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Piattaforma notifiche digitali, problemi in vista per i cittadini: tutti i nodi della riforma

La Piattaforma per le notifiche digitali degli atti della PA rischia di creare non pochi problemi ai cittadini. L’Amministrazione aumenta infatti i poteri di enforcement e questo potrebbe mettere in forte difficoltà persone anziane o non in grado di accedere o usare dispositivi digitali. Vediamo perché

Pubblicato il 21 Giu 2022

Eugenio Prosperetti

Avvocato esperto trasformazione digitale, docente informatica giuridica facoltà Giurisprudenza LUISS

domicilio-digitale

La Piattaforma delle notifiche digitali – entrata in vigore da decreto il 21 giugno 2022 – è nata per agevolare la sola notifica telematica; ma in realtà sembra diventata una riforma generale che sovverte i principi finora alla base del sistema di notifica degli atti della Pubblica Amministrazione.

Una riforma che rischia di creare grossi problemi ai cittadini invece che semplificare il loro rapporto con la PA, senza peraltro produrre gli sbandierati risparmi.

Con il nuovo sistema, infatti, l’Amministrazione non appare più tenuta a provare che almeno sia stato ricevuto (non solo inviato) l’avviso di deposito dell’atto e così il cittadino che, ad esempio, dovesse essere destinatario di una cartella esattoriale rischia non solo di non averla ricevuta e di non aver nemmeno saputo che è stata inviata, ma soprattutto di non poter fare più nulla per opporsi perché l’Amministrazione, nel frattempo, è autorizzata ad andare avanti nei suoi procedimenti.

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Cosa cambia rispetto ai sistemi sin qui utilizzati

Partiamo col dire che il sistema consentirà a una platea amplissima di soggetti pubblici o esercenti di alcuni tipi di servizi pubblici di notificare al cittadino un’impressionante quantità di tipologie di atti, provvedimenti e semplici comunicazioni (vedi box in basso) .

Sino ad ora, l’Amministrazione che doveva notificare un atto, aveva a disposizione il sistema della notifica mediante ufficiale giudiziario o della notifica postale e, se il destinatario disponeva di una PEC iscritta in Pubblici Registri ai sensi del Codice dell’Amministrazione Digitale, poteva utilizzare alcune forme di notifica via PEC.

Tutte queste forme di notifica erano (e sono) disciplinate dal Codice di Procedura Civile dal punto di vista degli effetti e della procedura, con rimando, nel caso della notifica postale e della notifica via PEC, ad alcune leggi speciali.

La Corte di Cassazione, anche con recentissime sentenze, nel 2021, ha ribadito che, nella notifica postale, per provare l’avvenuta notifica, non è sufficiente che il notificante consegni l’atto alle Poste, ma occorre anche che si provi che il destinatario – che non è stato reperito – ha ricevuto l’avviso di cortesia (obbligatorio), inviato per raccomandata, che lo informa che l’atto è a sua disposizione presso l’Ufficio Postale o la Casa Comunale. Dunque, l’elemento fondamentale per la notifica non è la materiale ricezione dell’atto, ma la notizia che vi è stata una notifica e l’atto è disponibile, secondo consolidati principi giurisprudenziali, aventi anche radice in sentenze della Corte costituzionale.

La Piattaforma che viene oggi introdotta avvia una procedura alternativa, che – nei fatti – sembra sovvertire il principio appena descritto.

Le Amministrazioni effettuano una notifica che è valida solo con la consegna dell’atto alla piattaforma in una forma rispettosa del documento informatico e tale notifica non può essere più opposta. È sempre valida. Tutt’al più, si può essere “rimessi in termini” se si prova di non aver ricevuto l’atto, ma l’Amministrazione è autorizzata ad andare avanti nei suoi procedimenti.

Un esempio per comprendere il nuovo meccanismo

Fermiamoci un attimo a comprendere questo meccanismo che, mi rendo conto, potrebbe non essere di immediata comprensione per chi non combatte tutti i giorni con notifiche e scadenze processuali: l’Amministrazione alfa notifica a Mario un atto con il quale ordina la demolizione della casa di Mario. Mario non è reperibile, perché ha la casella PEC piena e allora, il gestore è tenuto unicamente ad inviare un avviso di mancato recapito e, se Mario non ha domicilio digitale, anche un avviso di cortesia che spiega che gli è stato notificato un atto. La notifica è efficace dopo quindici giorni da quando l’avviso di mancato recapito viene depositato all’Ufficio Postale, indipendentemente dal fatto che sia ricevuto. Da questo giorno, secondo le regole sugli atti amministrativi, Mario avrebbe sessanta giorni per ricorrere contro l’atto.

