La riflessione

Processo civile telematico, lo stato dell’arte (e cosa ci aspetta da settembre)

Continua il lento miglioramento del PCT: dagli “sportelli di prossimità” alla riforma della magistratura onoraria, tante le novità mentre si attende la pubblicazione delle guidelines del processo esecutivo online

Pubblicato il 02 Ago 2017

Giuseppe Vitrani

avvocato, Centro Studi Processo Telematico

Giustizia digitale

La fine del 2016 e del 2017 sono state segnate da un’apparente stasi nell’evoluzione tecnologica del processo civile telematico; in realtà molti sono gli interventi di manutenzione e miglioramento ma si sono concentrati sui sistemi in utilizzo ai magistrati e da ultimo sull’introduzione della consolle del pubblico ministero. Inoltre, in collaborazione con gli enti locali, sono stati realizzati i cosiddetti “sportelli di prossimità”, con lo scopo di fornire alcuni servizi (quali informazioni sullo stato dei procedimenti o rilascio di certificati) soprattutto ad utenti privati penalizzati dalle maggiori distanze dagli uffici giudiziari centrali determinate dalla revisione della geografia giudiziaria.

Nella prima metà del mese di luglio sono state invece pubblicate le specifiche tecniche relative alle modalità di pubblicazione sul portale della vendite pubbliche ai sensi dell’art. 161 quater disp. att. c.p.c. nonché le specifiche tecniche per lo svolgimento della vendita di beni mobili e immobili con modalità telematiche.

Prima della pausa estiva, con comunicato del 28 giugno 2017 della Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati, sono state dunque dettate le linee guida necessarie per far partire definitivamente uno dei pilastri dell’informatizzazione del processo esecutivo; da questo punto di vista, pertanto, la fine del 2017 e il 2018 saranno certamente dedicati all’implementazione del sistema e alla verifica dei suoi impatti pratici che, a prima vista, non paiono di semplice ed immediata comprensione, soprattutto per i privati cittadini.

Da segnalare, come breve flash e con riserva di maggiori e futuri approfondimenti, alcune soluzioni degne di attenzione quali l’utilizzo su larga scala del bollo digitale, da poco attivo e al momento erogato dalla sola Infocamere, e il tentativo di dar vita ad un servizio di recapito certificato qualificato esplicitamente ispirato al meccanismo della PEC-ID. Si tenta, infatti, di dar vita ad una “casella di posta elettronica certificata” (ai sensi dell’art. 12, comma IV, dm 32 del 2015) che consenta l’identificazione certa del mittente – offerente, sollevandolo così dall’obbligo di firmare digitalmente l’offerta di acquisto.

Non è certamente questa la sede per esaminare un argomento degno di esame più approfondito; in generale e a prima lettura è, però, legittimo nutrire qualche dubbio circa il fatto che tali modalità risultino di facile fruizione per il comune cittadino, abituato a partecipare all’asta giudiziaria sulla base di una semplice offerta depositata (in busta chiusa) presso un professionista delegato dal Giudice dell’Esecuzione.

Da segnalare, inoltre, vi è senza dubbio l’approvazione definitiva del decreto legislativo di riforma della magistratura onoraria (che per la verità ha suscitato notevoli proteste nel campo degli operatori del diritto), che porterà a un notevole ampliamento delle competenze del Giudice di Pace contestualmente all’introduzione del processo telematico presso i suddetti uffici. La riforma (che al momento in cui si redige il presente articolo non è ancora stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale) prevede comunque un ampio periodo di vacatio, essendone prevista (su questi temi) l’entrata in vigore solo nel 2021.

Per quanto concerne invece temi più strettamente legati al processo contenzioso e al diritto civile in generale, al netto di progetti legislativi di riforma tuttora in elaborazione, possiamo ipotizzare che il futuro sarà sempre più legato alle interazioni tra normativa speciale di settore, codice dell’amministrazione digitale e regolamento eIDAS.

In molti campi si prospettano in effetti profili problematici che la giurisprudenza sarà chiamata a risolvere.

La premessa, in ordine alle considerazioni che seguono, è il disposto dell’ultimo comma dell’art. 2 CAD, ai sensi del quale le disposizioni del CAD “si applicano altresì al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico”.

Con la riforma del codice dell’amministrazione digitale è stata dunque prevista la piena applicabilità delle norme in questione anche in ambito processuale e sempre che non vigano norme speciali.

Da ciò discende ad esempio che se verosimilmente si potrà sostenere la legittimità della limitazione del servizio di notificazione per via telematica da parte degli avvocati alla sola PEC laddove invece il CAD consente l’utilizzo anche di altri servizi di recapito certificato (in questo caso vi è infatti una normativa speciale, la legge n. 53 del 1994, che regolamenta la materia), difficilmente si potrà negare l’efficacia di tali servizi in ambito sostanziale.

Un chiaro esempio in tal senso è costituito da una recente ordinanza del tribunale di Catania che ha giudicato legittimo un licenziamento intimato via WhatsApp, considerando che certamente al messaggio in questione può essere attribuita natura di documento informatico, oltretutto munito di firma elettronica (ancorché semplice o “leggera”) e dunque in grado di soddisfare il requisito della forma scritta ai sensi dell’art. 21 CAD.

In attesa dunque di interventi correttivi che possano correggere alcuni aspetti critici emersi nell’applicazione pratica delle norme sul processo civile, questi paiono i campi di indagine più interessanti da esplorare.

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