Processo civile telematico

PCT, il caos per colpa degli allegati troppo pesanti

Per ovviare al limite di grandezza del messaggio (massimo 30 Megabyte), intrinseco all’utilizzo della posta certificata ed ai protocolli IMAP, SMTP e POP, si è stabilito che si possono inviare più messaggi consecutivi. Soluzione insoddisfacente che sta trasformando alcuni fascicoli in selve caotiche. Perché non facciamo come negli Usa?

Pubblicato il 14 Lug 2014

Enrico Consolandi

Magistrato, referente informatico Tribunale di Milano

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Con l’entrata in vigore dell’obbligo di deposito delle memorie processuali per via telematica, seppur rinviato di fatto al 2015, l’ostacolo dell’utilizzo della posta elettronica per l’invio di voluminosa documentazione scansionata verrà ad impattare pesantemente il processo; ciò avverrà anche prima in materia fallimentare, ove l’obbligo di deposito è già reale nei fascicoli nati dopo il 30 giugno.

Il decreto legge 90 del 2014 ha dato a questo problema una soluzione poco soddisfacente: per ovviare al limite di grandezza del mesaggio, intrinseco all’utilizzo della posta certificata ed ai protocolli IMAP, SMTP e POP, si è stabilito che si possono inviare più messaggi consecutivi.

Nella costruzione di un sistema di archiviazione, ove è fondamentale la classificazione e l’ordinamento dei dati, quale è destinato a diventare il fascicolo informatico ciò significa che la documentazione di parte dovrà essere ricercata in più messaggi, arrivati presumibilmente lo stesso giorno e con, inevitabilmente, il medesimo oggetto e metadati poco significativi.

Poiché le possibilità di comunicazione sono nell’informatica assai ampie ciò comporta il serio rischio di saturare la base dati, cioè i fascicoli informatici processuali, di informazioni non classificate e dunque poco utili; trattandosi di scansione qualsiasi motore di ricerca diventa un’arma spuntata.

Già oggi taluni fascicoli, in particolare quelli fallimentari, sono diventati delle selve nelle quali è impossibile recuperare le informazioni che interessano al processo: occorre evitare che questa malattia – tante scansioni, scarsi metadati – si diffonda, come da esempio qui riportato.

Invece di una condivisione completa in alcuni casi fra giudici, cancellieri ed avvocati, ci sono poi differenze di visualizzazione e questi ultimi non possono vedere il legame tra la istanza ed il decreto emesso.

Il fatto poi che ogni singolo documento non sia linkabile e non necessariamente sia accompagnato dal suo metadato ostacola l’utilizzazione della documentazione nell’ambito delle memorie.

Poiché una eccessiva qualità della scansione esaurisce in fretta i 30 mega disponibili e obbliga al deposito di più buste, creando la spiacevole situazione illustrata, ciascuna parte può in realtà ostacolare la controparte ed il giudice nella percezione die fatti processuali.

In effetti questo è il limite di aver utilizzato quale tramite la posta certificata, che da un lato limita le dimensioni e dall’altro non obbliga all’inserimento di metadati; infine rende difficoltoso attribuire a ciascun documento un link permanente.

Nelle Corti americane che utilizzano per il processo sistemi di “filing” dei documenti e degli atti la documentazione viene inserita a cura dell’avvocato su server che la rendono disponibile alla Corte per la decisione e alla controparte per la difesa. E’ da notare che per quanto riguarda la produzione alla Corte viene spesso prevista una “courtesy copy” cartacea, che spesso agevola la lettura.

Questo filing altro non è che un sistema di archiviazione stabile condiviso con le controparti e con il giudice e corrisponde spesso anche alla organizzazione interna degli uffici legali, per la archiviazione informatica e la accessibilità delle informazioni presenti nei vari fascicoli: un servizio di cloud interno agli studi legali che si presta a diventare luogo di condivisione agli effetti processuali. Si tratta dunque della funzione cui adempie oggi il fascicolo informatico tenuto nei server ministeriali, con la differenza che i costi di archiviazione e mantenimento non sono a carico dello Stato, ma del difensore che li genera, il che potrebbe contribuire a limitare iperfetazioni probatorie.

Occorre quindi ipotizzare che la produzione documentale, quella che rischia di pesare oltre i 30 mega, sia mantenuta dal difensore e da lui resa accessibile alle controparti, con ovvie garanzie di mantenimento ed accessiiblità.

Occorrono, per questo tipo di nuovi servizi, imprenditori dell’informatica che sappiano organizzare e offrire questi servizi, magari sorvegliati o commissionati dagli ordini stessi.

Così il PCT può diventare motore della società, sollecitando l’economia e corrispondentemente sgravando di una parte dei servizi una amministrazione perennemente in crisi di personale e di management, anche più che di finanziamenti; così si crea la cultura della gestione del dato condiviso, superando la logica della posta elettronica che inizia a mostrare tutti i suoi limiti.

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