la proposta

Nicolini: “Ma il piano ICT doveva essere decennale”

Il piano, seppur apprezzabile in termini di visione evolutiva del sistema informativo della pubblica amministrazione, difficilmente potrà essere attuato da qui al 2020. Meglio quindi concentrarsi sul “bersaglio grosso”. Ecco le possibili alternative

Pubblicato il 01 Giu 2017

Andrea Nicolini

Project Manager per TrentinoSalute4.0

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In questi giorni si fa un gran parlare del piano triennale ICT della PA redatto da AgID, in collaborazione con il Team per la trasformazione digitale, ormai prossimo alla firma del Presidente del Consiglio dei Ministri come previsto dalla norma vigente.

Il documento è molto apprezzabile per lo sforzo di sistematizzazione che compie nella visione evolutiva del sistema informativo della pubblica amministrazione, inoltre introduce molti elementi fondamentali per una crescita digitale di tutto il paese e non solo della Pubblica Amministrazione.

Traccia un percorso chiaro per lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi di tutte le PA e soprattutto offre alle imprese del mercato diversi ambiti ben definiti di interventi, consentendo finalmente lo sviluppo di veri piani di investimento delle imprese del settore per anni condizionate dalle volontà o dalle visioni della singola amministrazione.

Purtroppo è stato commesso un clamoroso errore tipografico nella definizione del titolo: è evidente che chi lo ha scritto, conoscendo molto bene la Pubblica Amministrazione italiana, aveva in mente la definizione di un piano decennale e del resto lo stesso piano è conseguente alla modifica del CAD che è stato approvato in prima stesura nel 2005 e che in poco più di dieci anni è stato solo in minima parte attuato, ma incredibilmente all’ultimo momento è diventato un piano triennale.

Ma è realistico pensare di poterlo realizzare interamente nei prossimi tre anni (a dire il vero sarebbero addirittura due e mezzo perché il 2017 è il primo dei tre anni ed il piano arriva ormai a giugno) in tutte le amministrazioni pubbliche?

Assolutamente no, probabilmente nemmeno nei prossimi dieci.

Quindi a questo punto, ragionando da project manager ICT nella PA, vi sono due alternative:

  1. si continua a forzare con il concetto di piano triennale con il risultato che le diverse pubbliche amministrazioni ne attueranno solo una minima parte e vi sarà grande eterogeneità sul territorio dei servizi realizzati ed attuati
  2. più realisticamente si definisce il vero piano attuativo triennale (2018-2020), nel quale si individuano un numero contenuto di azioni prioritarie fra quelle già previste dal piano attuale (Spid, PagoPA, Anpr, Daf, un massimo di tre ecosistemi digitali come ad esempio sanità, sviluppo e sostenibilità e cultura e turismo) e si individuano alcune amministrazioni pubbliche (ad esempio alcune PAC, le Regioni, le città metropolitane e i comuni capoluogo di provincia) che lo devono assolutamente attuare e soprattutto si individuano un minimo di risorse finanziarie che consentono di realizzare azioni di accompagnamento all’attuazione (competenze digitali, project management applicato e centri di competenza per il trasferimento delle buone pratiche).

In tutti i casi comunque l’elemento chiave per decretare il successo dell’iniziativa saranno la qualità e la tempestività della definizione di tre elementi trasversali:

  1. i poli strategici nazionali ovvero la messa in sicurezza dei data center della PA, è inevitabilmente un processo lungo, quindi servono almeno all’inizio pochissime regole tecniche chiare e facilmente applicabili per consentire a tutte le PA di capire cosa fare in tempi rapidi per mettere in sicurezza i propri dati e servizi e solo in un secondo momento pianificare il passaggio al sistema dei poli strategici nazionali;
  2. il marketplace delle soluzioni cloud (principalmente Saas) e le relative caratteristiche (portabilità, sicurezza e riservatezza dei dati, interoperabilità dei servizi, ecc.), ma soprattutto il raccordo fra il codice degli appalti e la realtà dei servizi cloud (servizi gratuiti o a pagamento a consumo, oggi difficilmente acquistabili da una PA, scambio di servizi e relativi costi oggi regolabili solo con difficili e complesse convenzioni, ecc.)
  3. le regole di interoperabilità, semplici da applicare e capaci di garantire anche una ragionevole e veloce transizione di tutti i servizi oggi in produzione nei nuovi standard.

Ci sarebbero mille altri aspetti di dettaglio da vedere e approfondire e molti altri articoli in materia sono stati scritti e sono largamente condivisibili, tuttavia la definizione degli obiettivi di lungo periodo è stata fatta nel piano decennale ICT, a questo punto più che sui dettagli è bene concentrarsi sul bersaglio grosso: cosa vogliamo davvero realizzare entro il 2020?

* L’autore scrive a titolo personale

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