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Obbligo fattura elettronica forfettari, cosa cambia dal primo gennaio 2024



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L’obbligo di fatturazione elettronica è stato esteso anche ai contribuenti in regime forfettario, che prima potevano scegliere se aderire all’e-fattura: vediamo cosa bisogna fare per adeguarsi

Pubblicato il 28 dic 2023

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista



fattura scontrini pos

Alcune tipologie di contribuenti, tra cui i forfettari, avevano goduto di esoneri riguardo gli obblighi introdotti dal Decreto Legislativo 127/2015 in relazione alla emissione della fattura elettronica: dal 2024 l’obbligo di fatturazione elettronica si estende anche a questa categoria. Vediamo cosa cambia.

Le novità da primo gennaio 2024

Le disposizioni che hanno introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica avevano originariamente dispensato dalla emissione alcune categorie di contribuenti:

  • I soggetti al “regime di vantaggio” di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
  • I soggetti che applicano il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190
  • i soggetti passivi che avevano esercitato l’opzione di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e che nel periodo d’imposta precedente avevano conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000[1].

Il comma 3, dell’art. 18 del D.L. n. 36 del 30/04/2022 aveva previsto che i predetti esoneri

  • a partire dal 1° luglio 2022 permanessero solo per i soggetti che nell’anno precedente avessero conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 25.000;
  • cessassero partire dal 1° gennaio 2024.

In conseguenza di ciò, dal primo gennaio 2024 il comma 2 del decreto legislativo 127/2015, e i conseguenti esoneri ivi disposti, saranno definitivamente abrogati e la fattura elettronica sarà un obbligo per tutti i soggetti titolari di partita IVA.

Gli “esoneri” ancora in vigore

Restano ovviamente in vigore gli esoneri “soggettivi”, ossia quelli previsti da specifiche disposizioni normative, quale ad esempio:

  • l’esonero dal versamento dell’imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili ai sensi dell’articolo 34 DPR 633/1972 per i produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli ed ittici;
  • l’esonero dagli obblighi di documentali e contabili ai sensi dell’articolo 34-ter DPR 633/1972 per i “raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi” o di “piante officinali spontanee” con volume d’affari non superiore a 7.000 €;
  • la dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione relativamente alle operazioni esenti da imposta ai sensi dell’art. 10 dall’articolo 36-bis del DPR 633/1972[2] in favore dei contribuenti che ne abbiano data preventiva comunicazione all’ufficio;
  • l’esonero dall’obbligo di fatturazione (tranne che per le prestazioni di sponsorizzazione, per le cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica e per le prestazioni pubblicitarie) in favore dei contribuenti che esercitano attività di intrattenimenti, giochi e le altre attività di cui alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640.

Obbligo di conservazione delle fatture elettroniche

A carico dei soggetti dispensati o esonerati permane comunque l’obbligo di numerazione e conservazione delle fatture, ricevute ed eventualmente emesse, anche per loro conto. In particolare, mentre prima della estensione dell’obbligo di emissione della fattura elettronica i soggetti forfettari erano stati considerati esonerati dagli obblighi di conservazione delle fatture elettroniche ricevute[3] per coerenza con l’inesistenza dell’obbligo di emissione della fattura elettronica, ritengo che col mutamento dello scenario normativo le precedenti interpretazioni non potranno essere confermate, per cui anche i soggetti forfettari saranno obbligati all’obbligo di conservazione delle fatture elettroniche nel loro formato nativo.

Sarebbe quindi opportuno che i soggetti forfettari quanto meno aderissero al servizio di conservazione delle fatture elettroniche operato dall’Agenzia delle Entrate, sottoscrivendo l’accordo di servizio fruibile alla pagina Web “fatture e corrispettivi”, “fatturazione elettronica e conservazione” “Conservazione”, previo accesso con credenziali rilasciate dall’Agenzia delle Entrate, ovvero tramite SPID o CNS.

Forfettari, attenzione agli accertamenti

Come noto, il regime forfettario si caratterizza per la sostanziale inutilità della richiesta delle fatture di acquisto, considerato che l’IVA non sarebbe detraibile, non c’è alcun obbligo di tenuta registri, liquidazione e dichiarazione IVA, e che i costi non sono deducibili ai fini fiscali.

Tuttavia occorre considerare che i soggetti forfettari – pur non essendo soggetti agli ISA – Indici Sintetici di affidabilità – sono comunque soggetti alle norme ordinarie sull’accertamento. In tale ottica, è importante comprendere se un soggetto forfettario sia obbligato o meno a richiedere la fattura per le operazioni effettuate nell’esercizio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Gli esercenti attività d’impresa, sia in forma individuale che collettiva/societaria, che esercitano attività al minuto, possono certificare le operazioni effettuate mediante annotazione dei cosiddetti “corrispettivi”, ai sensi dell’articolo 22 del DPR 633/1972. A norma dell’ultimo comma dell’articolo 22, “Gli imprenditori che acquistano beni che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa da commercianti al minuto ai quali è consentita l’emissione della fattura sono obbligati a richiederla”. Gli esercenti attività d’impresa diversi dai commercianti al minuto e gli esercenti arti e professioni sono obbligati ad emettere fattura.

Quindi in linea di principio si può dire che un soggetto forfettario, salvo che acquisti beni diversi da quelli oggetto della sua attività presso commercianti al minuto, sarà sempre obbligato a chiedere la fattura. per effetto di ciò l’Agenzia delle Entrate, tramite il sistema di interscambio, avrà un quadro comunque completo degli acquisti che saranno posti in essere dal contribuente forfettario. Non è quindi escluso che questi dati potrebbero essere utilizzati in sede di controllo e di accertamento, qualora, per esempio, un contribuente effettuasse acquisti di entità non congrua (per eccesso) rispetto ai ricavi dichiarati.

