E’ rilevante il parere offerto dall’Ufficio Studi del Consiglio di Stato, con un documento pubblicato sul sito della Giustizia amministrativa, sulle recenti novità normative in materia di domicilio digitale, in risposta ad alcuni quesiti formulati dal Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Vediamone conseguenze e implicazioni.
La natura di tale documento (parere) e l’Organo emanante (l’Ufficio Studi) consentono di qualificare il documento come uno dei molteplici atti di soft law con i quali il Segretariato della Giustizia Amministrativa ha negli ultimi due anni integrato, corretto e interpretato le norme del DPCM n. 40/2016. Come tale, il parere definisce gli spazi di contorno della regola, ma non si pone come diretta fonte del diritto: si auspica quindi che quanto in esso contenuto confluisca in tempi rapidi nella già annunciata – e quanto mai necessaria – revisione delle regole normative e tecniche che disciplinano il Processo Amministrativo Telematico.
Il parere dell’Ufficio Studi del Consiglio di Stato in materia di domicilio digitale
Il documento si compone di tre parti: dapprima l’Ufficio Studi ricostruisce il sistema normativo in materia di elezione del domicilio, con particolare focus sul domicilio eletto dalle parti del giudizio amministrativo; indi offre alcune indicazioni concrete volte ad orientare giudici e avvocati sul tema legato alla domiciliazione delle parti; infine offre alcuni suggerimenti di adeguamento e modifica del Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa (SIGA) e delle prassi delle Cancellerie degli uffici giudiziari.
Il sistema normativo in materia di elezione del domicilio
Il documento esamina, in primo luogo, la legislazione in materia di domicilio nel processo con particolare riferimento alla coesistenza di due norme apparentemente in conflitto tra loro: l’art. 25 del cpa (che individua il domicilio digitale come il domicilio eletto ex lege in ambito processuale) e l’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1034, n. 37 (che individua come domicilio ex lege la Cancelleria del giudice nei casi in cui l’avvocato non abbia eletto domicilio “fisico” nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria adita). Quest’ultima norma, attualmente in vigore, si applica infatti pacificamente anche al processo amministrativo (ma, come si vedrà oltre, solo in funzione residuale, nelle ipotesi di malfunzionamento dell’indirizzo PEC o di messa indicazione del domicilio digitale o fisico), ed ha la sua ratio nello scopo di esonerare la parte sulla quale incombe la notificazione dai maggiori oneri connessi all’esecuzione della stessa fuori del circondario in cui ha sede l’organo giudiziario investito della controversia (Cons. Stato, sez. V, 30 maggio 2007, n. 2768; Cons. Stato, sez. VI, 25 febbraio 1989, n. 174).
L’antinomia tra le due norme, in realtà, è solo apparente, alla luce della interpretazione dell’art. 82 in discorso resa dalla risalente ma attuale e chiarissima sentenza dell’Adunanza Plenaria 19 giugno 1984, n. 13, che ha chiarito: (1) che dopo la costituzione in giudizio è l’avvocato difensore, e non la parte, il naturale destinatario degli atti processuali; (2) che l’avvocato difensore è destinatario degli atti processuali in quanto “sostituto necessario della parte, e non in quanto domiciliatario” con la conseguenza che la mancata dichiarazione di elezione di domicilio della parte “è ininfluente sul regime delle notificazioni”, e (3) che la ratio della norma che prevede l’obbligo di eleggere domicilio presso la sede del Giudice adìto è quella di garantire la speditezza del processo individuando, in difetto di elezione di domicilio, un “domicilio de jure”.
Proprio i principi dianzi richiamati, riportati ad attualità, confermano la correttezza delle soluzioni proposte dall’Ufficio Studi del Consiglio di Stato.
Il parere risolve infatti il tema del rapporto tra le due norme attribuendo all’art. 25 c.p.a. la funzione di “designare il domicilio digitale come il domicilio eletto ex lege in ambito processuale”, in ragione della sua funzione di garantire le esigenze connesse all’efficienza del processo telematico (accelerazione dei tempi della giustizia, standardizzazione delle procedure, risparmio di spesa), ed è riferibile direttamente al difensore indipendentemente dal fatto che sia stato indicato all’atto della costituzione in giudizio. Allo stesso tempo, il parere chiarisce la natura “non esclusiva ma preferenziale” di tale indicazione, perché l’ordinamento continua a prevedere la perdurante rilevanza giuridica del domicilio fisico, che rimane operativo nelle situazioni residuali nelle quali non è possibile effettuare la notificazione presso il domicilio digitale.