Tornato dalle vacanze, Mario potrebbe dunque trovare le ruspe che demoliscono casa se fossero passati i termini contenuti per ricorrere contro il provvedimento e non potrebbe fare più nulla, pur non avendo ricevuto l’atto, perché l’Amministrazione non appare più tenuta a provare che almeno sia stato ricevuto (non solo inviato) l’avviso di deposito dell’atto.

Mario avrebbe diritto ad essere “rimesso in termini” se non riceve la notifica “per fatto non a lui imputabile” e, nell’esempio sopra, la casella PEC piena non sarebbe considerata un motivo valido.

Questo è solo un esempio del nuovo scenario a cui ci dovremo abituare che, come tante riforme della trasformazione digitale, è largamente sottovalutato e non dibattuto.

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L’Amministrazione aumenta i suoi poteri di enforcement

Con la Piattaforma delle Notifiche, infatti, l’Amministrazione aumenta i suoi poteri di enforcement dei propri atti in maniere sinora non consuete nel nostro sistema, andando verso un sistema più simile al funzionamento di amministrazioni nordeuropee.

Questo cambio deve essere spiegato e deve essere metabolizzato dai cittadini, che devono essere consapevoli che è loro richiesta una maggiore attenzione ai provvedimenti ricevuti ed un attento presidio del domicilio digitale, con tempi di reazione più rapidi quando arriva la notifica di un provvedimento e organizzazione per poterlo subito scaricare, stampare ed esaminare, cosa che – come sempre ho scritto su queste pagine – potrebbe creare più di un problema a persone anziane o non in grado, per qualsiasi motivo, di accedere o utilizzare con agio dispositivi digitali (e non è detto che una persona anziana, non in grado di consultare in autonomia un PC, non abbia un domicilio digitale registrato, si pensi al caso di un anziano professionista ormai in pensione).

Come funziona il sistema

Questo porta anche a qualche dubbio sull’effettivo risparmio che si potrà conseguire, perché ogni mancata notifica telematica, comporta notevoli e dispendiosi tentativi di notifica postale, sempre però priva della stampa dell’atto e dunque, suscettibile di mettere in difficoltà i destinatari non digitalmente competenti.

Vediamo allora, in breve, come funziona il sistema. Data la complessità non si possono che descrivere gli aspetti principali e salienti della procedura che prevede varie eccezioni e dettagli ulteriori che eccedono lo scopo del presente articolo.

L’Amministrazione inserisce il documento da notificare sulla piattaforma, insieme ai dati del destinatario che devono essere completi di codice fiscale, il domicilio digitale speciale se eletto ai sensi di Legge – e domicilio fisico (qui non si capisce cosa si intenda, perché da che mondo è mondo, le notifiche si fanno all’indirizzo di residenza tratto dai Registri Anagrafici e non al domicilio).

Si nota che l’amministrazione, nel mandare la notifica alla piattaforma non specifica alcun domicilio digitale del destinatario e, anche se ha conoscenza di un domicilio fisico “eletto” (es. presso uno studio legale) non è tenuta a specificarlo;  il domicilio digitale sarà rilevato dal gestore della piattaforma mentre il domicilio speciale fisico no; quindi, se io notifico all’Amministrazione di essere domiciliato presso un avvocato per un certo procedimento, sembra che sia possibile farlo solo in termini di domicilio speciale digitale ai fini del nuovo procedimento. Quest’ultima omissione è molto discutibile perché probabilmente in conflitto con norme di Legge.

A questo punto, se il documento è conforme alle norme del CAD sul documento elettronico e alle relative Linee Guida Agid, il gestore accetta il documento e attribuisce un codice (IUN) identificativo della notifica e, come si diceva, l’Amministrazione ha già effettuato la notifica, anche se questa non è materialmente nemmeno partita, e il destinatario non si può più opporre se non in rari casi, anche se non la riceve e può, tutt’al più, chiedere di essere rimesso in termini.

È da notare che il gestore non verifica nulla sulla correttezza dell’indirizzo del destinatario, che è rimessa agli accertamenti effettuati dall’Amministrazione, per cui se un’Amministrazione manda a notificare al sopra citato Mario presso un domicilio speciale non più attivo (es. la PEC dell’avvocato che non lo assiste più), per l’Amministrazione essa sarà valida solo che Mario non ne saprà nulla e starà a Mario comprendere cosa sia successo e contestarla.

Le incongruenze della piattaforma

È interessante che la piattaforma, a questo punto, procede a notificare presso “il domicilio digitale di piattaforma eletto dal destinatario”, non quindi presso il domicilio digitale di Legge a quanto pare, ma presso un domicilio digitale, anche diverso, che viene dichiarato alla piattaforma (ma potrebbe anche non esserlo) e, in mancanza o se lo stesso è saturo o non attivo o non valido, presso il domicilio speciale del destinatario.

