Il nuovo codice della crisi sposa una nuova impostazione rispetto alla previgente legge fallimentare, ponendo la continuità e la prevenzione ancora più al centro e connettendola ad ogni aspetto del modello di business aziendale.
L’obiettivo che il legislatore intende perseguire è quello di evitare, mediante l’istituzione di sistemi di controllo preventivi, la perdita di posti di valoro e del valore costituito dalle aziende preservando il sistema economico nazionale. In tale contesto, diventa dunque essenziale per l’imprenditore dotarsi di sistemi informatici e informativi perfettamente integrati fra loro, che gli consentano di effettuare un’estrazione immediata e tempestiva di tutti – o quasi – i dati che si rendano necessari per la verifica costante del superamento degli indici di crisi individuati dal legislatore e per la pianificazione di strategie industriali coerenti con il modello di business prescelto.
Cosa dice il nuovo codice della crisi
Ai sensi del riformato art. 2086 c.c., per come riformato dall’art. 375 del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, si prevede l’obbligo, in capo all’imprenditore, di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa” che consenta allo stesso di rilevare per tempo possibili segnali di squilibrio e garantire, in tal modo, la continuità aziendale.
L’obbligo di monitorare gli assetti e di renderli “adeguati” alle specifiche caratteristiche dell’azienda e al mercato in cui la stessa opera è di assoluto rilievo, sostanziandosi in concreto nell’istituzione di un sistema di controllo interno che riguardi non solamente gli indici di bilancio e i meri aspetti contabili, ma anche tutti quegli aspetti gestionali e di sostenibilità che si pongono alla base della crescita sana di ogni azienda, e che per tale motivo sono stati fatti propri anche da importanti linee guida di settore, prime fra tutte le Linee Guida EBA sulla valutazione del merito creditizio.
Nuovo codice della crisi, le indicazioni pratiche
Una prima indicazione di quali siano gli aspetti maggiormente rilevanti da monitorare viene fornita direttamente dall’art. 3 del Codice della crisi, il quale prevede che gli “adeguati assetti” debbano consentire all’imprenditore di svolgere almeno le seguenti attività:
- Rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, sulla base delle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale;
- Verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi;
- Rilevare il superamento degli indici di cui al comma 4 del Codice, consistenti nell’esistenza di debiti verso determinate categorie di creditori superiori alle soglie di scadenza e di importo previste dal medesimo comma;
- Ricavare le informazioni necessarie a utilizzare le lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’art. 13 co. 2.
Più nel dettaglio, i sistemi informativi aziendali dovranno essere in grado di rilevare il superamento delle seguenti soglie di rischio:
- debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
- debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
- esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purchè rappresentino almeno il 5% del totale delle esposizioni;
- l’esistenza delle esposizioni debitorie nei confronti dei creditori pubblici qualificati superiori alle soglie previste al successivo art. 25-novies co. 1.
Il legislatore, dunque, non solo individua quali siano gli adempimenti minimi per garantire l’adeguatezza degli assetti societari, ma indica altresì una serie di segnali – sia quantitativi che qualitativi – dai quali poter desumere l’insorgenza di possibili situazioni di crisi, ancorché assolutamente preliminari.
È d’uopo rilevare, tuttavia, come l’adozione di adeguati assetti e l’implementazione di idonei strumenti informativi sia necessaria sia per la tempestiva risoluzione della crisi che per il potenziamento delle capacità produttive e organizzative dell’azienda, e l’analisi della sua redditività. Sebbene sia dato rilievo principalmente ai valori di bilancio, dunque, il codice della crisi mira a porre l’imprenditore in una posizione di centralità rispetto a tutti gli aspetti essenziali del suo modello di business, affinché possa avere gli strumenti per rilevare se occorra apporre delle modifiche a detto modello di business e all’organizzazione aziendale ancor prima che ciò si traduca in uno squilibrio economico, finanziario o patrimoniale.
Le interpretazioni giurisprudenziali
Un’ulteriore interpretazione del concetto di adeguatezza degli assetti viene reso dalla giurisprudenza di merito, che ha individuato una serie di parametri di dettaglio.
Il Tribunale di Roma, in particolare, con sentenza del 24 settembre 2020, ha evidenziato come in capo all’organo amministrativo debba ricondursi l’obbligo di gestire le risorse del circolante netto in modo efficiente e di monitorare l’andamento dell’impresa sul mercato, al fine di strutturare correttamente il piano industriale, e abbattere i costi produttivi, o riorganizzare rami d’azienda rilevatisi meno efficienti di altri.
Allo stesso modo, il Tribunale di Cagliari, con decreto del 19 gennaio 2022, censurava l’azione dell’organo amministrativo, rilevandone la sostanziale inerzia nella gestione e l’assenza di una “misura contabile finalizzata a rilevare le posizioni delle controparti contrattuali, monitorarne la solvibilità ed approntare adeguate misure per conservare e tutelare i crediti”. Da un’indagine più approfondita, poi, emergeva, nel caso analizzato dal Tribunale di Cagliari, come la mala gestio finanziaria fosse conseguenza dell’assenza di assetti adeguati sia contabili, che organizzativi e gestionali.
