La fase iniziale di assestamento del processo civile telematico è ormai ampiamente superata e, dopo vari interventi normativi e tecnici, si può affermare che il sistema sia giunto a uno stabile assetto.
Tuttavia, residuano ancora alcune problematiche in relazione a depositi telematici recanti anomalie, sulle quali è opportuno soffermarsi al fine di stimolare ulteriori interventi.
In particolare si fa riferimento alle anomalie dei depositi recanti oggetti o registri errati determinanti, talvolta, il rifiuto delle cancellerie.
Come noto, ai sensi dell’art. 16-bis comma 7 D.L. 179/2012, “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia”.
All’esito dei controlli automatici (formali) le possibili anomalie all’esito dell’elaborazione della busta telematica sono:
- a) WARN (WARNING): anomalia non bloccante; si tratta in sostanza di segnalazioni, tipicamente di carattere giuridico (ad esempio manca la procura alle liti allegata all’atto introduttivo);
- b) ERROR: anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell’ufficio ricevente, che può decidere di intervenire forzando l’accettazione o rifiutando il deposito (esempio: certificato di firma non valido o mittente non firmatario dell’atto);
- c) FATAL: eccezione non gestita o non gestibile (esempio: impossibile decifrare la busta depositata o elementi della busta mancanti ma fondamentali per l’elaborazione).
Con la Circolare Ministeriale 23 ottobre 2015 “Adempimenti di cancelleria relativi al Processo Civile Telematico” sono state definite alcune istruzioni per l’elaborazione dei depositi recanti anomalie da parte delle cancelleria, tra cui:
- l’accettazione dei depositi in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, con segnalazione al giudice ogni informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata;
- l’accettazione dei depositi effettuati in un registro diverso da quello di pertinenza all’interno dello stesso ufficio (ad esempio nel caso in cui una causa di lavoro venga erroneamente iscritta al ruolo civile), senza richiesta di versamento di un secondo contributo unificato.
La Corte di Cassazione, seppur in relazione a diverso caso avente ad oggetto l’eccezione di inammissibilità di deposito telematico in assenza del provvedimento ministeriale autorizzativo ex art. 35 D.M. 44/2011 presso lo specifico ufficio giudiziario, ha affermato che il controllo sulla ritualità o meno del deposito telematico, nel rispetto del diritto costituzionale alla difesa e del diritto ad un equo processo ex art. 6 CEDU, è demandato al giudice[1].
Pertanto, il rifiuto della cancelleria, ancorché derivante dai menzionati errori, non può mai dirsi corretto e legittimo.
In punto di anomalie del deposito telematico e, in particolare, di errori nella compilazione da parte dell’avvocato (errore materiale di indicazione nel file xml e/o nell’atto: parti, fascicolo e n. di ruolo, oggetto e registro) si sono susseguiti numerosi provvedimenti giurisprudenziali.
Dopo un primo orientamento particolarmente rigido e negativo, recentemente si è raggiunta una maggiore apertura, probabilmente generata dalla maggiore consapevolezza circa la normativa e l’operatività del sistema telematico, nonché da una spinta positiva rispetto alla rivoluzione telematica introdotta e inizialmente accolta con particolare disfavore da alcuni.
Recentemente si è, infatti, correttamente affermato che errori ed anomalie, come l’indicazione di un errato registro o di ruolo, rappresentano meri errori materiali che non travolgono il deposito telematico dell’atto e che l’attività di cancelleria prescinde da valutazioni di opportunità o organizzative, non costituendo deposito l’accettazione da parte della cancelleria, ma mero inserimento dell’atto nel fascicolo telematico. Attività comunque indispensabile per consentire all’atto di raggiungere lo scopo che gli è proprio.
Tale orientamento vede diverse soluzioni adottate dai vari uffici, attraverso la diretta azione della cancelleria[2], ovvero più frequentemente attraverso la rimessione in termini in caso di errori “banali” facilmente risolvibili dalla cancelleria (casi di registro errato presso il medesimo ufficio, deposito effettuato presso ufficio soppresso, errore nel numero di ruolo del procedimento)[3].
Tuttavia, sono stati comunque numerosi i provvedimenti che hanno negato validità a depositi telematici recanti anomalie con evidenti gravi ricadute e conseguenze in capo alle parti ed ai difensori.
Tra questi si segnalano varie pronunce di nullità e inammissibilità, nonché di decadenza e rigetto di istanze di rimessione in termini relativi alle medesime fattispecie di erroneità del registro di riferimento, erroneità nell’indicazione del numero di ruolo del procedimento, in generale ritenuti errori ascrivibili a colpa del depositante[4].
Sulla base del dato normativo, regolamentare e giurisprudenziale maggioritario si può affermare che:
- le anomalie tecniche rilevate dai sistemi a seguito della generazione della RdAC non possono in alcun modo determinare invalidità;
- gli interventi di “rifiuto” da parte degli operatori non hanno alcuna ripercussione negativa sulla validità del deposito, che è per legge già avvenuto con la generazione della RdAC;
- la parte non incorre in decadenze a seguito del rifiuto del deposito avvenuto dopo la scadenza del termine.
Occorre, tuttavia, meditare e proseguire l’approfondimento:
- sulle conseguenze dell’errore imputabile al mittente del deposito telematico, in presenza di deposito giunto tempestivamente;
- sul rimedio esperibile in caso di errore (es. rimessione in termini, istanza di assegnazione fascicolo con la funzione della consolle del cancelliere);
- sul rimedio necessario per la controparte che non è incorsa in errore e che subisce quello avversario (es. rimessione in termini d’ufficio).
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