Domiciliazione delle parti, qualche indicazione per giudici e avvocati
Sulla base di tali premesse il parere offre alcune indicazioni concrete volte ad orientare giudici e avvocati sul tema legato alla domiciliazione delle parti con riferimento al luogo delle notifiche da effettuare nell’ambito del processo amministrativo.
A questo scopo, distingue tra le notifiche degli atti introduttivi del giudizio e le notifiche delle impugnazioni.
Per quanto riguarda le notifiche nel giudizio di primo grado (per le quali non si può fare riferimento ad una preventiva elezione di domicilio) il parere indica le regole che seguono:
- a) la notifica degli atti introduttivi del giudizio può essere eseguita sia al domicilio digitale (cioè, all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato nei pubblici registri), sia al domicilio fisico: e questo in ragione della perdurante facoltatività della notificazione digitale (a mezzo pec) con le altre modalità “tradizionali” (la notifica a mani ex art. 141 c.p.c. a mezzo Ufficiale giudiziario, in virtù del rinvio previsto dall’art. 39 comma 2 c.p.a., o la notifica in proprio, ex lege n. 53/1994);
- b) la notifica degli atti in pendenza di giudizio deve essere eseguita in via principale al domicilio digitale (domicilio elettivo ex lege) indicato dalla parte o, in mancanza, al domicilio digitale rinvenibile nei pubblici registri; ma in caso di impossibilità a procedere alla notifica via pec si dovrà procedere alla notifica presso il domicilio fisico indicato dalla parte all’atto della costituzione in aggiunta al domicilio digitale e, in via ulteriormente residuale, alla notifica presso la Cancelleria del giudice innanzi al quale pende la lite.
Per le notifiche dell’impugnazione della sentenza di primo grado alle parti costituite nel giudizio di primo grado e per le notifiche delle impugnazioni il parere indica le regole che seguono:
- a) per le notifiche alle parti costituite nel giudizio di primo grado:
– la notifica della sentenza e dell’impugnazione va effettuata al domicilio digitale della parte vittoriosa indicato all’atto della notificazione della sentenza o, in mancanza, indicato al momento della costituzione in primo grado e riportato in sentenza;
– in mancanza di espressa indicazione del domicilio digitale all’atto della notificazione della sentenza o di indicazione, sarà onere della parte appellante provvedere alla sua estrazione dai pubblici registri;
– in caso di inefficienza della pec per cause imputabili al destinatario, la notifica dell’impugnazione andrà effettuata presso il domicilio fisico indicato in aggiunta a quello digitale, all’atto della notificazione della sentenza o indicato, sempre in aggiunta al domicilio digitale, nel giudizio di primo grado.
- b) per le notifiche alle parti non costituite nel giudizio di primo grado: la notificazione può essere effettuata sia al domicilio digitale sia al domicilio fisico, con le stesse gradate possibilità indicate per le notifiche degli atti introduttivi del giudizio.
- In chiusura, il parere indica al Segretariato Generale alcuni accorgimenti di carattere tecnico-pratico.
Domicilio digitale, qualche modifica a SIGA e prassi delle Cancellerie
In primo luogo, manifesta l’esigenza di adeguare al sistema del Processo Amministrativo Telematico l’espressione “deposito degli atti in segreteria”: a tale scopo, il SIGA dovrà prevedere la creazione di un “luogo digitale” (una directory) che replichi il “luogo fisico” dove, fino ad oggi, vengono affissi gli atti notificati presso la segreteria.
In secondo luogo, suggerisce una modifica ai modelli di provvedimento nella Scrivania del Magistrato, che dovranno indicare il domicilio digitale come domicilio eletto e indicare in aggiunta il domicilio fisico se esistente.
Infine, il parere auspica che – almeno nella prima fase di applicazione della disciplina (indicativamente, il primo anno di operatività del nuovo art. 25 c.p.a.) e in ossequio al dovere di cooperazione sancito dall’art. 2 comma 2 c.p.a. – le Cancellerie si facciano carico di trasmettere ai difensori, all’atto della loro costituzione, una comunicazione di cortesia con la quale rammentino:
- a) nel caso di elezione di domicilio fisico in un comune diverso da quello ove ha sede l’ufficio giudiziario dinanzi al quale pende la lite, che il domicilio eletto corrisponde alla PEC indicata negli atti difensivi e, se questa non è operativa per causa imputabile al destinatario, si procederà alle notificazioni degli atti processuali mediante deposito in segreteria.
- b) nel caso di preesistente elezione di domicilio presso la Segreteria dell’ufficio giudiziario o di preesistente domiciliazione ex lege presso la Segreteria, che inviti la parte a indicare il proprio domicilio digitale con l’avviso che, in mancanza di tale indicazione, le notificazioni avranno luogo mediante deposito degli atti in segreteria.