Semplificazioni e piano triennale

Sveglia, PA: i tardivi digitali ora obbligati a pianificare la transizione

Il DL Semplificazioni pone le scadenze da raggiungere e prevede sanzioni per gli enti inadempienti. AGID, attraverso il Piano triennale, traduce i principi di legge in prassi e obiettivi concreti e li temporizza. È giunto, insomma, il tempo per le amministrazioni di pianificare la transizione digitale

Pubblicato il 11 Set 2020

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

italia digitale

Le amministrazioni pubbliche, e i Comuni in particolare, si troveranno ad affrontare nei prossimi mesi una attività sconosciuta – o sottovalutata – per i più. Pianificare la transizione al digitale. Finalmente è un obbligo di fatto. Grazie al DL Semplificazioni ora in Gazzetta e in via di conversione in legge.

La necessità di programmare la “transizione al digitale” era già evidenziata nel CAD (Codice Amministrazione Digitale) ma, non era accompagnata da prescrizioni specifiche. Poche erano le Amministrazioni che, seriamente, avevano inserito nei loro strumenti di programmazione i processi di digitalizzazione.

In questo senso, anche il Responsabile per la transizione al digitale – quand’anche in possesso di competenze in materia di programmazione – non era riuscito a dare organicità ai poteri e alle attività sanciti dall’art. 17 del CAD.

DL Semplificazioni e Piano Triennale: obblighi, sanzioni e pianificazione per la PA digitale

Il combinato disposto delle previsioni del DL Semplificazioni 76/2020 e del Piano triennale per l’informatica 2020/2022 dettano rispettivamente, alcuni obblighi e relative sanzioni alle Amministrazioni, e – il Piano – una metodologia per impostare la programmazione del processo di digitalizzazione.

Il DL 76/2020 in particolare (v. artt. 64 e 64 bis), riferendosi all’implementazione dell’app IO, all’utilizzo esclusivo di SPID/CIE come sistemi di identificazione, prescrive che le Amministrazioni avviino “progetti di trasformazione digitale” entro il 28 febbraio 2021. Si prevede inoltre (v. art. 64 bis c. 1 quinquies): “La violazione dell’articolo 64, comma 3-bis e delle disposizioni di cui al presente articolo, costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comporta la riduzione, non inferiore al 30 per cento della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competenti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell’ambito delle medesime strutture.”.

Chiaramente “i progetti di trasformazione digitale” devono essere previsti negli strumenti di programmazione, se comportano spese queste devono trovare copertura nel bilancio, devono essere affidati a dei “Dirigenti Responsabili”, devono prevedere una “retribuzione di risultato” e delle metriche di valutazione, devono affidare un ruolo chiaro di coordinamento al RTD.

Le stesse previsioni valgono anche per le attività finalizzate all’apertura e alla valorizzazione dei dati (art. 50), al rispetto dei criteri previsti dall’art. 13 bis in materia di ottemperanza alla “Progettazione, realizzazione e sviluppo del codice di condotta tecnologica” e sugli obblighi di tutela verso i cittadini da parte del Difensore Civico per il digitale (art. 17).

Ricordo infine che l’ANAC, più volte, riferendosi al Piano per la Trasparenza e l’anticorruzione, ha ribadito come quest’ultimo debba raccordarsi agli altri strumenti di programmazione dell’Ente.

Ciò implica che la parte inerente alla “trasparenza” del Piano debba tradursi, da generici richiami alla descrizione di obiettivi ben precisi da raggiungere.

L’anticorruzione e la trasparenza, per fare un esempio, necessitano di una totale dematerializzazione del flusso documentale. Un processo di trasparenza dell’Ente passa necessariamente per la realizzazione di un sito istituzionale non semplicemente “a norma AGID”, ma ricco di contenuti amministrativi facilmente rintracciabili e riutilizzabili.

Riassumendo: ad oggi, nelle linee di mandato di un Sindaco, nel DUP (e poi nel PEG) non potranno più esserci generici richiami ai processi di digitalizzazione, bensì la programmazione dell’estensione dell’utilizzo di SPID/CIE, la messa on line di tutti i servizi (procedimenti) rivolti ai cittadini, alle imprese e ai liberi professionisti, l’adozione dell’interfaccia mobile IO, l’adozione di pago PA, la completa realizzazione del processo di dematerializzazione del flusso documentale, la trasformazione del sito in una piattaforma di erogazione dei servizi on line, l’adozione concreta del paradigma cloud e la dismissione dei data center di fascia b).

In alcuni casi, come abbiamo visto, le scadenze (al netto delle “maledette” proroghe) sono indicate dalla Legge, in altri casi, anche per ritardi di AGID – e non solo – le scadenze saranno più dilazionate e i risultati più complessi da raggiungere. È questo il caso dell’adozione del “paradigma cloud” e la dismissione dei data center.

