Italia, patria del buon cibo: l’agrifood è uno dei pilastri dell’economia nazionale, offre lavoro al 13% del Paese e ci fa conoscere in tutto il mondo. Oggi il settore sta affrontando sfide importanti come garantire una produzione elevata per sfamare una popolazione in costante crescita, ma allo stesso tempo tutelare i consumatori garantendo la qualità e la sicurezza dei prodotti, combattere la contraffazione, proteggere il più possibile la sostenibilità dell’ambiente.
Si rende dunque necessario individuare metodi e tecnologie che agevolino un’agricoltura sostenibile, perché anche se tecnologia e agricoltura possono sembrare argomenti distanti, essi sono invece fortemente interconnessi. Uno scenario in cui la blockchain offre interessanti spunti applicativi.
Agrifood, l’impatto della blockchain
Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano, l’adozione di tecnologie e metodi propri dell’agricoltura 4.0 ha raggiunto nel 2020 un volume d’affari di 540 milioni di euro, e il trend è in forte crescita. Tra questi è sicuramente da annoverare anche l’importante supporto della blockchain, con le sue diverse declinazioni di utilizzo nel settore, come evidenziato dal report “Blockchain & Agrifood di IBNO”, uno studio che rientra nell’ambito della collaborazione tra l’Italian Blockchain National Observatory (IBNO) e Italia4Blockchain.
La tecnologia blockchain infatti può soddisfare le esigenze del settore grazie alla creazione di sistemi interconnessi e interdipendenti che beneficiano di trasparenza, responsabilità e verificabilità delle informazioni, con ricadute positive sugli attori di tutta la filiera: dal prodotto della terra, al suo trattamento e trasformazione, alla distribuzione, fino al cliente finale; ripristinando così quella che viene definita la “catena della fiducia”, che parte dalla natura e finisce sulla tavola dei consumatori.
Il ruolo del consumatore consapevole
La maggioranza dei consumatori mostra una particolare attenzione alla provenienza degli alimenti, alla qualità delle materie prime e anche ai metodi produzione e ha sviluppato l’attitudine a controllare l’etichetta del prodotto per cercare tutte le informazioni dettagliate che ne attestino il percorso di qualità. E non si accontenta più di conoscere solo l’origine delle materie prime, gli ingredienti e i valori nutrizionali, ma richiede anche informazioni sulle diverse fasi del processo di trasformazione e quali sono gli attori coinvolti.
Oggi questa verifica dei dati è possibile effettuarla liberamente e con strumenti digitali perché – sebbene il sistema agroalimentare italiano possa apparire ancora legato a logiche vetuste di quando le informazioni venivano archiviate su database cartacei e privati – sempre più produttori e distributori hanno recepito e accolto questo bisogno di trasparenza dei consumatori, anche al fine di creare engagement e soddisfare le loro aspettative. E così che entrano in gioco le tecnologie innovative, come blockchain, IoT e intelligenza artificiale, in grado di rendere più efficiente il sistema di produzione, migliorare la comunicazione della filiera, controllare meglio ogni passaggio della merce.
Il consumatore consapevole è quindi un attore fondamentale del sistema “agricoltura 4.0” perché è dalle sue esigenze che sono scaturite le soluzioni ad alcune delle sfide del settore e che con un effetto a catena permettono di mitigare i fenomeni che danneggiano il sistema produttivo e garantiscono maggiore competitività a tutta la filiera, a beneficio di tutti.
Le applicazioni della blockchain
Una tecnologia complessa come la blockchain può avere svariate applicazioni nel settore agrifood in tutti i passaggi, dalla raccolta, alla produzione, alla vendita. Permette per esempio di tutelare le proprietà, tracciare la provenienza dei prodotti (per evitarne la contraffazione e il commercio illegale), monitorare, verificare e riferire sulla sostenibilità e sulle pratiche di coltivazione e trasformazione, tracciare in pratica l’intera filiera. Per sfruttare tutto il suo potenziale la blockchain opera in combinazione con reti di sensori IoT, che effettuano continue misurazioni e le registrano automaticamente (le “notarizzazioni”), con l’Internet of Farming ovvero l’agricoltura interconnessa, con l’uso di QR code e tag RFID. Si riduce così l’incertezza dei consumatori e si garantisce la trasparenza della filiera.
Come evidenziato dallo studio di IBNO prima citato, i vantaggi offerti dalla tecnologia blockchain al settore sono in particolare: la notarizzazione del dato, per il rispetto della sicurezza alimentare e dell’adeguamento alla normativa in merito alla certificazione; l’ottimizzazione dei processi e il riconoscimento di possibili criticità; il consolidamento e la verifica dei rapporti lungo la filiera; la continua tracciabilità; la valorizzazione commerciale e l’anticontraffazione. Poiché con la notarizzazione si registrano le informazioni in modo immutabile su un protocollo idealmente pubblico, la corretta implementazione della tecnologia blockchain genera un impatto importante nelle relazioni tra gli attori del sistema agrifood perché con la registrazione di ogni passaggio del prodotto si disincentivano i soggetti coinvolti a commettere azioni improprie: sarebbe infatti controproducente avere una traccia indelebile e pubblica di un’azione fraudolenta.
