Il nuovo Codice appalti, in vigore dal primo aprile 2023, è da tempo al centro del dibattito. In molti affermavano che non ce ne fosse bisogno e manifestavano il timore che ci si fermasse a consolidare in un testo permanente la normativa temporanea nata nel periodo emergenziale e a rimescolare gli articoli costringendo tutti ad adeguare bandi, regolamenti e contratti. Ma non è andata così. Vediamo perché.
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Nuovo Codice appalti, come cambia la responsabilità amministrativa
Sono stati introdotti nuovi principi, teoricamente non necessari, ma nella specifica realtà italiana utili per sovvertire un atteggiamento di sospetto e di timore non voluta dal precedente Codice ma ormai di fatto radicata in persone, atti e giurisprudenza. Infatti in molti consideravano vietata ogni operazione non espressamente prevista dal Codice rallentando l’azione amministrativa e scoraggiando l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici. Adesso il Codice afferma il “principio della fiducia” reciproca nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici.
E poiché non c’è norma perfetta senza sanzione, il Codice lo fa in modo concreto affermando che “per la responsabilità amministrativa costituisce colpa grave esclusivamente la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa” e precisando che “non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione che sia stata determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti”. Ciò significa che fino a che non esegue una azione espressamente vietata, la Pubblica Amministrazione non sbaglia.
Il principio della fiducia
Il principio della fiducia è uno strumento finalizzato al principio del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. Anche in questo caso, l’affermazione del principio potrebbe sembrare banale ai non addetti ai lavori, ma chiarisce che il fine dell’azione amministrativa non è applicare semplicemente le regole ma conseguire un risultato in termini di rapidità delle procedure, prestazioni tecniche ed economiche, rispetto della concorrenza e ovviamente legittimità. Sicuramente ne avvertivamo il bisogno, perché il rischio che le regole siano fini a sé stesse quando sono molto complesse è molto elevato.
Alla luce del suddetto principio della fiducia, che si accompagna ai principi fondanti del risultato (procedure di acquisto che massimizzino la tempestività e il rapporto qualità/prezzo) e dell’accesso al mercato, dovranno quindi risolversi tutte le questioni interpretative nate a seguito della lettura del codice. Si auspica pertanto un minor intervento della giustizia amministrativa, laddove non sussisterà più la necessità di interpretare ma solo di attuare, nei limiti dei principi, ciò che non è disciplinato dal Codice e pertanto consentito.
La copertura assicurativa del personale
E perché i principi non restino mere parole, il Codice indica agli Enti di dotare il personale di copertura assicurativa per i rischi, di valorizzare le capacità professionali dei dipendenti ed attuare programmi di formazione. Dopo aver visto per un decennio tagli al budget per costi della formazione e dipendenti pubblici che pagavano di tasca propria la partecipazione ai corsi di formazione, questo è un segnale decisamente positivo e in controtendenza.
E-procurement, l’obiettivo: processi più semplici
La semplificazione delle procedure di e-procurement è obiettivo di Governo sin dai primi anni 2000, ma non sempre ad una semplificazione della norma corrisponde una semplificazione delle procedure. Si potrebbe affermare che siano due variabili indipendenti, o meglio che una semplificazione delle procedure può richiedere una semplificazione delle norme ma una semplificazione delle norme non sempre provoca una semplificazione delle procedure. Un matematico direbbe che la semplificazione delle norme è condizione spesso necessaria ma non sufficiente per semplificare le procedure. Se la semplificazione delle norme non è ben fatta, le procedure potrebbero complicarsi. Ma partiamo dal concetto di semplificazione della norma che dal Legislatore è stata intesa come riduzione della quantità di regole per lasciare più discrezionalità agli Enti e rendere più chiare le regole.
La riduzione delle regole porta semplificazione perché riconduce tutta l’azione a un numero minimo di casistiche disciplinate da regole. Una semplificazione delle regole finalizzata a rendere più semplice il Codice sicuramente è apprezzabile da qualcuno, ma non dimentichiamo che il Codice si rivolge ad una popolazione di circa 500.000 persone di cui 50% imprese e 50% enti pubblici che già conosce bene il previgente Codice ed è soggetta a bassissimo avvicendamento, di conseguenza una semplificazione fine a sé stessa nel complesso di costi e benefici sembra più dannosa che vantaggiosa poiché costringe tutti a studiare facilitando solo i pochissimi che eventualmente leggono il codice la prima volta. Quindi la semplificazione delle procedure, che è il vero obiettivo, passa attraverso una semplificazione delle regole attraverso due estremi rispettivamente positivo e negativo.
