Il primo decreto ingiuntivo scritto in un documento informatico è stato emesso dal tribunale di Milano nel dicembre del 2006; da allora sono passati quasi sette ann; da allora la scalata per portare di informatica nel processo civile ha fatto numerosi proseliti e parecchia strada. Si redigono ottimi verbali e sentenze e atti dei procedimenti di esecuzione su documenti informatici, alcune memorie delle parti vengono inviate come file PDF testo, ma soprattutto il sistema processuale inizia a fondarsi su testi informatici strutturati, nel tentativo di costruire un sistema cognitivo utile al processo, dove i dati si trovino ordinati e facilmente accessibili tramite strumenti informatici per giudici e avvocati e cancellieri. Questi ultimi in particolare si giovano del fatto di veder diminuire il contatto con il pubblico e di non dover più compilare registri cartacei; le informazioni strutturate accompagnate dai testi degli avvocati popolano infatti il database dei registri di cancelleria in modo automatico. I tempi di attraversamento degli uffici si riducono sostanzialmente non dovendosi trasportare, registrare, controllare e ricercare i fascicoli cartacei.
Nei procedimenti monitori per i decreti ingiuntivi questo ha portato ad una sostanziale riduzione dei tempi di emissione del provvedimento; anche il procedimento cartaceo ne ha risentito positivamente, per la diminuzione dell’intasamento degli uffici derivante dal calo delle richieste tradizionali, cartacee.
Il grafico illustra le durate dei procedimenti monitori cartacei e telematici pervenuti mese per mese, dal 2008 al 2010; la linea tratteggiata nera illustra la percentuale di procedure telematiche.
La discesa della linea blu, che indica la durata dei ricorsi tradizionali, coincide con l’innalzarsi della linea tratteggiata nera che indica la percentuale di ricorsi telematici sul totale; la durata media dei procedimenti telematici è invece sostanzialmente indifferente al numero di ricorsi.
Con ciò si dimostra che – in situazioni di penuria di personale di cancelleria quali quelle croniche del tribunale di Milano – mentre vi è una funzione diretta tra la durata e il numero dei ricorsi cartacei, così non è nel processo telematico, almeno fino al marzo 2010, con il personale e il numero di ricorsi di quel periodo. La situazione successiva non è cambiata di molto: c’ è stata una regressione nel 2011 per una crisi tecnica del processo telematico, ma si è tornati nel 2012 ad una distribuzione fra telematico/cartaceo 70 – 30 %.
La percentuale di telematico dei primi sei mesi del 2013 al tribunale di Milano supera l’80%, il numero totale dei ricorsi è sostanzialmente stabile attorno ai 50.000 annui, il personale dedicato è rimasto lo stesso, se non diminuito per la attribuzione di nuovi compiti e i tempi mediani si sono allungati, ma solo di qualche giorno.
Stante la difficoltà di portare avanti entrambe le procedure si è deciso di chiedere per l’autunno, come previsto dal decreto legge 179 del 2012, come modificato dalla legge di stabilità per il 2013, l. 228 del 24.12.2012, la abolizione dei ricorsi tradizionali cartacei.
Se così si completerà presso il tribunale di Milano un cammino iniziato quasi sette anni prima, per i decreti ingiuntivi, ben più difficile si presenta la possibilità di raggiungere analogo risultato in tutti i Tribunali italiani, come prevede la legge di stabilità per il 2013 per il 30 giugno 2014; ancor più difficile è che tutti gli avvocati italiani depositino nei Tribunali le memorie esclusivamente in modalità telematica e che nello stesso modo si svolga per intero il procedimento esecutivo.
Ciò tanto più quando grossi problemi organizzativi si aggiungono, a breve, con la attuazione della non più dilazionabile riforma sull’accorpamento dei tribunali minori e soppressione delle sezioni distaccate, prevista per il prossimo settembre, anche e soprattutto per la unione e integrazione dei database dei vari tribunali, fino ad oggi separati.
