Il lockdown causato dalla pandemia di coronavirus ha inferto un duro colpo al funzionamento di una macchina amministrativa già largamente inefficiente, depotenziata da anni e oppressa da leggi che ne hanno fiaccato e limitato il potere decisionale. Il ricorso allo smart working non ha funzionato appieno: il problema è non aver completato il percorso di trasformazione digitale.
Il nostro è un Paese bloccato che mai come oggi ha bisogno di rimettersi in moto, di creare lavoro, di recuperare competitività. Rendere efficiente la pubblica amministrazione è il più grande investimento che possiamo fare per il nostro futuro. Vediamo i problemi riscontrati e come migliorare la situazione.
Il contesto
Durante il lockdown, la gran parte degli uffici è rimasta chiusa per mesi: scuole, tribunali, anagrafi. In condizioni di estrema emergenza non era facile organizzare il lavoro da remoto. Anzi pressoché impossibile. Ma oggi non possiamo ripetere gli stessi errori. Siamo di fronte a un nuovo aggravarsi della situazione epidemiologica ed è necessario e urgente adeguare gli uffici pubblici a esigenze in rapido cambiamento, soprattutto se si vuole portare lo smart working nella Pa a percentuali molto elevate, con il coinvolgimento di milioni di lavoratori.
E questo perché senza aver completato il processo di digitalizzazione, senza un percorso di formazione adeguato, senza una gestione coordinata e competenze specifiche, questa modalità – come ho già avuto modo di dire chiaramente alla Ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone durante la nostra ultima Assemblea pubblica – rischia di trasformarsi di fatto in un no-working. Con conseguenze disastrose per cittadini e imprese.
I fronti critici in numeri
Tempi dilatati, attese infinite, disagi. Questa è di norma la percezione che si ha del servizio pubblico, fatte salve, naturalmente, le eccellenze che troppo spesso non vengono valorizzate. I numeri sono chiari: secondo uno studio Forum Pa il 40% dei dipendenti pubblici in smart working non ha avuto accesso a tutti i documenti di cui dispone in ufficio. Se questo continuasse ad accadere, con uno smart working massiccio, la situazione sarebbe insostenibile, soprattutto per un settore come il nostro, che è quello che impatta maggiormente con la Pa, sia nel mercato pubblico che in quello privato.
I dati di Ance, permessi e cantieri edili bloccati dalla PA lenta
Alcuni dati a disposizione ci dicono, infatti, che a Roma i permessi di costruire, nei primi 9 mesi del 2020, hanno subito una riduzione del 47%, con una media mensile superiore al 30, a Genova del 25%, ma anche le autorizzazioni minori hanno fatto registrare una flessione significativa. Il problema maggiore è proprio l’accesso agli atti, la difficoltà di rintracciare documenti e visure. Noi possiamo colloquiare da remoto, ma gli addetti della pubblica amministrazione non trovandosi in ufficio non hanno sotto gli occhi le procedure, gli incartamenti, le pratiche necessarie a poter dare anche le più semplici risposte. L’impresa è la prima a soffrire, ma ne derivano difficoltà che pesano anche e soprattutto sulle nostre città in termini di immobilismo e mancato sviluppo.
Ritardi, lungaggini e risposte inevase rischiano di bloccare centinaia di cantieri sia pubblici che privati, oltre ai possibili rischi di rallentamento del procurement della PA, a cominciare da quelli per gli interventi di efficientamento energetico e messa in sicurezza con il super ecobonus 110% che stanno partendo. Le imprese stanno facendo di tutto per tenere aperti i cantieri, nonostante la maggiorazione dei costi e la minor produzione dovuti all’emergenza sanitaria che ancora gravano sulle nostre spalle, e di certo non possono sopportare anche le conseguenze di una pubblica amministrazione non preparata ad affrontare uno smart working intensivo.
Cosa fare per superare gli ostacoli
Per questo è indispensabile adottare soluzioni strutturali. Altrimenti ogni ipotesi di rilancio del Paese resterà lettera morta. Occorre dunque un piano di intervento immediato. Cominciamo con l’introdurre orari di apertura prolungata (8/20), su appuntamento e quindi senza code e assembramenti, ed estendiamo subito il principio del silenzio-assenso a tutte le procedure autorizzative, con controlli ex post. Prendiamo esempio dalla Francia che garantirà comunque l’apertura di tutti gli sportelli pubblici al servizio di cittadini e imprese. E dotiamo tutti gli uffici di un livello di digitalizzazione adeguato e di un piano di formazione e organizzazione del personale, che soffre da tempo anche del blocco del turn over, che preveda la valorizzazione delle professionalità e delle eccellenze che ci sono e vanno salvaguardate.
Abbiamo avuto sei mesi per prepararci, non possiamo e non dobbiamo sbagliare. È chiaro che nessuno ha la bacchetta magica e non può esistere una legge salvifica. Ma bisogna avere il coraggio di compiere scelte forti, forse impopolari, per evitare improvvisazioni e risposte inefficaci: digitalizzazione, termini perentori per le decisioni, taglio radicale dei passaggi e delle sovrapposizioni decisionali, questi i punti da cui partire per modernizzare la nostra Pa.