L’avvocato ha oggi la possibilità di scegliere più modi di notifica degli atti giudiziari valutandone l’opportunità in base alle esigenze processuali: può avvalersi dell’ufficiale giudiziario, oppure procedere via posta, o ancora inviare l’atto attraverso la PEC, posta elettronica certificata. E’ interessante ricordare che fino a 24 anni fa l’avvocato non poteva notificare in proprio gli atti processuali e stragiudiziali in materia civile e amministrativa, ma doveva rivolgersi necessariamente all’ufficiale giudiziario (ausilio talvolta costoso). E’ stata la legge 53 del 1994 a introdurre l’importante novità ispirata al principio della liberalizzazione e della facilitazione delle notificazioni
Quando la notifica degli anni è diventata digitale
Nel corso degli anni la legge del 1994 ha subito varie modifiche volte a garantire e perseguire il principio della liberalizzazione e dell’agevolazione, fino a quando, con la legge 183 del 2011 è stata introdotta la facoltà dell’avvocato di notificare gli atti a mezzo di una “semplice” PEC, senza alcuna autorizzazione del Consiglio dell’Ordine. Per l’attività professionale l’agevolazione è stata importante, ed è stata potenziata quando il legislatore nel 2012 ha introdotto nell’ordinamento il potere all’avvocato di estrarre copie e duplicati informatici degli atti processuali attestandone anche la conformità: questa ulteriore innovazione ha consentito all’avvocato “moderno” di organizzare e esercitare al meglio la professione da qualsiasi luogo, mantenendo la qualità professionale richiesta con l’osservanza delle prescrizioni processuali in tema di notifiche degli atti.
La notifica via PEC
Qualora intendesse utilizzare la notifica a mezzo di P.E.C., l’avvocato dovrà innanzitutto preparare un documento informatico, ovvero un file con estensione .pdf contente l’atto oggetto di notifica: l’atto potrà essere di origine informatica, (un atto di citazione, un ricorso, un provvedimento telematico dell’autorità giudiziaria), oppure di origine analogica, ovvero cartacea, in tal caso il documento dovrà essere digitalizzato mediante un’operazione di scansionamento. Il file dovrà poi essere firmato digitalmente (al fine di garantire l’autenticità dell’originale)e allegato al messaggio di posta.
Unitamente all’atto da notificare, l’avvocato dovrà allegare un altro documento informatico (sempre con estensione .pdf) contente la relata di notifica, il cui contenuto è indicato minuziosamente dall’art. 3bis, comma 5, della legge 53/1994. Anch’esso dovrà essere completo di firma digitale.
In particolare la relata dovrà contenere oltre al nome, cognome ed il codice fiscale dell’avvocato notificante e della parte che ha conferito la procura alle liti, anche i dati anagrafici del destinatario, l’indirizzo di posta elettronica certificata e l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto.
Per le notificazioni effettuate in corso di procedimento la legge impone anche l’indicazione dell’ufficio giudiziario, della sezione, del numero e anno di ruolo. Qualora l’atto da notificare sia costituito da un documento estratto dal fascicolo telematico, la relata dovrà contenere l’attestazione di conformità e una sintetica descrizione del documento di cui si sta attestando la conformità, nonché il relativo nome del file.
Per completezza è opportuno ricordare quali siano i pubblici elenchi ai fini della notificazione degli atti giudiziari:
- INI-Pec (artt. 6 BIS, 6 QUATER E 62 d.lgs. 82/05);
- elenco delle P.A. tenuto dal Ministero Giustizia (art. 16, 12° co. d.l. 179/12);
- indirizzo pubblicato sul registro imprese, per le società, e nell’albo degli ordini e collegi, per i professionisti (art. 16, 6 co. d.l 185/08);
- Registro Generale degli INDirizzi Elettronici gestito dal Ministero della Giustizia.
Firme digitali a confronto: PAdES e CAdES
In giurisprudenza si è posto il problema delle modalità di apposizione della firma telematica agli atti oggetto di notificazione, ovvero se l’apposizione della cosiddetta firma PAdES avesse la stessa validità della firma CAdES, considerato che solo la firma in formato CAdES sembrava offrire le garanzie di autenticità.
