La Giustizia italiana – si sa – è sempre in affanno: ritardi, rinvii, inefficienze, personale inadeguato e tanti altri problemi allungano i tempi del contenzioso in non pochi casi già smisuratamente dilatati.
Eppure alcune soluzioni sono già disponibili. Mi riferisco, principalmente, a quelle tecnologiche che se è vero che da sole potrebbero non bastare, corrisponde parimenti a verità che sono ignorate.
La tecnologia ha cambiato il corso delle cose in ogni periodo storico, è un dato di fatto.
Nella giustizia civile il processo “telematico” è già una realtà a pieno regime.
In poche, semplici, parole, processo telematico è quel processo che si può celebrare, salvo gli inevitabili momenti di oralità, a distanza, appunto per il tramite della telematica.
Il processo telematico, consiste, per esempio, in documenti firmati digitalmente, notificazioni via PEC, deposito atti, disponibilità remota di un fascicolo telematico liberamente consultabile da giudice e parti nella comodità delle propria postazione, ecc.
I settori amministrativo e tributario sono gli ultimi arrivati, ma hanno beneficiato dell’esperienza maturata nelle aule civili.
Purtroppo, la giustizia penale è, ancora una volta, la Cenerentola del gruppo. Credo vi siano molte ragioni per questa costante maglia nera. Penso siano, come sempre, fattori umani di resistenza alle novità – un diffuso misoneismo – sui quali occorre la consapevolezza di dover lavorare parecchio.
Tuttavia, c’è chi non demorde e ritiene che un processo telematico penale sia non soltanto qualcosa di “pratico” ed “economico”, ma costituisca un efficace mezzo per il raggiungimento dei fini costituzionali.
L’art. 3 fissa il principio di eguaglianza, dove tutte le parti sono sullo stesso piano. Attualmente, certi strumenti (es.: notificazioni via PEC) sono legittimamente utilizzabili soltanto dalla magistratura (dapprima per interpretazioni favorevoli, poi per regole ad hoc), mentre sono totalmente inibiti alle parti private e pure ai loro difensori. Eppure, basterebbe poco più di qualche richiamo alle regole vigenti per il civile.
Ricordiamo anche il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. La difesa, nel concreto, deve avere pieno e più semplice accesso agli atti, quando legalmente disponibili, laddove troppo spesso il quotidiano ci parla di indisponibilità, di fatto, degli atti.
Un esempio per tutti: copiare un CD (qualunque sia il contenuto) costa euro 320,48 di diritti di copia.
Infine, l’art. 111 Cost. impone la ragionevole durata del processo (l’Italia “vanta” plurime condanne per le lungaggini imputabili ai tribunali) e non v’è chi non veda che la tecnologia è in grado di comprimere nettamente i tempi processuali.
Il processo penale telematico è, dunque, improcrastinabile. L’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha voluto dare un chiaro segnale di fronte a tali inerzie, scendendo in campo con la costituzione di una Commissione per l’informatizzazione del Processo Penale.
Dapprima, un’occasione di ascolto degli operatori del diritto, ma anche del privato cittadino, il sempre trascurato ”utente giustizia”.
In seconda battuta, per porsi come interlocutore con le Istituzioni per la realizzazione di una giustizia migliore, anche tecnologica.