La morsa si stringe considerando che ai sensi dell’art.32 del DPR 600/1973 e dell’articolo 51 del DPR 633/1972, i contribuenti (anche i soggetti forfettari, non obbligati alla tenuta di alcuna contabilità), potrebbero essere chiamati dalla Amministrazione Finanziaria a dover giustificare i movimenti dei conti bancari di cui sono intestatari, cointestatari o delegati.

In particolare,

  • le norme in materia di imposte sui redditi prevedono che i versamenti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni i prelevamenti (o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili) sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili(*);
  • le norme in materia di IVA prevedono che i versamenti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili.

Ecco quindi che un contribuente forfettario che avesse acquistato beni o servizi da commercianti al minuto, non avesse chiesto la fattura ed avesse pagato con mezzi tracciabili[4], potrebbe comunque subire una ricostruzione della sua attività e dei sui ricavi. Alla luce della particolare convenienza del regime e della soglia massima di ricavi, attualmente fissata a 85.000 euro annui[5], al fine di evitarne il superamento, i contribuenti, potrebbero avere interesse ad occultare ricavi; in questa ipotesi, le conseguenze potrebbero essere devastanti soprattutto qualora si superasse la soglia di tolleranza degli ulteriore 15.000 euro.

In definitiva ritengo sia sempre consigliabile tenere conti correnti separati tra attività rilevanti ai fini IVA e sfera privata e tenere comunque traccia e documentazione relativamente alle operazioni transitate sui conti bancari.

Il commento

Probabilmente l’adempimento era stato – a mio avviso ingiustamente – ritenuto invasivo ed impegnativo per i soggetti di piccole dimensioni, ma la disomogeneità rispetto alle formalità ordinariamente a carico dei soggetti di maggiori dimensioni ha generato disagi certamente maggiori dei presunti problemi che il legislatore aveva pensato di risolvere con l’esonero. Tale presa di coscienza (postuma) ha indotto molti soggetti ad aderire spontaneamente alla fatturazione elettronica pur non avendone l’obbligo.

La generalizzazione dell’obbligo colma anche il vuoto connesso al censimento delle operazioni rilevanti ai fini IVA, considerato che le fatture analogiche non transitavano dal Sistema di Interscambio. Ma a mio modesto avviso semplifica anche la gestione amministrativa delle imprese “maggiori” che finalmente potranno avere procedure standardizzate nella organizzazione del ciclo passivo e nella conservazione dei documenti fiscali connessi. Il tutto con un modesto aggravio a carico di coloro che sino ad oggi sono stati esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica.

Ritengo si possa salutare con favore la generalizzazione dell’obbligo di fatturazione elettronica, con l’auspicio che

  • ciò si traduca in un vantaggio per gli operatori economici tutti e in una maggiore possibilità di controllo per l’Amministrazione Finanziaria;
  • l’Amministrazione Finanziaria faccia un buon uso dei dati in suo possesso ed utilizzi le eventuali “non congruità” come mero “indizio” per l’avvio di una attività accertativa e non tout court come presupposto per la emissione di accertamenti automatizzati.

Note

(*)L’articolo 7-quater, comma 1, del D.L. 193/2016, oltre a introdurre per gli imprenditori, le predette soglie di movimentazioni giornaliere su conto corrente e mensili, solo dopo il superamento delle quali opera la presunzione in esame, eliminò la parola “compensi” dall’art. 32 comma 1 n. 2) del Dpr 600/1973 e riconoscendo l’inapplicabilità ai professionisti della presunzione di evasione sui prelievi bancari non giustificati all’amministrazione finanziaria.


[1] Tali soggetti, se nel periodo d’imposta precedente avevano conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo superiore a euro 65.000, avrebbero dovuto assicurare che la fattura fosse emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d’imposta

[2] Con esclusione di quelle indicate al primo comma, numeri 11), 18) e 19), e al terzo comma dello stesso articolo, fermi restando l’obbligo di fatturazione e registrazione delle altre operazioni eventualmente effettuate, l’obbligo di registrazione degli acquisti e gli altri obblighi stabiliti dal DPR 633/1972, ivi compreso l’obbligo di rilasciare la fattura quando sia richiesta dal cliente.

[3] Circolare n.9/E del 10 aprile 2019: “… in caso di ricezione di fatture elettroniche non sussiste l’obbligo di conservazione digitale delle stesse, anche qualora abbiano volontariamente comunicato ai cedenti/prestatori il loro indirizzo telematico o abbiano provveduto a registrare la PEC o il codice destinatario, abbinandoli univocamente alla loro partita IVA mediante utilizzo del servizio di registrazione offerto dall’Agenzia delle entrate. Resta, in tale evenienza, l’obbligo di conservazione del documento cartaceo”

[4] Carte di debito o credito, bonifico, assegno bancario o circolare

[5] Se si supera la soglia di 85.000€ e non si superano i 100.000€, si rimane comunque per l’anno nel regime forfettario ma nell’anno successivo il regime cessa; superando la soglia dei 100.000€, invece, si esci immediatamente dal regime forfettario si dovrà iniziare ad applicare l’imposta sul valore aggiunto (IVA) a partire dalle fatture successive. Il ritorno al forfettario sarà possibile solo se si rientra nel limite di ricavi di 85.000€ dopo due anni.

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