La precompilata IVA suscita perplessità tra gli esperti, in quanto sembra essere un progetto non completo e non condiviso, oltre che non realizzabile nel momento attuale, per usare le espressioni del presidente di Assosoftware Bonfiglio Mariotti. La genesi della precompilazione degli adempimenti da parte del Fisco nasce dalla presunzione di poter semplificare gli obblighi a carico dei contribuenti mettendo a loro disposizione i dati in possesso dell’Amministrazione Finanziaria e contribuendo in questo modo alla cosiddetta “compliance”. Ma nella realtà non è proprio così.
Precompilata Iva, dalla teoria alla pratica
In linea di principio, si tratta di un obiettivo nobile e largamente condivisibile che segue la logica del “once only” e cioè di non duplicare informazioni già comunicate alla PA ma piuttosto di poter riutilizzare i dati in un formato elaborabile e secondo un modello di interoperabilità pubblico – privato, facilitando il contribuente nella gestione dei vari adempimenti.
In realtà l’attuazione di tale principio da parte dell’Agenzia delle Entrate è stata del tutto rivista dando prevalenza all’aspetto di gestione vera e propria del modello di dichiarativo o elaborato previsto dalla norma, in sostituzione di quanto viene effettuato dal contribuente o dall’intermediario con i propri sistemi gestionali. L’aspetto di interoperabilità e cooperazione con gli utenti esterni e i loro sistemi gestionali è rimasto sempre residuale, relegato ad una fase opzionale e manuale di scarico batch di informazioni, come se l’operazione fosse poco significativa e comunque non determinante.
Di fatto il Fisco andrebbe a sostituirsi al lavoro fatto dagli operatori privati generando in automatico le dichiarazioni periodiche e annuali, grazie alle informazioni comunicate dagli stessi operatori nei vari flussi telematici. Aldilà delle legittime valutazioni degli effetti sul mercato e sulla concorrenza dell’attività pubblica, si tratta di un obiettivo velleitario per la complessità, l’articolazione e la segmentazione dell’ordinamento tributario e giuridico italiano che non può prescindere da analisi e valutazioni soggettive del contribuente che quasi sempre richiedono il consiglio e il contributo di professionisti ed esperti in materia.
Il precedente: il modello 730 precompilato
L’esperienza del modello 730 precompilato in questo senso è significativa, infatti dopo 6 anni di lavoro da parte dell’Agenzia delle Entrate su più di 20 milioni di modelli solo circa 600.000 sono stati quelli confermati e inviati senza modifiche tramite i servizi online dell’Agenzia, altri 3 milioni circa sono stati inviati in autonomia dopo aver modificato i dati proposti e circa 17 milioni sono stati gestiti da CAF e Professionisti.
E stiamo parlando di una dichiarazione dei redditi individuale che normalmente genera un rimborso d’imposta per il contribuente e che quindi, soprattutto se il beneficio è di piccola misura può essere accettata anche se parziale e incompleta. Dobbiamo ricordare infatti che gli adempimenti a carico delle imprese sono di gran lunga più complessi e soprattutto, in questi casi, la precisione è un aspetto dirimente considerati gli effetti sui versamenti d’imposta e i profili sanzionatori. Nel caso del modello 730 precompilato lo scambio delle informazioni con gli operatori professionali è gestito tramite lo scarico di files, operazione che richiede interventi manuali, a volte ripetuti, a rischio di errori.
Precompilata Iva, le intenzioni e l’impatto
Riguardo alla “precompilata IVA”, innanzitutto ricordiamo che l’articolo 4 del decreto legislativo 127 del 2015 prevede che l’Agenzia delle Entrate, in via sperimentale, a partire dalle operazioni 2021 metta a disposizione dei soggetti passivi dell’Iva residenti e stabiliti in Italia, in un’area riservata del sito delle Entrate, le bozze dei registri Iva delle fatture di vendite e acquisti (articoli 23 e 25 del decreto Iva), utilizzando i dati delle fatture elettroniche, delle comunicazioni transfrontaliere e della comunicazione telematica dei corrispettivi giornalieri.