Italian Sounding, come la blockchain tutela il Made in Italy
Quello della tracciabilità è un tema centrale per il legislatore: è strategico per l’economia del nostro Paese e rappresenta un ambito di applicazione al centro di nuovi investimenti, favoriti anche dai recenti programmi di sviluppo europei. L’uso della blockchain infatti risulta utile anche per tutelare e valorizzare il Made in Italy nel mondo e contrastare il fenomeno dell’Italian Sounding, consistente nel richiamo di parole così come di immagini, combinazioni cromatiche, riferimenti geografici, marchi evocativi dell’Italia per promuovere e commercializzare prodotti – soprattutto agroalimentari – che in realtà sono prodotti all’estero e commercializzati come realizzati in Italia. Il problema è rilevante sia per la sicurezza alimentare e la sfera sanitaria dei consumatori sia in termini economici: nel 2020 il fenomeno della contraffazione dei prodotti agroalimentari ha toccato un volume d’affari di oltre 100 miliardi di euro.
La possibilità di tracciare i processi e di identificare eventuali criticità nella filiera e contraffazioni su marchi e denominazioni di origine (DOP, IGP, DOCG, etc) permette, potenzialmente, di risolvere il problema. Senza tecnologie innovative, senza un modo facile e veloce per accedere a informazioni verificabili, risulta molto difficile per l’utente finale assicurarsi che un prodotto non sia frutto di una contraffazione. Con le soluzioni di tracciabilità blockchain si semplificano notevolmente queste operazioni, rendendo i prodotti “parlanti”, con indubbi vantaggi in termini di aumento della competitività sui mercati internazionali.
Soluzioni per la tracciabilità
Da quando è partita l’implementazione della blockchain in agricoltura il settore ha cominciato a beneficiare di ricadute positive. Tuttavia non c’è ancora uniformità di vedute sulla reale portata della blockchain nel settore agroalimentare e alcuni attori hanno mosso le prime criticità e limitazioni. Molte soluzioni di tracciabilità sul mercato si appoggiano a blockchain private offerte da colossi dell’IT. Il tipo di protocollo utilizzato non è una questione secondaria: protocolli in cui i nodi sono limitati nel numero e sono in mano a un’unità centrale fanno cadere le proprietà fondamentali di immutabilità e decentralizzazione delle informazioni, tipiche della blockchain. Infatti, se non si utilizza un protocollo pubblico (per es Ethereum o Algorand) occorrerà “fidarsi” del gestore dell’infrastruttura, che potrebbe volontariamente cambiare le informazioni presenti sul registro e proporlo impropriamente al mercato come blockchain.
Un’altra criticità è rappresentata dalla combinazione della blockchain con la sensoristica. La comunicazione tra i diversi sistemi IoT lungo tutto il processo e la notarizzazione delle informazioni rilevate è il principale problema dello studio e della realizzazione di architetture resistenti e performanti nei diversi campi agroalimentari. La blockchain, infatti, fornisce data certa, prova di immutabilità e paternità ai dati registrati, ma non si occupa di verificare l’esattezza o la provenienza di questi ultimi. Automatizzando la notarizzazione delle misurazioni si garantisce un buon livello di certezza delle informazioni, tuttavia un attore malevolo può manomettere il sensore stesso facendo in modo che riporti dati sbagliati e danneggiando così tutta la filiera. Per queste ragioni non siamo ancora in grado di affermare che la blockchain abbia risolto del tutto la sfida della tracciabilità alimentare.
La proposta di un approccio ibrido
Se è vero che le tecnologie blockchain sono sistemi a prova di fiducia in cui i membri possono interagire in modo verificabile tra loro senza la necessità di un’autorità fidata, in alcuni casi rimane centrale inserire all’interno dei processi una fonte di trust esterna, che abbia una funzione di controllo a campione sulle dichiarazioni dei produttori, distributori e sulle informazioni registrate in blockchain. Nel linguaggio della blockchain questo tipo di attore si chiama “oracolo”: un ponte tra le blockchain e il mondo esterno.
Blockchain e smart contract non possono accedere a dati off-chain (dati che si trovano al di fuori del network) ma è di vitale importanza che i dati inseriti on-chain siano verificati e autenticati da un attore che, tramite controlli a campione, possa accertare l’esattezza delle fonti di dati esterne e il rispetto dei claim delle aziende agroalimentari, agendo come secondo livello di controllo: innanzitutto registrare dati edulcorati su blockchain pubbliche può essere controproducente perché se ne lascia traccia indelebile. Invece aggiungendo un controllo esterno si riducono drasticamente i rischi di riportare dati falsi sulle confezioni dei prodotti che finiscono sulle nostre tavole.