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Se la PA in smart working blocca l’edilizia: ecco i problemi e come risolverli

La mancanza di formazione e del completamento di un percorso di trasformazione digitale della PA ha reso difficoltoso il ricorso allo smart working durante il lockdown, con problemi per imprese, cantieri e cittadini: vediamo la situazione e quali le priorità da affrontare

Pubblicato il 13 Nov 2020

Gabriele Buia

Presidente ANCE, associazione nazionale costruttori ediili

smartworking

Il lockdown causato dalla pandemia di coronavirus ha inferto un duro colpo al funzionamento di una macchina amministrativa già largamente inefficiente, depotenziata da anni e oppressa da leggi che ne hanno fiaccato e limitato il potere decisionale. Il ricorso allo smart working non ha funzionato appieno: il problema è non aver completato il percorso di trasformazione digitale.

Il nostro è un Paese bloccato che mai come oggi ha bisogno di rimettersi in moto, di creare lavoro, di recuperare competitività. Rendere efficiente la pubblica amministrazione è il più grande investimento che possiamo fare per il nostro futuro. Vediamo i problemi riscontrati e come migliorare la situazione.

Il contesto

Durante il lockdown, la gran parte degli uffici è rimasta chiusa per mesi: scuole, tribunali, anagrafi. In condizioni di estrema emergenza non era facile organizzare il lavoro da remoto. Anzi pressoché impossibile. Ma oggi non possiamo ripetere gli stessi errori. Siamo di fronte a un nuovo aggravarsi della situazione epidemiologica ed è necessario e urgente adeguare gli uffici pubblici a esigenze in rapido cambiamento, soprattutto se si vuole portare lo smart working nella Pa a percentuali molto elevate, con il coinvolgimento di milioni di lavoratori.

E questo perché senza aver completato il processo di digitalizzazione, senza un percorso di formazione adeguato, senza una gestione coordinata e competenze specifiche, questa modalità – come ho già avuto modo di dire chiaramente alla Ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone durante la nostra ultima Assemblea pubblica – rischia di trasformarsi di fatto in un no-working. Con conseguenze disastrose per cittadini e imprese.

I fronti critici in numeri

Tempi dilatati, attese infinite, disagi. Questa è di norma la percezione che si ha del servizio pubblico, fatte salve, naturalmente, le eccellenze che troppo spesso non vengono valorizzate. I numeri sono chiari: secondo uno studio Forum Pa il 40% dei dipendenti pubblici in smart working non ha avuto accesso a tutti i documenti di cui dispone in ufficio. Se questo continuasse ad accadere, con uno smart working massiccio, la situazione sarebbe insostenibile, soprattutto per un settore come il nostro, che è quello che impatta maggiormente con la Pa, sia nel mercato pubblico che in quello privato.

I dati di Ance, permessi e cantieri edili bloccati dalla PA lenta

Alcuni dati a disposizione ci dicono, infatti, che a Roma i permessi di costruire, nei primi 9 mesi del 2020, hanno subito una riduzione del 47%, con una media mensile superiore al 30, a Genova del 25%, ma anche le autorizzazioni minori hanno fatto registrare una flessione significativa. Il problema maggiore è proprio l’accesso agli atti, la difficoltà di rintracciare documenti e visure. Noi possiamo colloquiare da remoto, ma gli addetti della pubblica amministrazione non trovandosi in ufficio non hanno sotto gli occhi le procedure, gli incartamenti, le pratiche necessarie a poter dare anche le più semplici risposte. L’impresa è la prima a soffrire, ma ne derivano difficoltà che pesano anche e soprattutto sulle nostre città in termini di immobilismo e mancato sviluppo.

Ritardi, lungaggini e risposte inevase rischiano di bloccare centinaia di cantieri sia pubblici che privati, oltre ai possibili rischi di rallentamento del procurement della PA, a cominciare da quelli per gli interventi di efficientamento energetico e messa in sicurezza con il super ecobonus 110% che stanno partendo. Le imprese stanno facendo di tutto per tenere aperti i cantieri, nonostante la maggiorazione dei costi e la minor produzione dovuti all’emergenza sanitaria che ancora gravano sulle nostre spalle, e di certo non possono sopportare anche le conseguenze di una pubblica amministrazione non preparata ad affrontare uno smart working intensivo.

Cosa fare per superare gli ostacoli

Per questo è indispensabile adottare soluzioni strutturali. Altrimenti ogni ipotesi di rilancio del Paese resterà lettera morta. Occorre dunque un piano di intervento immediato. Cominciamo con l’introdurre orari di apertura prolungata (8/20), su appuntamento e quindi senza code e assembramenti, ed estendiamo subito il principio del silenzio-assenso a tutte le procedure autorizzative, con controlli ex post. Prendiamo esempio dalla Francia che garantirà comunque l’apertura di tutti gli sportelli pubblici al servizio di cittadini e imprese. E dotiamo tutti gli uffici di un livello di digitalizzazione adeguato e di un piano di formazione e organizzazione del personale, che soffre da tempo anche del blocco del turn over, che preveda la valorizzazione delle professionalità e delle eccellenze che ci sono e vanno salvaguardate.

Abbiamo avuto sei mesi per prepararci, non possiamo e non dobbiamo sbagliare. È chiaro che nessuno ha la bacchetta magica e non può esistere una legge salvifica. Ma bisogna avere il coraggio di compiere scelte forti, forse impopolari, per evitare improvvisazioni e risposte inefficaci: digitalizzazione, termini perentori per le decisioni, taglio radicale dei passaggi e delle sovrapposizioni decisionali, questi i punti da cui partire per modernizzare la nostra Pa.

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