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Pagamenti tracciabili: tracciabilità dei pagamenti e detrazioni fiscali (2020)

La Legge di bilancio 2020 stabilisce che per godere delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa è necessario aver sostenuto le spese con mezzi di pagamenti tracciati: una situazione su cui riflettere, considerando anche le forme di pagamento innovative a disposizione dei contribuenti

Pubblicato il 19 Feb 2020

Barbara Maria Barreca

Dottore commercialista e Valutatore di impatto Sociale

Luca Benotto

Dottore Commercialista

fattura elettronica

La Legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha introdotto l’obbligo di pagare mediante mezzi di pagamento tracciati la grande maggioranza degli oneri che danno diritto a detrazioni fiscali sul modello 730 o sulla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche. Si tratta di una norma di impatto larghissimo, che si applica a tutte le spese che danno diritto alla classica detrazione del 19% con le sole eccezioni delle spese per medicinali, dispositivi medici o sostenute presso strutture pubbliche o strutture private accreditata al Servizio sanitario nazionale.

Senza entrare nel dibattito relativo all’immediata applicabilità della norma, approfondiamo quali sono i pagamenti ammissibili secondo la nuova norma, anche in virtù di nuovi strumenti di pagamento che stanno acquisendo notevole visibilità sul mercato e che, in virtù della loro rapidità ed immediatezza di utilizzo, si candidano autorevolmente quali sostituti del vecchio contante nell’uso di tutti i giorni.

Pagamenti tracciati, cosa dice la normativa

Il comma 679 della legge 160 del 27/12/2019 (Legge di bilancio 2020) prescrive che per godere del beneficio fiscale della detrazione del 19%, le spese agevolabili devono essere sostenute “…con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”. Il DLgs 241/1997 si riferisce alle modalità di versamento tramite delega F24 delle imposte sui redditi e dell’IVA, dove il richiamato art. 23 tratta delle modalità in cui i contribuenti possono mettere a disposizione delle banche le somme da versare, citando testualmente: “… carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero mediante altri sistemi di pagamento.”. Messa così, la norma non sembra praticare particolari discriminazioni.

Andiamo però a vedere come è stata interpretata in passato dall’Agenzia delle Entrate. Nella Risoluzione n. 133/E del 14 giugno 2007 l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un interpello presentato da una parrocchia che chiedeva quali fossero le modalità di effettuazione delle erogazioni liberali che avrebbero consentito la deducibilità/detraibilità delle stesse per i soggetti erogatori, ha precisato che erano ammesse le erogazioni liberali effettuate “avvalendosi di uno dei seguenti sistemi di pagamento:

  • Banca
  • Ufficio postale
  • Sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e cioè carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari”.

Di fatto, in questa Risoluzione, l’Agenzia definisce rigidamente gli “altri sistemi di pagamento” previsti dal D. Lgs. 241/1997 circoscrivendoli in carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari. Lo stesso art. 23 è anche richiamato dal Codice del Terzo Settore (DLgs. 117/2017) proprio in materia di detrazioni fiscali. In particolare, l’art. 83 prevede specifiche detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore ma: “La detrazione è consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione che il versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.”. La previsione normativa in effetti è praticamente identica a quella del comma 679 della legge di bilancio 2020.

Nella Circolare 7/E del 04/04/2017 l’Agenzia ribadisce il significato che attribuisce alla locuzione “… e altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241” aggiungendo solo il bancomat all’elenco sopra riportato. Ed anche nelle istruzioni ai modelli Unico 2019 e 730/2019, relativi al 2018, primo anno di applicazione della norma tale elenco viene riconfermato. In tale sede le istruzioni riportano testualmente: “Le erogazioni devono essere effettuate con versamento postale o bancario, o con carte di debito, carte di credito, carte prepagate, assegni bancari e circolari. Per le erogazioni liberali effettuate tramite carta di credito è sufficiente la tenuta e l’esibizione, in caso di eventuale richiesta dell’amministrazione finanziaria, dell’estratto conto della società che gestisce la carta.”. Di conseguenza, dalla lettura delle istruzioni delle dichiarazioni relative al 2018 su una fattispecie apparentemente identica, sembra che solo strumenti di pagamento “tradizionali” (bancari e postali) sarebbero utilizzabili per fruire dei bonus fiscali.

Gli strumenti di pagamento innovativi

Negli ultimi anni hanno conquistato un grande consenso e si stanno diffondendo molto rapidamente. Ce ne sono molti: sono pratici, rapidi e consentono di utilizzare il proprio smartphone come un vero e proprio borsellino. Per professionisti, commercianti e imprenditori i vantaggi si concretizzano in minori costi e maggior rapidità di transazione e, in molti casi, possono costituire una valida alternativa al POS. Per il privato utilizzatore sono una valida alternativa al contante, con vantaggi che variano di prodotto in prodotto (es: carta bancaria, immediatezza di ricarica, condizioni economiche favorevoli per il cambio valute, pagamenti p2p, ecc.). Considerato che la stretta sull’uso del contante appare non solo una conseguenza degli ultimi provvedimenti normativi, ma anche una linea guida di politica economica e di contrasto all’illegalità, appare evidente come “ignorare” strumenti di pagamento quali paypal, satispay, hype, revolut e tanti altri di emanazione bancaria e non, costituirebbe un atteggiamento certamente miope da parte del legislatore.

Certamente gli strumenti citati forniscono una reportistica “digitale” sufficientemente dettagliata per “tracciare” il pagamento, anche se alle volte non così facile da materializzare. Viste le interpretazioni restrittive che l’Agenzia delle Entrate ha fornito sinora sugli “altri sistemi di pagamento” , sarebbe auspicabile che il concetto di pagamento tracciato fosse ampliato per includere quanto meno gli Istituti di Moneta Elettronica, vigilati dalle Banche Centrali Europee, chiarendo anche la validità del pagamento effettuato in modalità p2p. Non ci resta che attendere auspicando che l’Agenzia delle Entrate compia una scelta di discontinuità rispetto al passato.

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