Questi obiettivi appaiono superiori alle attuali forze organizzative del ministero della Giustizia e potranno essere perseguiti solo con il contributo e la collaborazione dei professionisti, nel consenso loro e degli uffici giudiziari interessati, il cui personale manca, ora come ora, di adeguate motivazioni e di una guida efficace.
Una delle caratteristiche del processo civile telematico nelle sedi in cui è partito è stata la ricerca di sinergie su base locale tra il personale e i giudici degli uffici giudiziari e gli avvocati – non escluso il contributo di altri soggetti interessati, quali banche, ordini professionali vari, enti territoriali – per risolvere i problemi, organizzare procedure, creare, in definitiva una cultura dell’informatica per la ricerca di una nuova efficienza. Dove questo è stato fatto il processo civile telematico si è avviato, ma non è stato così in ogni sede; è questa una delle ragioni della diffusione a pelle di leopardo sul territorio nazionale.
Balza all’occhio che manca una collaborazione a livello nazionale, quale quella sviluppatasi in molte sedi locali: non esiste un luogo nazionale di concertazione delle iniziative nel campo del processo civile, quello stesso luogo che si è rivelato prezioso in sede locale dove il PCT si è avviato.
Se la scalata è iniziata e taluni obiettivi sono stati raggiunti, quelli che ci si è posti con la legge di stabilità 2013, soprattutto per la progettata uniformità nazionale, sono ardui e nascondono difficoltà ancora non affrontate: gli scalatori dovranno congiungersi in cordata per evitare di cadere nei crepacci, ma è chiaro che in questo modo chi rimane indietro frena gli altri e nessuno può concedersi fughe in avanti.
Alla fine però l’obiettivo è di assoluta importanza ed è l’unità nazionale, ancor prima del PCT stesso.
Difficilmente questo obiettivo potrà essere raggiunto senza la collaborazione di tutte le componenti del sistema giustizia, senza scelte condivise, senza un piano che coinvolga e fornisca motivazioni a tutte tali componenti, senza trasparenza e concordia sugli obiettivi, sulle risorse disponibili e il loro impiego, sui modi di raggiungere tali obiettivi. Per questo occorre stringersi in cordata: ci vuole un piano nazionale, contrattato e condiviso perché sia di tutti e da tutti perseguito e realizzato.
Difficilmente il processo telematico si farà, infine, senza una attenta revisione del rito e delle regole tecniche che porti ad un completo sfruttamento delle potenzialità dell’informatica, poiché troppo spesso sino ad oggi la procedura telematica è stata ricalcata su quella cartacea, ripetendone storture e strettoie e perdendo così le opportunità di miglioramento.
Lo stesso sistema della PEC, voluto e fine 2009 in sede governativa, inizia a mostrare le sue debolezza intrinseche nel limite dei messaggi, nella farraginosità della lavorazione, nella impossibilità di controlli e di guida per gli utenti, infine nel non essere uno standard europeo.
Se consideriamo Milano una delle realtà più avanzate sotto il profilo del processo telematico, possiamo vedere una buona riuscita, e tuttavia non si è estesa a tutti i settori,
La percentuale di sentenze telematiche dal 2011 al 2012 è cresciuta, ma è ancora lontana dal rappresentare la maggioranza delle pronunce: in ciò incide il fatto che le numerose sentenze della sezione famiglia non sono ancora rese per via telematica per difficoltà normative e organizzative, legate, queste ultime, all’attuale stato di sviluppo degli applicativi, con i quali è difficile assicurare a queste pronunce la privacy necessaria. Allo stato inoltre risulta comunque difficoltosa la gestione collegiale di fascicoli e provvedimenti e la famiglia ha grossi volumi di produzione, a lavorazione collegiale. Anche l’utilizzo generale del processo telematico ad opera dei giudici risulta incrementato fra il 2011 e il 2012, soprattutto per i verbali di udienza (linea verde, la linea blu indica ordinanze e sentenze, mentre sono fuori da questo conteggio i decreti ingiuntivi).