Tempistiche di realizzazione e valutazione degli obiettivi

Alcuni obiettivi andranno quindi raggiunti rapidamente, altri avranno bisogno di più tempo anche perché la loro realizzazione dipenderà da fattori di carattere nazionale o regionale, come è il caso della razionalizzazione dei data center.

A questo punto si pone un problema, come andranno “descritti” gli obiettivi negli strumenti di programmazione, come si decideranno le tempistiche di realizzazione -a meno che non provveda la legge-, come si individueranno le metriche di valutazione, quale valore economico (risparmi e salari) si attribuirà ad ogni singolo obiettivo nel processo di transizione al digitale.

Ricordiamo a tutti noi che i benefici di produttività, in larga parte frutto di un “labor saving non dichiarato”, non vengono mai evidenziati negli strumenti di programmazione e nel bilancio. Non a caso il “digitale” è concepito esclusivamente come una spesa per l’Amministrazione.

Le parole “processo” e “transizione” stanno ad indicare una capacità di programmazione a medio, lungo termine.

Il Piano Triennale fa una affermazione molto importante che ci potrà aiutare nella definizione delle modalità di valutazione dei risultati e nella retribuzione di risultato.

Si afferma, riferendosi alla recente diffusione dello smart working: “tale modalità ha favorito l’emergere di una sensibilità culturale del dipendente verso nuovi paradigmi di “produttività” rispetto al canonico concetto di “attestazione di presenza” della pubblica amministrazione. In tal senso, rappresenta un rilevante potenziale cambiamento culturale nelle relazioni Ente-dipendente.”

Nei DUP e nei PEG la valutazione individuale dovrà quindi basarsi su una idea di produttività che abbandona la canonica idea di “presenza”, per abbracciare diversi paradigmi fondati sull’obiettivo raggiunto.

Il Piano triennale ci aiuta parzialmente ad andare in questa direzione.

Lo schema valutativo del Piano Triennale si basa sui “risultati attesi”, la definizione di una “baseline” (anno 2020) e gli incrementi percentuali (quasi sempre quantitativi) da raggiungere.

Per fare un esempio: se il Comune X nel 2020 offre “zero” servizi on line, il risultato atteso sarà +XX% nel 2021 e +XXX% nel 2022.

La “baseline” per i Comuni sarà -inevitabilmente- ciò che è stato dichiarato nel questionario inviato alla Corte dei Conti nel settembre del 2019.

Naturalmente, nella descrizione di un obiettivo previsto nel DUP, l’incremento dei servizi on line fruiti attraverso SPID sarà molto più complessa delle indicazioni di massima, quantitativi del Piano Triennale.

Il raggiungimento dell’obiettivo numerico di utilizzo di SPID sarà fatto di tante micro azioni (reingegnerizzazione dei processi), che vanno dalla trasformazione dei moduli in form, alla trasformazione del sito, all’adesione a SPID ecc.. Tali azioni sono quasi tutte trasversali, nel senso che non riguardano solo chi si occupa di informatica, ma tutti i diversi servizi dell’Ente.

Ad ogni servizio andrà assegnato il suo micro-obiettivo, che andrà descritto, “pesato” (attribuzione di un valore), attribuito ad un lavoratore o a un gruppo di lavoratori, temporizzato correttamente anche alla luce del dettato legislativo.

Conclusioni

Questo che ho sommariamente descritto è una attività spesso sconosciuta alle Amministrazioni e, soprattutto agli Organismi interni di valutazione non sensibilizzati alla cultura della trasformazione digitale.

Tra le “competenze digitali” riterrei opportuno, a questo punto, prevedere non solo l’informatica in senso stretto, ma anche le professionalità in grado di pianificare, di misurare e di valutare i processi di trasformazione digitale dell’Ente.

Concludendo: il decreto semplificazioni pone puntualmente alle Amministrazioni alcune scadenze da raggiungere e prevede alcune sanzioni per le Amministrazioni inadempienti.

AGID attraverso il Piano triennale traduce i principi di legge in prassi e obiettivi concreti e li temporizza attribuendoli a sé stessa per la parte più generale, e alle diverse Amministrazioni nel dettaglio.

Si comincia finalmente, nel corpo del Piano triennale, a delineare un impianto pianificatorio supportato da piattaforme digitali che consentiranno ad AGID di monitorare l’avanzamento del processo di digitalizzazione del Paese.

Resta il mio dubbio attorno alla capacità delle Amministrazioni locali, soprattutto quelle di minore dimensione, di imboccare questa strada e di supportare una figura importante e fino ad ora misconosciuta come è il Responsabile per la transizione al digitale.

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