L'approfondimento

PNRR, quella voglia di semplificare gli appalti pubblici: che sia la volta buona

I contratti pubblici potrebbero essere leva trainante per la ripresa del Paese, il PNRR dedica spazio alle indicazioni per semplificare l’ambito caratterizzato da problematiche normative annose non ancora risolte

Pubblicato il 13 Mag 2021

Paola Conio

Avvocata, Senior Partner Studio Legale Leone

appalti

Il PNRR, precisamente dalla pagina 65 alla pagina 67 del testo trasmesso ufficialmente alla Commissione Europea, reca le ennesime indicazioni per la semplificazione in materia di contratti pubblici.

La leva dei contratti pubblici, che muoveva prima del Covid-19 circa il 10% del PIL nazionale, con effetti indiretti potenzialmente molto significativi in termini di moltiplicatore degli investimenti, in considerazione delle interdipendenze settoriali esistenti, costituisce – rectìus, potrebbe costituire – un’arma potentissima nell’arsenale del Governo Italiano per fronteggiare e sconfiggere il mostro famelico della recessione economica che nell’ultimo anno ha divorato un numero impressionante di imprese, non certamente limitato a quelle che già ante pandemia si muovevano traballanti sull’orlo del precipizio.

La ripresa e la resilienza dell’Italia non possono non passare anche dall’efficienza e dall’efficacia del suo procurement pubblico. Se, dunque, in qualche modo è d’obbligo in un Piano di così grande portata ed ampio respiro, anche temporale, prendere in considerazione le problematiche mai risolte della normativa in materia di contratti pubblici, dall’altro canto non si può non temere di trovarsi di fronte all’ennesima “riforma della riforma”, all’ennesima “opera incompiuta” che tormenta un quadro normativo già martoriato, senza riuscire né a distruggerlo né a guarirlo. Ma se questo deve essere tempo di speranza, allora speriamo che questa annunciata semplificazione sia quella giusta, che venga attuata completamente e che dia i suoi frutti.

PNRR, l’obiettivo della semplificazione del procurement

Anche il PNRR continua a porsi il complicato obiettivo della semplificazione normativa, ritenuto essenziale per l’effettiva ripresa dell’economia, come prima di lui hanno fatto molteplici provvedimenti, dagli sblocca-cantieri ai decreti semplificazione susseguitisi negli ultimi anni. Spiace che nella declaratoria degli obiettivi, tale essenzialità sia stata espressamente legata soltanto all’efficiente realizzazione delle infrastrutture e al rilancio dell’attività edilizia, lasciando ancora una volta in ombra il settore dei servizi, che rappresenta invece, nell’evoluzione dei bisogni e delle sfide poste dal progredire della società, un ambito certamente non cadetto e di minore importanza rispetto al pure importantissimo ambito dell’infrastrutturazione fisica del Paese.

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Il PNRR pone l’accento sull’importanza non soltanto della fase di affidamento, ma anche su quelle, a monte, della pianificazione, programmazione e progettazione. Ribadire la centralità queste fasi vitali per il successo dei processi di procurement non può che essere guardato con favore: non importa soltanto che una procedura di affidamento venga esperita nei tempi giusti e senza ricorsi, importa anche e soprattutto che sia servita ad acquistare qualcosa che davvero serve nel momento in cui serve.

L’attuazione in via d’urgenza degli appalti

Per quanto attiene al brevissimo periodo – il decreto-legge dovrebbe essere approvato già nel corrente mese di marzo – la scelta del PNRR si pone nel solco già tracciato dal D.L. 76/2020 (il c.d. Decreto Semplificazioni), prevedendo una disciplina temporanea d’urgenza, che rafforzi ed estenda sino al 2023, le semplificazioni già adottate dal citato decreto, in particolare per quanto attiene a:

  • Verifiche antimafia e protocolli di legalità
  • Conferenza di Servizi veloce
  • Limitazione della responsabilità per danno erariale al solo caso di dolo, ad esclusione dei danni cagionati da omissione o inerzia
  • Istituzione del collegio consultivo tecnico, con l’obiettivo di definire celermente le controversie in via stragiudiziale e ridurre il contenzioso davanti al giudice
  • Individuazione di un termine massimo per l’aggiudicazione dei contratti, con riduzione dei tempi tra pubblicazione del bando e aggiudicazione
  • Individuazione di misure per il contenimento dei tempi di esecuzione del contratto, in relazione alle tipologie dei contratti

Inoltre, il PNRR riattiva immediatamente l’operatività di alcuni significativi strumenti di riforma del settore introdotti dal Codice Contratti del 2016, ma arenatisi nel corso del tempo (come la Cabina di Regia istituita presso la Presidenza del Consiglio) o mai attuati o solo parzialmente attuati (come la riduzione e la qualificazione delle Stazioni Appaltanti, il potenziamento della Banca dati dei contratti pubblici, la semplificazione e digitalizzazione delle procedure e l’interoperabilità dei relativi dati).