Le memorie delle parti (linea rossa) continuano ad essere un fatto sporadico – poco più di un migliaio all’anno contro un numero totale stimabile in oltre 100.000 – anche per ostacoli normativi che sono stati rimossi solo nel dicembre 2012. La crisi tecnica del 2011 ha poi fatto calare significativamente la fiducia in questo strumento da parte degli avvocati, di cui a volte le memorie non pervenivano tempestivamente agli uffici. Infine va registrata – ed in parte giustificata – la riluttanza dei giudici a leggere soltanto sullo schermo memorie che a volte si compongono d molte decine, se non centinaia, di pagine.
Allo stato attuale risulta inoltre possibile solo con difficoltà – e comunque non garantita – la consultazione delle memorie in ambito extra ufficio da parte dei giudici, il che imporrebbe comunque loro di disporre di una copia cartacea onde poter studiare gli atti al domicilio, come assai spesso accade. La stessa difficoltà nel “telelavoro” dei giudici è anche alla radice dell’aumento della durata dei procedimenti telematici per ricorso monitorio – cfr. primo grafico sulle durate – nei mesi estivi, per le ferie e la impossibilità di accedere al computer d’ufficio.
Nonostante le difficoltà e la diffusione a pelle di leopardo, anche all’interno dei singoli uffici, il processo telematico comunque è decollato e i numeri delle rilevazioni del distretto di Milano lo confermano: non si tratta di una fase sperimentale o di una strana eccezione al cartaceo, ma di una realtà operativa quotidiana.
Fra la fine del giugno 2012 e i primi del giugno 2013 i database degli uffici giudiziari del distretto della Corte d’Appello di Milano hanno registrato la attività di 237 giudici civilisti, dei quali:
• 137 al Tribunale di Milano
• 40 al Tribunale di Monza di cui 5 alla sezione distaccata di Desio
• 54 giudici attivi negli altri Tribunali del distretto: 4 a Busto Arsizio, 10 a Como, 10 a Lecco, 3 a Lodi, 8 a Pavia, 4 a Sondrio, 11 a Varese, 3 a Vigevano e 1 a Voghera
• 6 Consiglieri della Corte d’Appello
Nello stesso periodo, di quasi 12 mesi, i provvedimenti scritti su documenti informatici complessivamente depositati sono stati 113.059 (decreti ingiuntivi inclusi), dei quali:
• 77.466 provvedimenti depositati in cognizione ordinaria
• 23.192 provvedimenti in materia diritto del lavoro
• 11.727 provvedimenti nelle esecuzioni, principalmente immobiliari
• 674 in materia fallimentare
Nello stesso periodo e nelle stesse materie si sono rilevati giudici che hanno utilizzato quasi sempre la procedura telematica, arrivando a punte di 2000/2500 provvedimenti a testa, specie nelle esecuzioni, e 1800/2000 provvedimenti nel settore lavoro e ordinario; ma al loro fianco vi sono giudici riluttanti all’utilizzo del processo telematico o comunque in difficoltà con questo strumento.
Sono questi – negli stessi uffici e nei diversi ambiti territoriali – i divari da colmare ed il lavoro appare non privo di difficoltà perché è chiaro che chi voleva e sapeva aderire al PCT lo ha già fatto, il punto è ora convincere chi non vuole, aiutare chi non riesce, ovviare ai problemi di chi non può.
Al contempo, come si è detto, va costruita una procedura telematica certa, vanno perfezionati gli applicativi, rivisti e rimediati gli errori del passato.
Per tutto ciò, è evidente, ci vuole una iniziativa governativa, politica e legislativa, che porti alla formulazione di un piano, che coinvolga giudici, avvocati e personale di Cancelleria.
E’ sempre alla guida che fa riferimento la cordata; in sede locale si è spesso agito in situazione di autarchia, ma ciò non può e non deve avvenire in sede nazionale. Occorre che siano create le strutture per una guida dell’innovazione.
E sotto questo profilo la vetta appare ancora avvolta da nubi.