L'approfondimento

PNRR, dalla Piattaforma nazionale dati alla Repubblica digitale ecco come innovare la PA

Spinta al domicilio digitale, la Piattaforma digitale nazionale dati, il Fondo per la Repubblica digitale: sono alcuni degli obiettivi del PNRR che trovano concretizzazione con gli articoli dal 27 al 30 del decreto-legge n. 152 del 6 novembre 2021

Pubblicato il 07 Dic 2021

Alessandro Mastromatteo

Avvocato, Studio Legale Tributario Santacroce & Partners

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Offerta integrata ed armonizzata di servizi digitali ai cittadini attraverso una loro diffusione generalizzata nelle amministrazioni centrali e locali: queste le finalità perseguite dal PNRR con la Missione 1 C1 per la digitalizzazione della PA e che hanno trovato attuazione nelle disposizioni contenute agli articoli da 27 a 30 del decreto-legge n. 152 del 6 novembre 2021. Vediamo i dettagli.

PA digitale, cosa cambia

Sono state da un lato ampliate le modalità di elezione ed accesso al proprio domicilio digitale, attraverso l’utilizzo della ANPR o recandosi direttamente presso l’Ufficio dell’Anagrafe del Comune di residenza, e dall’altro viene consentito ai Comuni di utilizzare i dati anagrafici di cui dispongono per ampliare l’offerta dei servizi erogati on-line a cittadini e imprese (non solo quelli residenti nel proprio territorio), anche eventualmente avvalendosi di soggetti affidatari dei servizi.

I dati fondamenta per una PA migliore: ecco come, col PNRR

A queste misure si accompagnano quelle che impongono ai soggetti pubblici di realizzare un costante allineamento dei propri archivi informatizzati con le anagrafiche contenute nell’ANPR, oltre alle disposizioni volte a semplificare, da parte delle amministrazioni pubbliche, l’accettazione di pagamenti realizzati con sistemi elettronici. Di fondamentale rilievo il fatto che non occorrerà attendere, come era sinora previsto, il completamento dell’ANPR ai fini del trasferimento dei dati.

Le Camere di Commercio sono inoltre chiamate a garantire alle imprese un servizio di collegamento telematico con la PDND – Piattaforma Digitale Nazionale Dati così da consentire loro la realizzazione di controlli automatizzati con possibilità di acquisire certificati circa propri fatti, stati e qualità. Per sostenere progetti volti ad accrescere le competenze digitali, viene inoltre istituito un Fondo per la Repubblica Digitale, alimentato dai versamenti di fondazioni bancarie alle quali viene riconosciuto un contributo sotto forma di credito di imposta sino al 2026.

La spinta al domicilio digitale

L’articolo 27 del decreto-legge n. 152/2021 intende migliorare l’offerta di servizi pubblici digitali, semplificandone l’accessibilità e promuovendo la piattaforma unica per le notifiche e pagamenti elettronici, tra cittadini e pubbliche amministrazioni, anche con utilizzo della app IO. Più nel dettaglio, quanto all’accesso e allo scambio di dati e comunicazioni con gli enti pubblici, si cerca di facilitare la diffusione del domicilio digitale. Intervenendo nel corpo del CAD, ed in particolare modificando gli articoli 3-bis e 6-quater, i cittadini potranno eleggere il proprio domicilio digitale non solo avvalendosi dei servizi resi disponibili da INAD – Indice nazionale dei domicili digitali di persone fisiche, professionisti e enti privati non tenuti a iscrizione in albi, elenchi o registri ma anche utilizzare i servizi on-line resi disponibili da ANPR oppure recandosi fisicamente presso l’Anagrafe del Comune di residenza.

L’aggiornamento e il trasferimento dei domicili digitali delle persone fisiche da ANPR nell’elenco INAD verranno realizzati a cura del Ministero dell’Interno e, allo stesso modo, opererà AgID per trasferire le informazioni da INAD a ANPR. In questo modo si garantirà una costante sincronizzazione delle due piattaforme le quali continueranno a mantenere, entrambe, i dati dei domicili digitali. Come anticipato, l’ulteriore intervento all’interno del CAD ha abrogato la previsione secondo cui il trasferimento dei dati sarebbe stato realizzato solo al completamento dell’ANPR. Infatti alla data dell’8 novembre 2021 sui 7.871 Comuni italiani, tutti potenzialmente aderenti all’ANPR, ne mancavano ancora una settantina. In questo senso, lo stesso articolo 27 del decreto-legge in commento modifica l’articolo 62 del CAD: tale norma disciplina i rapporti tra ANPR e Comuni, consentendo ora ai Comuni di utilizzare i dati anagrafici anche ampliando l’offerta dei servizi erogati on-line a cittadini e imprese direttamente o tramite “soggetti affidatari dei servizi”.