L’art. 26 del Decreto Semplificazioni, nel disciplinare la piattaforma prevede invece chiaramente al comma 5 che le notifiche si debbano effettuare al domicilio speciale eletto solo ed esclusivamente se esse riguardano gli atti o affari cui è riferita la notificazione. Dal DM applicativo sembrerebbe invece si voglia usare il domicilio digitale – cioè la PEC di un professionista come indirizzo PEC di riserva se non funziona quello che il destinatario ha dichiarato alla piattaforma e non vi è traccia di un obbligo di verifica se queste abbiano a che fare con la questione per la quale è stato eletto il domicilio speciale.

In sostanza, sembra che sarà il gestore della piattaforma a decidere il “domicilio digitale” dove inviare la notifica tra l’indirizzo (PEC) che possiamo aver comunicato tramite le funzioni della piattaforma, il domicilio speciale e il domicilio digitale nei pubblici registri previsti dal CAD.

Tuttavia, il DM attuativo precisa che, se i sopra indicati indirizzi risultano non validi, saturi o non attivi, il gestore procederà a notificare al “domicilio digitale generale del destinatario rilevato al momento dell’invio” e non è ben chiaro di cosa si tratti, potrebbe essere un indirizzo PEC comunque disponibile all’Amministrazione e riferibile al destinatario ma occorre assolutamente chiarire quali siano i criteri per individuarlo, stante l’importanza delle comunicazioni che potrebbero essere inviate.

Il paradosso dell’avvenuta ricezione

Effettuati due tentativi, come sopra, sulla piattaforma rimarrà disponibile un avviso di “mancato recapito del messaggio” e verrà inviato, per posta raccomandata, un avviso di cortesia.

La notifica, come si diceva, per l’Amministrazione è ora, in ogni caso, pienamente valida e completa e sta al destinatario accedere alla piattaforma e reperire l’atto notificato.

Solo (e si badi bene, solo) se l’Amministrazione non riuscirà in assoluto a reperire alcun domicilio digitale del destinatario, essa procederà ad inviare un avviso “di avvenuta ricezione” (il che è paradossale perché non si è ancora ricevuto nulla) per via di raccomandata cartacea.

Questa raccomandata verrà però inviata all’indirizzo “di domicilio” che ha indicato l’Amministrazione, giusto o sbagliato che sia, perché non si prevede nessun controllo anagrafico.

E non è tutto.

Se al postino viene chiesto di fare il detective

Si demanda al postino di fare l’investigatore privato, dando potere, se l’indirizzo fosse sbagliato o se il destinatario fosse assente, non reperibile o ci fosse il rifiuto di ritirare la comunicazione, di fare accertamenti in loco, con relativo verbale, su quale sia l’effettivo indirizzo del destinatario o lasciare a un vicino. È interessante che solo a questo punto sia prevista anche la consultazione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente… meglio tardi che mai!

A questo punto, capito quale sia il (probabile) indirizzo corretto, la piattaforma invia l’avviso a questo indirizzo.

Come sopra ricordato, da questo giorno, decorrono 15 giorni, dopodiché, ricevuto l’avviso o no, la notifica si ha per effettuata anche per il destinatario. Si ricorderà però che per l’Amministrazione la notifica si ha per effettuata già da quando l’atto è stato consegnato, sicché, se l’Amministrazione vuole “rischiare”, potrebbe aver già iniziato le procedure relative all’atto notificato da tempo.

Il Decreto Semplificazioni, come dicevo, stabilisce che la messa a disposizione dell’atto per la notifica sulla piattaforma, impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione e interrompe il termine di prescrizione correlato alla notificazione. Quindi, diversamente da come siamo abituati, una notifica fatta tramite la piattaforma all’indirizzo sbagliato, non fa decadere l’Amministrazione. Immaginiamo il caso della multa o della cartella inviata all’indirizzo errato con il termine per la notifica che scade e l’impossibilità di ripeterla, questo non potrà più avvenire.

Conclusioni

Quelli sopra ricordati sono solamente alcuni dei temi che emergono dall’esame del nuovo sistema sul quale mi auguro si apra presto la possibilità di operare interventi per migliorare il sistema.

Un’ultima osservazione può essere opportuna.

Come sovente accade, con forti innovazioni in tema di trasformazione digitale, un’analisi critica dei provvedimenti allorché questi entrano in vigore può essere scambiata per volontà di mantenere tutto immutato; in realtà è vero il contrario: proprio perché è necessaria la trasformazione digitale è necessario che i sistemi e le norme che governano cambiamenti epocali – come è quello del sistema di notifica – non si prestino a critiche e siano a prova di errore proprio quando vengono applicati per la prima volta; diversamente, si crea il malcontento e la resistenza a questo tipo di innovazioni e la disaffezione allo strumento digitale.

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