- Una semplificazione delle regole che contestualmente standardizza le procedure e i comportamenti lasciando la discrezionalità gestibile con l’esperienza e la professionalità dell’esperto di procurement (e non dell’esperto di diritto amministrativo) sarebbe cosa perfetta. Esempi di prassi da rimettere alla competenza dell’esperto di procurement sono i criteri di valutazione, criteri di selezione, criteri di valutazione della congruità economica, ecc.
- Una semplificazione delle regole che lascia troppa discrezionalità comporta il rischio che Enti distinti adottino prassi e regolamenti differenti e inizino a bandire gare secondo discipline differenti a ancorché parimenti efficaci e legittime. Una tale semplificazione ridurrebbe l’efficienza delle procedure poiché costringerebbe Enti a definire regolamenti e prassi autonome e differenti limitando il riuso dell’esperienza, costringerebbe il Mercato ad affrontare lex specialis differenti nel partecipare a gare di Enti distinti, darebbe alla Giurisprudenza o ai soggetti legittimati a emettere pareri il potere di orientare i comportamenti degli Enti, cosa accaduta in passato e non voluta dal nuovo Codice che vuole essere “auto-esecutivo” ossia non dipendente da regolamenti attuativi né da linee guida.
In altre parole, si rischia una Babele.
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Mercato elettronico, strumenti di acquisto e di negoziazione
Nel semplificare la quantità di articoli, nel Codice non troviamo la definizione di “mercato elettronico”, che talvolta citato come strumento, ma mai viene definito. Lasciare la discrezionalità agli Enti di definire che cosa è un mercato elettronico senza precisare che sia sotto soglia comunitaria assimilandolo ad una piattaforma telematica è un passo così audace da portarci a credere che si tratti di una dimenticanza che di una scelta, ma non di poco conto. Infatti le decine di norme di finanza pubblica che distinguono mercato elettronico, sistema dinamico di acquisizione, accordo quadro, asta elettronica, sistema telematico di negoziazione non possono far ritenere che il mercato elettronico possa essere assimilabile ad alcuno degli altri strumenti. Quindi il mercato elettronico è qualcosa di diverso dagli altri strumenti ma non se ne rinviene la definizione per la quale riesumeremo, ancorché abrogato, l’art. 3 del previgente Codice poiché vigente al momento di prima vigenza delle norme di finanza pubblica. Altrimenti dovremmo concludere che non vi sia più obbligo di utilizzo di alcun mercato elettronico o che, peggio, siamo liberi di decidere discrezionalmente che cosa sia un mercato elettronico.
Identico discorso per gli strumenti di acquisto e gli strumenti di negoziazione, richiamati da decine di norme di finanza pubblica che stabiliscono il perimetro degli obblighi di utilizzo degli strumenti delle centrali di committenza. O spariscono gli obblighi, o decidiamo noi che cosa siano tali strumenti, o riesumiamo l’art. 3 del previgente Codice. È semplificazione questa? Ditelo voi…
Il principio di rotazione
Il criterio per applicare il principio di rotazione è stato semplificato portando alla esclusione del solo affidatario del precedente appalto senza che sia necessario escludere dal successivo affidamento coloro che sono stati invitati alla precedente procedura. Ovviamente si parla di rotazione solo quando l’Ente invita una quantità di Operatori Economici inferiore a quelli che hanno manifestato l’interesse verso la procedura negoziata, quindi in procedure aperte o ove tutti possono partecipare non si deve applicare il principio di rotazione.
Era importante precisarlo perché non era stato scritto nel previgente codice e tale indicazione era stata affidata a Linee Guida ANAC e Giurisprudenza. Il Codice è sintetico, chiaro e completo, senza inutili spiegazioni verbose che rischiano di essere mal interpretate: questo è un esempio di semplificazione delle procedure e delle regole. Unica stonatura è trovare scritto nel Codice, esattamente come nelle Linee Guida ANAC, che la rotazione si applica a una commessa rientrante nello stesso “settore merceologico” mentre avremmo preferito trovare scritto “categoria merceologica” che, come Consip insegna, definisce un perimetro merceologico più ristretto rispetto al “settore merceologico”, altrimenti una Impresa affidataria in una procedura per la fornitura di un PC sarà esclusa da una successiva per la fornitura di software o di server.
