Mai come in questi ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha avuto un’accelerazione impressionante in ogni ambito della nostra vita, anche professionale. La digitalizzazione delle procedure fiscali impatta sul lavoro dei commercialisti, i quali si trovano ad affrontare nuove sfide. La principale preoccupazione dei dottori commercialisti non è tanto il fatto che la digitalizzazione e l’automatizzazione dei processi di elaborazione della contabilità e degli adempimenti fiscali possa togliere lavoro agli studi. Spaventa, semmai, l’ingresso nel mercato dei servizi alle piccole e medie imprese di nuovi operatori specializzati e organizzati con logiche industriali, anche stranieri, che lavorano con sistemi e piattaforme gestionali molto evolute. Importante quindi puntare sulla creazione di nuove competenze e studio continuo. Il tema è spunto di riflessione sulla situazione attuale e sui cambiamenti della professione di commercialista.
Fattura elettronica e commercialisti
Il processo della fatturazione elettronica si fonda sul concetto di “interoperabilità”, cioè di avvalersi di un linguaggio informatico comune che rende possibile lo scambio di dati mediante passaggio anche tra sistemi diversi con vantaggi che possono essere rappresentati in:
- riduzione e risparmio del materiale cartaceo utilizzato per l’emissione delle fatture;
- risparmio di tempo per il data entry perché le fatture inviate al Sistema di Interscambio sono automaticamente acquisite e contabilizzate dai sistemi contabili dell’Amministrazione pubblica destinataria e delle controparti del settore privato;
- riduzione dell’errore umano nell’inserimento delle fatture stesse da parte delle controparti coinvolte, cioè amministrazioni pubbliche e settore privato.
Poco più di 4 anni fa scrivevo che il commercialista, almeno nel breve, non verrà sostituito da una macchina e avvaloravo tale affermazione prendendo a riferimento una ricerca, pubblicata nell’estate del 2015 dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti, in cui era rappresentata una fotografia di “come cambia la professione”.
Priorità e sfide attuali
Le considerazioni che ora mi vengono in mente, alla luce del mutato contesto tecnologico ed economico sono:
- la tecnologia digitale sta portando le PMI ad automatizzare ogni fase della filiera amministrativa, con un incremento della quantità e della tracciabilità dei dati di natura amministrativa, generando indubitabili benefici;
- la digitalizzazione e l’automatizzazione dei processi di elaborazione della contabilità e degli adempimenti fiscali non è sostitutiva del commercialista, almeno nel breve;
- le PMI non possono ridurre la domanda di assistenza contabile e fiscale rivolta al commercialista in relazione alle novità tecnologiche e alle semplificazioni normative;
- le PMI aumentano la richiesta di nuovi servizi ad alto valore aggiunto per superare i limiti organizzativi e gestionali sotrici delle PMI italiane e rappresentati, ad esempio, dalla bassa managerialità, dall’accentramento delle decisioni, dalla scarsa formalizzazione dei ruoli interni, da inadeguati strumenti di controllo e ritardi nella rendicontazione;
- la principale minaccia percepita è rappresentata dal (possibile) ingresso nel mercato di nuovi operatori specializzati;
- le mutate tecnologie, che si sono molto evolute, oggi spingono i Commercialisti verso una maggiore specializzazione sul “core business” aziendale, coinvolgendo professionisti esterni nella conoscenza dei fatti aziendali esperti di controllo di gestione dei processi;
- il rapporto con i finanziatori esterni alle PMI, è cambiato ed ora serve una professionalità nuova che sia in grado di fornire le informazioni di natura quantitativa e qualitativa che la banca utilizza per definire un giudizio di solvibilità in linea con la propria politica di rischio desiderato. Oggi gestendo qualitativamente i dati della PMI, il Commercialista potrebbe essere in grado di abbattere i costi di finanziamento favorendo l’incontro tra PMI e banche;
- le PMI devono essere aiutate a governare l’innovazione ed i commercialisti in questo possono essere gli strateghi di questa evoluzione, per trasformare i propri servizi in servizi orientati allo sviluppo più che all’assistenza di base.
Dal lato dell’offerta di tali nuovi servizi vincerà chi è in possesso di una conoscenza approfondita delle problematiche sia interne che esterne all’azienda (settore, mercato, normativa, tecnologie, ecc.). Il primo dato interessante che scaturisce da quest’ultimo set di domande è dato dalla stragrande maggioranza dei commercialisti che ritiene tale opportunità alla portata della professione. Esiste una percentuale minoritaria, ma comunque significativa, di commercialisti che ritengono la professione talmente connaturata alla consulenza di base e cioè all’assistenza contabile e fiscale da non ritenere possibile cogliere tale nuova opportunità.
L’ultima domanda, quella che ha ricevuto il maggior numero di adesioni, è relativa alla possibilità di sfruttare la presenza capillare sul territorio degli studi professionali come potenziale punto di forza per la categoria. Ad esempio, sfruttando la tecnologia si potrebbero sviluppare “community di rete” in grado di circolarizzare best practices, di standardizzare le metodologie di analisi, di rendere uniformi e omogenee le risposte fornite alla clientela, di dialogare meglio con il fisco e la PA, di trasferire alle PMI gli input provenienti dalle istituzioni (locali, nazionali, transnazionali), di raccogliere direttamente dagli imprenditori i feedback da canalizzare verso il centro.
Un ecosistema per commercialisti
Credo, ancora più fermamente rispetto a prima, che la realizzazione di un ecosistema per commercialisti è la sola soluzione di sopravvivenza per tutta la categoria che si occupa di contabilità, bilanci e controllo di gestione. Il momento di forte crisi attuale rappresenta un’opportunità per il commercialista, già intermediario Entratel sia per le comunicazioni con l’Agenzia delle entrate sia per quanto concerne la consulenza ai propri clienti, potrà assumere nuovi ruoli come già è stato per quello di responsabile della conservazione a norma delle fatture elettroniche.
Per questo servono nuove competenze che portino un miglioramento dell’efficienza dei processi interni allo studio, dato dalla riduzione di più variabili di costo (tempo-lavoro, spazi fisici e materiale di consumo etc.) e presso i propri clienti È doveroso rilevare lo sviluppo futuro che il sistema fatture elettroniche tra privati ha raggiunto in ottica di “compliance fiscale” perché, con riferimento alle informazioni da trasmettere, l’Amministrazione finanziaria ha a disposizione in tempo reale tutti i dati che sono necessari per i controlli automatici e le elaborazioni statistiche, e che oggi utilizzano in parte solo grazie all’invio fatto dai contribuenti delle comunicazioni periodiche.
Non a caso è stato introdotto nel Decreto anche il riferimento al termine “dati”, perché è importante realizzare economie di scala e generare una semplificazione concreta e tangibile che si basa proprio sull’utilizzo di dati strutturati, fondamentali per assicurare la loro completa interoperabilità. Infine, va osservato che è importante realizzare subito la regolamentazione della figura di chi svolge l’attività di certificazione del processo di conservazione. Il vuoto attuale nelle regole rappresenta un freno per cogliere l’importante opportunità che è rappresentata dai nuovi strumenti introdotti dal regolamento europeo eIDAS (servizi fiduciari digitali, sigilli elettronici….) per far partire nel nostro paese il loro utilizzo diffuso, con un nuovo ruolo per gli intermediari telematici, tra i quali i commercialisti sono il numero più rilevante e qualitativamente formato.