Perché serve una disciplina snella

Se lo Sblocca cantieri (DL 32/2019) aveva ripristinato il modello “Legge delegata + Regolamento attuativo”, il PNRR inverte nuovamente la rotta, ritornando sulla necessità di una disciplina snella, che integri le Direttive Europee esclusivamente nelle parti che non siano self executing e riduca al massimo le regole che vanno oltre quelle richieste dalla normativa europea, con un approccio anche comparativo, guardando all’esperienza di recepimento della normativa europea della Germania e del Regno Unito ante brexit.

Va infatti sfatato un mito tanto errato quanto diffuso, che vede nella legislazione eurounitaria la fonte della complicazione e della difficoltà di gestione dei processi di procurement pubblico e, conseguentemente, nella sospensione delle regole europee la panacea di tutti i mali e la cura migliore per l’inefficienza del nostro Paese.

Che si tratti solo di un mito appare evidente solo a considerare che altri Paesi dell’Unione (come appunto la Germania o, fino a che ne ha fatto parte, il Regno Unito), pur avendo e applicando lo stesso identico set di norme eurounitarie, riescono a gestire efficacemente e celermente gli affidamenti. Non sono, dunque, le Direttive Europee a generare la complicazione del nostro quadro normativo, ma le sovrastrutture normative, l’iper-regolamentazione, la schizofrenia e il parossismo delle modifiche continue che lo caratterizzano e lo ingessano, costituendo al contempo un alibi perfetto per chi è di cattiva volontà e un problema serio per chi la buona volontà l’avrebbe eccome.

I criteri della Legge delega

Ben venga, dunque, la riscrittura delle regole se questo sarà davvero l’approccio seguito. Entro la fine del corrente anno si ipotizza la presentazione al Parlamento della legge-delega, con adozione dei decreti delegati nei nove mesi successivi all’approvazione della stessa, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

  • Riduzione e razionalizzazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni
  • Recepimento delle direttive europee, integrate in particolare là dove non immediatamente esecutive
  • Previsione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, nel rispetto dei principi di concorrenzialità e trasparenza
  • Piena apertura e contendibilità dei mercati
  • Previsione di specifiche tecniche relative alle gare da espletare, soprattutto in relazione a beni e strumenti informatici e componenti tecnologici, che garantiscano parità di accesso agli operatori e non costituiscano ostacolo alla piena attuazione del principio di concorrenza
  • Riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti alle procedure di evidenza pubblica
  • Individuazione espressa dei casi nei quali è possibile ricorrere alla procedura negoziata senza precedente pubblicazione di un bando di gara
  • Precisazione delle cause che giustificano la stipulazione di contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza e specificazione delle relative modalità attuative
  • Individuazione dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione dei decreti legislativi e di discipline specifiche per particolari tipologie di contratti pubblici in ragione della peculiarità del loro contenuto
  • Previsione di misure volte a garantire la sostenibilità energetica e ambientale e la tutela della salute e del lavoro nell’affidamento dei contratti
  • Regolazione espressa dei casi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere, ai fini dell’aggiudicazione, al solo criterio del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta
  • Realizzazione di una e-platform ai fini della valutazione della procurement capacity (novità molto interessante)
  • Revisione della disciplina dell’appalto integrato, con riduzione dei divieti
  • Revisione della disciplina del subappalto
  • Tendenziale divieto di clausole di proroga e di rinnovo automatico nei contratti di concessione
  • Rafforzamento delle strutture pubbliche per il controllo sulle opere stradali e ferroviarie, fermi restando gli obblighi di controllo tramite strutture indipendenti e quello di manutenzione a carico del concessionario, con le relative conseguenti sanzioni in caso di inadempimento
  • Rafforzamento degli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alle azioni dinanzi al giudice.

Lo scenario

Se i principi direttivi che dovrebbero ispirare la legge delega non sono poi così dissimili da quelli che erano stati dettati per i Codici precedenti, salvo alcune rilevanti novità, quello che si auspica sia davvero cambiato è l’approccio. Maggiore pragmatismo, più attenzione alla messa a terra invece degli annunci di riforma, più supporto effettivo alle stazioni appaltanti, chiusura del cantiere permanente di modifica del Codice Contratti, che tanta parte ha nel rendere inefficiente l’azione amministrativa.

La pandemia ha messo il Paese di fronte ad una sfida epocale, e con lo spirito e il coraggio con cui si affrontano le più dure battaglie occorre procedere. Perché non c’è dubbio che l’alternativa alla ripresa non sarebbe altro che l’implosione del sistema.

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