A motivo del suo carattere sperimentale il progetto della precompilazione IVA, avviato da Agenzia Entrate a parziale recepimento di quanto definito all’art. 4 del Dlgs 127/2015, non avrà molto appeal sugli intermediari fiscali e sulle stesse aziende dal momento che, senza un adeguato supporto assicurato dalle soluzioni applicative gestionali, entrambi andrebbero incontro ad un aggravio in termini di attività di verifica aggiuntiva: infatti, è noto che le informazioni presenti negli archivi contabili elettronici di studi e imprese sono qualitativamente più puntuali rispetto a quelle che sono nella disponibilità dell’Agenzia Entrate. Quest’ultima, per esempio, non dispone di alcuni dati basilari ai fini della compilazione dei registri, come nel caso delle fatture analogiche, dell’inerenza dei costi, della parziale o totale indetraibilità, dei movimenti non IVA quando i registri rivestano significatività anche ai fini delle imposte dirette.
I mancati benefici
E tale attività di controllo supplementare sarebbe da espletare senza per contro avere vantaggi concreti, perlomeno nella riduzione dei termini del periodo di accertamento. Non pare scorgervi un sostanziale beneficio nemmeno nella possibilità di ovviare alla tenuta dei registri, di cui agli artt. 23 e 25 del DPR 633/1972, così come previsto al sopra citato articolo 4 del Dlgs127/2015; in molti casi, le aziende (o più spesso i loro intermediari fiscali) saranno costretti a mantenere la dotazione dei registri sopra menzionati dal momento che gli stessi, per diverse fattispecie a cui è riservato il progetto di precompilazione IVA (soggetti in regime di contabilità semplificata), assolvono anche alla funzione di registri ai fini delle imposte dirette.
Oltre a ciò, come si accennava, l’introduzione del nuovo processo di precompilazione IVA portato avanti unilateralmente da Agenzia Entrate non sarebbe agevolato, nella fase sperimentale, da specifiche funzionalità introdotte nei gestionali in uso presso gli studi professionali, come l’accesso diretto ai dati della precompilata o l’aggiornamento automatico dei registri IVA proposti con i dati prelevati dai gestionali. Tutte funzionalità che al momento non sono implementabili, sia per la mancanza di specifiche API (Application Programming Interface) nei servizi dell’Agenzia delle Entrate, sia perchè i produttori di software in questo momento sono già impegnati con l’aggiornamento dei prodotti in vista delle scadenze fiscali ordinarie, tipiche dei prossimi mesi, e in riferimento ai nuovi temi straordinari introdotti dalla normativa emergenziale.
La necessità di una piattaforma API
La creazione di una piattaforma di API da parte dell’Agenzia delle Entrate per accedere ai servizi online in cooperazione applicativa rimane un requisito irrinunciabile per questo e per molti altri progetti dove l’interoperabilità con i software gestionali è un elemento determinante.
Come abbiamo recentemente sostenuto in una campagna informativa caratterizzata dall’hashtag #APIFirst, quando si offrono servizi online da parte della PA si devono contemporaneamente, anzi prima, mettere a disposizione i componenti (API) per dialogare con i sistemi esterni. E non parliamo ovviamente dello scarico batch di files, funzione che sembra sarà disponibile anche per l’IVA come abbiamo visto per il modello 730, in quanto il download e l’upload di files richiedono interventi manuali che rallentano le attività con alto rischio di errori.
L’implementazione di specifiche funzioni di cooperazione applicativa, tuttavia, deve essere programmata per tempo perché richiede un’attenta ed esaustiva analisi software, oltre ad investimenti di sviluppo che se eccessivi e non ottimizzati si tradurrebbero in maggiori costi da sostenere per gli studi e di conseguenza, in ultima analisi, per le aziende finali.
Precompilata Iva e crisi
Da considerare infine che il progetto di precompilata IVA si inserisce, oltre modo, in un contesto di alta criticità, in cui le imprese stanno affrontando una difficile situazione economico-finanziaria a causa degli effetti della pandemia sul sistema produttivo del Paese, per cui non costituirà per loro una priorità imprenditoriale rispetto ad altre necessità a cui dovranno certamente dare precedenza.
Se si vuole veramente semplificare le attività dei contribuenti bisogna innanzitutto partire dai loro bisogni che sono trasparenza, automazione e facilità d’uso nelle operazioni verso la PA che tradotto significa scambio digitale delle informazioni tra i Servizi Pubblici e le soluzioni Private; solo in questo modo si darà un contributo significativo verso l’agognata “compliance”.