Più nel dettaglio, si riconducevano:
- all’assetto organizzativo, il mancato aggiornamento dell’organigramma (così come la carenza degli elementi essenziali del medesimo), l’assenza di un mansionario, l’assenza di un sistema di gestione e monitoraggio dei principali rischi aziendali (conformemente all’impostazione tradizionale delle normative basate sulla compliance e sulla prevenzione del rischio) e l’inadeguata progettazione della struttura organizzativa, con conseguente “polarizzazione in capo a una o poche risorse umane di informazioni vitali per l’ordinaria gestione dell’impresa”;
- all’assetto amministrativo l’assenza di strumenti di reporting di qualsiasi tipologia, così come la mancata redazione di documenti essenziali per qualsiasi impresa, anche in bonis, come il budget di tesoreria, strumenti di natura previsionale, situazioni finanziarie giornaliere, o piani industriali;
- all’assetto contabile, l’assenza di procedure formalizzate di gestione e monitoraggio dei crediti da incassare, la mancata redazione del rendiconto finanziario, lo svolgimento di analisi di bilancio “unicamente finalizzata alla redazione della relazione sulla gestione”, oltre a carenze della contabilità generale che non consentono all’azienda di rendere un’informativa completa ai sindaci e rispettare i termini previsti per la formazione del progetto di bilancio.
Come è possibile evincere dal contenuto dei provvedimenti descritti, gli adeguati assetti, dunque, l’adeguatezza degli assetti non riguarda meramente il rispetto dei parametri di cui all’art. 3 CCII, ma assume connotati ben più complessi, andando a coprire l’interezza dei processi e degli strumenti in uso all’azienda, soprattutto con riferimento agli strumenti informatici che consentano di estrarre reportistica aggiornata sull’andamento economico, finanziario e patrimoniale.
La lista di controllo particolareggiata
Quanto evidenziato dalla giurisprudenza di merito viene riconfermato anche all’interno della lista di controllo particolareggiata contenuta nel decreto ministeriale del 28 settembre 2021, volto a rendere all’imprenditore ed ai professionisti del settore le dovute indicazioni circa la redazione di un piano di risanamento volto a preservare la continuità aziendale.
Sebbene il decreto ministeriale faccia espresso riferimento all’istituto della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, disciplinato dagli artt. 12 e ss. del CCII, esso contiene ulteriori indicazioni per la corretta interpretazione del disposto di cui all’art. 2086 c.c.
Al fine di garantire la coerenza del piano di risanamento col modello di business, infatti, si richiede all’imprenditore e al professionista di analizzare se l’impresa disponga delle risorse umane, delle competenze tecniche e degli strumenti necessari non solo a condurre l’attività, ma anche ad attuare un “monitoraggio continuativo dell’andamento aziendale” o quantomeno ad effettuare un “confronto con i dati di andamento del precedente esercizio, in termini di ricavi, portafogli ordini, costi e posizione finanziaria netta”. Sotto il profilo organizzativo, si rende necessario inoltre dotarsi di strumenti che pongano l’impresa nella posizione di stimare l’andamento gestionale anche mediante una serie di “indicatori chiave gestionali (KPI)”, da definirsi sulla base dello specifico modello di business, che consentano valutazioni rapide dell’andamento tendenziale, e di redigere un piano di tesoreria a 6 mesi, o “un prospetto delle stime delle entrate e delle uscite finanziarie almeno a 13 settimane, il cui scostamento con l’andamento corrente dovrà essere valutato a consuntivo”.
Adeguate dovranno essere anche le rilevazioni circa la situazione debitoria, l’anzianità dei crediti commerciali e le cause del ritardo nell’incasso, le rimanenze di magazzino e i documenti pubblici (Centrale Rischi di Banca d’Italia, certificati dei debiti tributari, contributivi e per premi assicurativi, estratti di ruolo dell’Agente della Riscossione).
La rilevazione e l’analisi dei descritti elementi (da ritenersi non esaustivi, ma da perimetrare alle peculiari caratteristiche dell’azienda) consentirà all’imprenditore di avere il pieno controllo della propria azienda e di pianificare strategie di medio-lungo periodo in modo coerente e ragionato, evitando che criticità del modello di business possano acuirsi fino a compromettere la continuità aziendale e la capacità dell’impresa di creare valore.
Conclusioni
Le riforme attuate dal legislatore sull’impianto normativo previgente, sono da accogliersi favorevolmente nel panorama imprenditoriale nazionale, ponendo sempre maggiore attenzione alla fase di prevenzione della crisi e di controllo prospettico, in luogo della fase di mera risoluzione della crisi.
Spesso, infatti, le cause della crisi sono da rinvenirsi nel mancato possesso delle informazioni essenziali per la pianificazione delle strategie aziendali e della crescita, o in inefficienze del modello di business o di rami d’azienda che, ove rilevate tempestivamente, possono consentire all’azienda di preservare la sua capacità produttiva e, addirittura, di accrescere le proprie potenzialità, con tutela non solo per l’impresa medesima, ma anche di tutto il sistema economico e imprenditoriale nazionale che si fonda su quella produttività.