suoi primi passi di qui a breve.

Lo Studio Legale Piselli and Partners sta attivamente ragionando, sulla scia dell’incontro “New art, new media, new rights”, tenutosi il 10 dicembre 2020. Nell’ambito di un progetto in collaborazione con Breezy Art e il duo artistico Hackatao, è stata infatti presentata “Remix Me”, un’opera dalla duplice natura: una tela fisica, ma anche un NFT digitale destinato ad essere registrato in blockchain. “Remix Me” rappresenta l’occasione per intessere e sperimentare, in sinergia con i professionisti del mondo dell’arte e appassionati dell’universo crypto, inedite soluzioni legali – ma non solo – che sollecitino il dibattito sull’interrogativo avanzato in questa sede.

È nostra opinione che solo in questo modo il settore dell’arte potrà proseguire fruttuosamente e pienamente il suo percorso esplorativo verso la Crypto Art, andando oltre il mero valore speculativo-finanziario che in questi primissimi esordi sui canali istituzionali del mercato dell’arte, sembra l’unico ad emergere.

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