Il subappalto
Nel recepire i rilievi della Corte di Giustizia e dalla Commissione UE, non si poteva fare altro che consentire il subappalto fino a che non si arrivi alla cessione del contratto e il subappalto a cascata, consentendo tuttavia ai funzionari pubblici di limitare tali possibilità, proprio in ossequio ai principi di fiducia e risultato. Del resto le limitazioni al subappalto in Italia nascono come contromisure per contrastare le infiltrazioni mafiose negli appalti, per questo l’opinione pubblica superficialmente associa ancora oggi il subappalto a prestazioni scadenti, condizioni di lavoro illecite se non anche la presenza di criminalità.
Ormai vi sono altre contromisure maggiormente efficaci per contrastare infiltrazioni criminali ma che al contempo non limitano le forme di partecipazione agli appalti pubblici da parte delle Imprese che agiscono nella legalità e nel rispetto degli impegni assunti con la Pubblica Amministrazione. Naturalmente la prescrizione conferma l’assenza dei quantitativi massimi appaltabili nonché l’assenza di obbligo di indicazione delle terna dei sub-appaltatori a carico del Concorrente.
L’esclusione automatica (del risparmio)
Il Codice conferma l’obbligo voluto dalla normativa transitoria emergenziale di disporre nelle gare al prezzo più basso l’esclusione automatica delle offerte che risultano anomale, seppur limitatamente ai lavori e servizi ove si ritiene che le verifiche sulle offerte anomale possano essere più onerose. Per i meno addetti ai lavori, precisiamo che secondo il Codice una offerta è anomala quando ha un valore economico che si discosta dalle restanti, pertanto una offerta anomala non è necessariamente non congrua, sotto costo nè costituisce un azzardo da parte dell’operatore economico. Si tratta solo dell’offerta che risulta più economica delle altre, che sarebbe stato meglio definire “diversa” anziché anomala, perché questo è il vero significato del termine. Per risparmiare il tempo speso nel valutare le giustificazioni addotte dall’operatore economico per decidere se escludere l’offerta in quanto eventualmente non congrua economicamente, si decide a priori di escludere le offerte più economiche.
E lo si fa nelle gare al prezzo dove la qualità è imposta e garantita dai requisiti del bando e quindi non scende se il prezzo scende con il prezzo come invece accade nelle gare aggiudicate al rapporto qualità prezzo dove si valuta sia il prezzo sia la qualità. Le verifiche sulla congruità dell’offerta infatti vertono non sulla qualità dei lavori o servizi ma, come spiegato dallo stesso Codice all’art. 110, sui costi dei processi produttivi del concorrente ed hanno il fine di verificare la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta e che dunque il concorrente non stia commettendo un azzardo o non stia pagando i collaboratori meno dei minimi di legge. Abbiamo visto numerose gare dove le uniche offerte competitive erano quelle anomale.
Si può dimostrare che questa norma provoca un aumento dei costi, ma il Legislatore lo sa da tempo. Anziché imporre di risparmiare tempo ed escludere le offerte più economiche a priori senza alcuna verifica, sarebbe stato opportuno, proprio in ossequio ai nuovi principi di fiducia e risultato, lasciare liberi i funzionari pubblici di decidere se disporre o no l’esclusione automatica.
Il nuovo RUP
Il nuovo Codice, con lo stesso acronimo RUP, definisce la nuova figura del Responsabile unico del Progetto, elevandone la responsabilità dal singolo Procedimento alla totalità delle fasi finalizzate alla implementazione di un Progetto, quindi anche più Procedimenti che rientrano in un medesimo Progetto. Si tratta di un unico Responsabile per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione per ciascuna procedura disciplinata dal Codice.
Il Codice in modo pragmatico, e nel rispetto delle specifiche competenze personali, consente al RUP di nominare dei collaboratori (i.e. responsabili di fase) per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un collaboratore per la fase di affidamento. Resta fermo il compito in carico al RUP di supervisione, indirizzo e coordinamento. Il Codice consente altresì agli Enti di istituire una struttura di supporto al RUP e di spendere fino all’1% dell’importo posto a base di gara per l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo.