La trasformazione digitale e la riforma della Pubblica Amministrazione sono due cardini del PNRR. La riforma della PA è considerata “trasversale” al piano e si articola lungo quattro assi: accesso, buona amministrazione, competenze e digitalizzazione. Quest’ultima viene intesa come “un abilitatore trasversale ad ampio spettro” delle altre riforme. La trasformazione digitale, così come previsto dal Regolamento UE 241/2021 è un vero e proprio pilastro del Piano e applicata al settore pubblico dovrebbe garantire un migliore accesso ai servizi e costituire un volano per la ricerca e l’innovazione.
PA digitale, l’approccio dell’OCSE
A livello nazionale già il D.lgs 39/1993 riconosceva tra le finalità dell’utilizzo “dei sistemi informativi automatizzati” il miglioramento dei servizi; la trasparenza dell’azione amministrativa; il potenziamento dei supporti conoscitivi per le decisioni pubbliche; il contenimento dei costi dell’azione amministrativa.
A livello internazionale da diversi anni l’OCSE, ad esempio, con il suo Osservatorio OPSI (Observatory of Public Sector Innovation) mantiene una sezione del proprio sito web sui temi della trasformazione digitale nel settore pubblico. Un’interessante sintesi è costituita dalla sezione Digital Government toolkit, che si apre con la seguente motivazione “The following 12 principles support the development and implementation of digital government strategies that bring governments closer to citizens and businesses”. La finalità così espressa non racchiude quindi principi o richiami a indirizzi tecnologicamente sofisticati, ma piuttosto sottolinea un approccio di concreta vicinanza ai bisogni dei cittadini e di semplificazione delle relazioni tra pubblico e privato. Il sito suggerisce anche di proporre casi di studio e aggiorna con continuità sezioni di riferimento in base all’evoluzione delle osservazioni e delle esperienze.
I dodici principi
Si tratta di 12 principi, non disgiunti tra loro e con campi fortemente collegati e integrati. A giudizio di chi scrive, tra i concetti e le sollecitazioni più ricorrenti vi sono
- la digital literacy sia degli operatori pubblici sia dei cittadini, fino ad arrivare a attività di formazione più strutturata, non solo per un B2C più efficace, ma anche per un B2B più maturo e paritario
- l’attenzione a una reale riduzione delle risorse impiegate, siano esse tempo e personale, per ripetizioni, sovraccarichi amministrativi, asimmetrie informative e allo stesso tempo la ricerca e misurazione di un reale miglioramento degli outcome
- la coerenza e leggibilità trasversale delle informazioni la cui condivisione deve essere crescente
- un processo decisionale chiaro e strutturato.
Dei 12 principi, presentati sul sito indicato, tutti condivisibili e significativi, vorremmo identificarne quattro, rispetto ai quali proporre alcune riflessioni basate su esperienze concrete nel campo specifico degli acquisti pubblici in sanità.
- il principio 3: creazione di una cultura basata sui dati nel settore pubblico (creation of a data-driven culture in the public sector), che costituisce il terreno essenziale da cui partire;
- il principio 6: utilizzo coerente delle tecnologie digitali, trasversalmente nelle diverse aree di impatto e livelli di governo (coherent use of digital technology across policy areas) correlato al
- principio 11: acquisto di tecnologie digitali ( procurement of digital technologies);
- il principio 10: rinforzo delle capacità e competenze di project management per la gestione di progetti e processi ICT ( reinforced ICT project management capacities), che evidenzia come le tecnologie digitali non siano “autoportanti”.
PNRR e procurement ICT
Sulla base di questi principi si possono fare alcune riflessioni su un secondo aspetto, quello dell’acquisto delle soluzioni digitali. Al di là delle finalità e utilizzi dell’IT, l’approvvigionamento costituisce oggi, forse, uno degli aspetti più critici e che richiamando anche il PNRR, costituisce un vincolo alla concreta messa a terra dei progetti. In tale ottica, seguendo gli indirizzi OECD, prima di analizzare soluzioni tecnologiche, il richiamo a principi di fondo che orientino le scelte sembra non solo doveroso, ma fondamentale.
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La creazione di una cultura basata sui dati incoraggia a sfruttare le tecnologie digitali e i big data per capire meglio i bisogni da affrontare, costruire evidenze non solo per decidere gli input, ma per governare i processi e i risultati, aumentando la comprensione delle performance delle diverse scelte. Pensiamo oggi agli acquisti in sanità, che vivono una grande difficoltà nella raccolta dei fabbisogni, spesso conteggiati come incremento dei consumi precedenti, senza che tuttavia questi siano basati su evidenze reali di utilizzo- quanto, da chi, per quali attività- bensì guidati da una rincorsa ad acquistare, riproducendo quanto già fatto. Ciò non significa, da parte degli utilizzatori, impiegare prodotti o servizi non appropriati, ma ricercarli anche fuori dal perimetro di acquisto formalizzato, generando non solo una dissociazione tra quanto richiesto agli OE e quanto impiegato nella realtà, ma anche l’uscita dei processi reali dal campo visivo di chi acquista, di chi governa la spesa e anche degli OE che si aggiudicano i contratti.
Ciò porta direttamente all’istanza sollecitata dal principio 6: utilizzo coerente delle tecnologie digitali, per avere un dato che “fluisce” in modo organico nella rete dei vari interlocutori e per costruire su questo flusso un public procurement adeguato a rispondere alla domanda e a incorporare l’evoluzione delle tecnologie digitali. Tracciare e condividere le informazioni è fondamentale per la qualità del servizio: si pensi al monitoraggio dei Service Level Agreement nei contratti con i fornitori o all’invocato acquisto di soluzioni che creino valore, che restano un’Araba Fenice in assenza di sistemi che possano parlare tra loro, trasferire informazioni, consentire interventi in tempo reale, tracciati, documentati e quindi evidenti.
Come supportare la telemedicina
Altro discorso parallelo è quello della telemedicina, che postula la trasferibilità e la condivisione di dati e informazioni: senza un governo adeguato ed esperto del committente pubblico e un monitoraggio sistematico e in tempo reale rischia di essere solo una sostituzione della presenza fisica. La realizzazione dell’innovazione richiede una ristrutturazione dell’impianto e del disegno dei servizi offerti, come sempre più stanno riconoscendo i soggetti aggregatori regionali / nazionali e le società IT in house, che ritengono inefficace un puro acquisto di tecnologia senza un ridisegno organizzativo, di ruoli e responsabilità (principio 11).
Il ruolo del project management
Infine, le competenze di project management (principio 10), già da tempo identificate come rilevanti se non addirittura essenziali nel processo di acquisto pubblico, ma su cui servirebbe un intervento formativo più sistematico e sistemico, sono ritenute fattore abilitante ancor più vitale data l’ampiezza dei progetti, l’investimento crescente e, in parallelo, i rischi di inefficacia e di fallimento.
Un acquisto di tecnologie digitali oggi non può limitarsi alla trasformazione digitale dei precedenti processi, ma dovrebbe stimolare da parte di chi adotterà nuove soluzioni digitali un approccio di ripensamento organizzativo sostanziale, quindi non solo digital literacy, ma una riconfigurazione di sistemi e processi e, di conseguenza una domanda di acquisto sostanzialmente diversa, dalla tecnologia per sé al risultato trasformativo da raggiungere.
Una PA digitale serve se basa le proprie decisioni su dati ed evidenze, se governa i processi nella loro completezza, fino al monitoraggio dei risultati, se apprende e “innova la propria domanda di innovazione”, diventandone il driver e non un follower passivo.