L’essenziale differenza tra le due firme consiste nella creazione di un file con estensione .p7m, per la modalità CAdES, e di un file con estensione .pdf, per quella PAdES. Mentre il formato del primo file presenta lo svantaggio di non consentire la visualizzazione del documento oggetto della sottoscrizione in modo agevole, essendo necessario utilizzare un’applicazione specifica, il formato del secondo file, invece, è leggibile con i comuni reader disponibili per questo formato.
A risolvere la questione sono, di recente, intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 10266 del 27 aprile 2018, che hanno escluso che le disposizioni tecniche vigenti, sia a livello nazionale sia a livello europea “comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES. Nè sono ravvisabili elementi obiettivi, in dottrina e prassi, per poter ritenere che solo la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità”. Conseguentemente, oggi, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES sono entrambe ammesse e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci nel processo civile senza eccezione alcuna.
Valore legale della firma digitale, le norme e tutti i chiarimenti
Una volta preparati i sopraddetti files (atto e relata di notifica) e allegati al messaggio di posta elettronica certificata, l’avvocato è pronto per eseguire la notifica con due ultime accortezze: l’oggetto del messaggio deve contenere la dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994” e gli indirizzi pec del mittente e del destinatario devono risultare dai pubblici registri1, onde evitare di incorrere nel rischio di una nullità o addirittura inefficacia della notifica con le conseguenze che potrebbero derivare.
Errori e sanzioni
Non vi è dubbio che la notifica telematica imponga all’avvocato il superamento di alcune difficoltà pratiche dettate in particolare dalla peculiarità degli aspetti tecnici. Tuttavia non va dimenticato che la notifica, ancorché telematica, rimane lo strumento primario attraverso il quale si attua la regola del contraddittorio, principio cardine del processo civile.
Ed è proprio a tutela di detto principio che la normativa della legge 53/1994 è particolarmente rigorosa sanzionando con la nullità l’inosservanza delle sue disposizioni. Alcune delle problematiche che negli anni la giurisprudenza si è trovata ad affrontare riguardano soprattutto l’esistenza di errori formali (p.e. non corretta indicazione dell’oggetto, assenza di attestazione o di firma digitale) o l’assenza di limiti temporali delle notifiche telematiche.
In quest’ultimo caso il legislatore è intervenuto e ha previsto, conformemente all’articolo 147 codice di procedura civile, che la notifica eseguita dopo le ore 21, si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo, mentre per le altre problematiche è intervenuta una complessa e variegata elaborazione giurisprudenziale, che ha portato, talvolta, all’enunciazione di importanti principi di diritto da parte delle Sezioni Unite della Suprema Corte.
Gli errori formali non comportano la nullità
Occorre al riguardo ricordare la sentenza 7665/2016 secondo cui il principio in base al quale la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato (articolo 156 del codice di rito) vale anche per le notificazioni. Quindi la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario.
La Corte ha, inoltre, precisato un importante aspetto, volto a svincolare il PCT, processo civile telematico, e le notifiche telematiche da formalismi fini a se stessi, che, in quanto tali, impediscono al “nuovo” processo di realizzare la funzione per la tutela sostanziale dei diritti, in ossequio all’art. 111 della Costituzione: nella formulazione dell’eccezione con cui si lamenti un vizio procedimentale, la Corte ritiene che debbano essere indicate le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale. In difetto l’eccezione dovrà ritenersi inammissibile.
Pertanto, nella risoluzione delle problematiche telematiche è opportuno che gli operatori del diritto debbano offrire un’esegesi costituzionalmente orientata dell’art. 11 della legge 53/994 che, se interpretato sulla base del suo tenore letterale, costringerebbe a ricondurre alla categoria della nullità ogni minima deviazione dallo schema legale, con conseguente inoperatività di un importante strumento innovativo per la funzionalità del processo.