I Comuni accederanno inoltre alle informazioni anagrafiche contenute in ANPR per l’espletamento, anche con modalità automatiche, delle verifiche necessarie all’erogazione dei propri servizi e allo svolgimento delle proprie funzioni. In questo modo sarà consentito ai Comuni di usufruire delle informazioni anagrafiche presenti in ANPR concernenti tutti gli iscritti, quindi non solo quelle relative ai propri residenti, così da migliorare l’efficienza dei processi interni.

Piattaforma digitale nazionale dati, il ruolo

L’articolo 28 del decreto-legge n. 152/2021 prevede invece che le Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura (di seguito, camere di commercio), per il tramite della società InfoCamere, mettano a disposizione delle imprese il servizio dedicato di collegamento telematico con la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) che, istituita dall’articolo 50-ter del CAD, consente alle imprese di effettuare controlli automatizzati e di acquisire certificati relativi ai propri fatti, stati e qualità. Si tratta di una infrastruttura tecnologica che permette l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici.

L’accreditamento, l’identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla Piattaforma permette l’interoperabilità, assicurando altresì la raccolta e conservazione delle informazioni circa gli accessi e le transazioni realizzati.

Fondo per la Repubblica Digitale

L’articolo 29, comma 1, istituisce infine il “Fondo per la Repubblica Digitale” alimentato dai versamenti effettuati su un apposito conto corrente postale dalle fondazioni bancarie nell’ambito della propria attività istituzionale. Il Fondo è istituito in via sperimentale per il quinquennio 2022-2026 ed è destinato esclusivamente a sostenere progetti rivolti alla formazione e all’inclusione digitale, con la finalità di accrescere le competenze digitali, anche migliorando i corrispondenti indicatori del Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione europea.

Con la redazione di un protocollo d’intesa tra le fondazioni bancarie, il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il Ministro dell’economia e delle finanze saranno così definite:

  • le modalità di organizzazione, di governo e di intervento del Fondo;
  • le modalità di gestione del conto sul quale sono effettuati i versamenti;
  • le caratteristiche, le modalità di valutazione, selezione e monitoraggio dei progetti da finanziare;
  • le modalità di costituzione, il numero dei componenti e le regole di funzionamento del Comitato strategico di indirizzo;
  • le modalità di costituzione del Comitato Scientifico indipendente a cui è affidato il compito di monitorare e valutare l’efficacia ex post degli interventi finanziati.

Il credito di imposta per le fondazioni bancarie

Alle fondazioni bancarie che alimentano il Fondo viene riconosciuto un contributo, sotto forma di credito d’imposta, pari al 65 per cento dei versamenti effettuati al Fondo per i primi due anni (2022 e 2023) e al 75 per cento per i successivi tre (2024, 2025 e 2026).

Il contributo è assegnato, secondo l’ordine temporale in cui le fondazioni comunicano l’impegno a finanziare i progetti selezionati, fino a esaurimento delle risorse disponibili. Per vedersi riconosciuto il credito, con apposita comunicazione dell’Agenzia delle entrate, le fondazioni devono trasmettere alla stessa la delibera di impegno irrevocabile al versamento al Fondo delle somme stanziate. L’eventuale mancato versamento al Fondo delle somme indicate nella delibera di impegno comporta una responsabilità solidale parte di tutte le fondazioni aderenti allo stesso. Il credito d’imposta:

  • è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è stato riconosciuto;
  • può essere utilizzato esclusivamente in compensazione, senza applicazione dei limiti annuali previsti;
  • può essere ceduto a intermediari bancari, finanziari e assicurativi dalle fondazioni, con esenzione dall’imposta di registro, nel rispetto della disciplina sulla cessione del credito e previa adeguata dimostrazione dell’effettività del diritto al credito medesimo.

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