Un’iniziativa che punta a realizzare attività di ricerca e sviluppo sulla tecnologia blockchain per approfondire le potenzialità della stessa in ambito, ad esempio, di gestione digitale dei certificati pubblici o di tracciabilità della filiera del Made in Italy, ed anche al fine di sviluppare modelli di energia sostenibile e rinnovabile e contribuire alla risoluzione del cambiamento climatico.
È l’obiettivo del progetto IBSI, “Italian Blockchain Service Infrastructure”, promosso da Agenzia per l’Italia Digitale e da altri soggetti, tra cui Poste Italiane, INAIL, Infratel Italia, INPS, Politecnico di Milano e Università di Cagliari, con l’obiettivo di sperimentare la progettazione e lo sviluppo di un ecosistema digitale su tecnologie di tipo Distributed Ledger per creare la prima rete italiana basata su blockchain in funzione dell’erogazione di servizi di interesse pubblico nel rispetto dei principi di protezione, integrità, interoperabilità e condivisione delle informazioni in tale contesto.
IBSI, a cosa servirà
Con specifico riferimento ai servizi di interesse pubblico, il progetto prevede lo sviluppo, mediante ricorso alla simulazione dei dati, di applicazioni che possano, in primo luogo, contribuire a migliorare il rapporto con gli utenti dei servizi favorendo la semplificazione, la trasparenza, la sicurezza e l’efficacia delle interlocuzioni con la PA e degli stessi servizi resi.
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Particolare attenzione viene posta sul rispetto del cosiddetto principio “Once Only” principio – valorizzato a livello europeo – che permette alle Pubbliche amministrazioni di riutilizzare o condividere dati e documenti che gli individui abbiano già fornito (“una sola volta“) in modo trasparente e sicuro. Tra i casi d’uso già prospettati in ambito IBIS, si annoverano la certificazione dei titoli di studio, lo scambio di token rappresentativi di diritti e di beni fisici o digitali, la tracciabilità delle filiere produttive e delle supply chain ma anche prototipi e progetti pilota per l’erogazione ai cittadini di servizi di interesse nazionale.
Il progetto UE: la European Blockchain Service Infrastructure
Per poter cogliere più compiutamente l’obiettivo ultimo che l’Italian Blockchain Service Infrastructure si ripropone, si può analizzare la omologa iniziativa promossa, congiuntamente, dalla Commissione europea e dalla European Blockchain Partnership. La EBSI, European Blockchain Service Infrastructure, si pone l’obiettivo di realizzare servizi pubblici transfrontalieri a livello europeo basati su tecnologia blockchain, caratterizzati da elevati livelli di sicurezza e privacy, attraverso una rete di nodi distribuiti in tutta Europa.
La EBSI rappresenta, oggi, uno dei “building block” della cosiddetta CEF “Connecting Europe Facility”, meccanismo per “collegare” l’Europa fornendo un’assistenza alle reti transeuropee al fine di sostenere progetti di interesse comune nei settori dei trasporti, dell’energia, delle telecomunicazioni e di sfruttare le potenziali sinergie tra tali settori. L’European Blockchain Partnership, in ambito EBSI, fornisce software specifici e servizi riutilizzabili a supporto della adozione della infrastruttura da parte delle istituzioni dell’UE, Pubbliche amministrazioni, imprese e cittadini.
I quattro ambiti di sperimentazione
Nel progetto europeo vengono individuati quattro ambiti di sperimentazione: “Notarization”, “Diplomas”, “European Self-Sovereign Identity”, “Trusted Data Sharing” (per la condivisione affidabile dei dati tra le autorità doganali e fiscali dell’UE) ai quali si aggiungeranno, a metà di quest’anno, altri tre casi d’uso attualmente al vaglio della EBP, ossia finanziamento delle PMI, European Social Security Number per facilitare l’accesso transfrontaliero ai servizi di assistenza medica e gestione delle procedura di richieste di asilo transfrontaliere e tra Autorità.
Dal punto di vista architetturale, la EBSI viene definita “public permissioned blockchain” i cui nodi (basati su blockchain Ethereum BESU e Hyperlegedger Fabric) vengono gestiti dalla Commissione europea e dagli Stati membri che amministrano le autorizzazioni di scrittura e di partecipazione al network. L’accesso è consentito agli attori pubblici e privati e ad i cittadini in riferimento all’insieme di dati e informazioni destinati agli stessi. L’accesso ad altri dati, invece, può essere riservato esclusivamente agli enti governativi per sostenere i servizi transfrontalieri. La partecipazione alla EBSI, dunque, è basata sull’identità e sulla autorizzazione e ammissione secondo una politica di controllo centralizzata e non tutti i nodi hanno necessariamente un permesso di scrittura.
Un modello di Blockchain per la PA
Un simile modello sembra adattarsi bene ad alcuni ambiti della Pubblica amministrazione in cui è necessario mantenere un governo delle transazioni che vengono registrate e, contemporaneamente, il controllo formale e di legittimità delle stesse (già nel 2018, il report “Blockchain for Government and public services” pubblicato dal EU Blockchain Observatory e Forum menzionava i progetti implementati dalla Svezia, relativamente ai i registri immobiliari, e dall’Estonia, per il registro delle successioni, entrambi basati su blockchain permissioned).
Proof of Authority (PoA)
In relazione al meccanismo di formazione del consenso, in modo corrispondente, non può che ritenersi valida la soluzione tecnica, in ambito di servizi di interesse pubblico, di una Proof of Authority (PoA) in cui un nodo è autorizzato a validare le transazioni sulla base dell’identità del nodo stesso. Come è stato evidenziato da Pietro Marchionni, la PoA può sembrare più familiare per gli utenti che hanno esperienza con i database in cui solo coloro che sono muniti di specifiche autorizzazioni possono modificare o aggiungere dati. Proprio in relazione a molte applicazioni blockchain nel settore pubblico, dunque, potrebbe essere il meccanismo di gestione del consenso più applicabile in quanto idoneo ad essere adattato per rappresentare la complessità dei procedimenti di governo dell’Autorità amministrativa e dei relativi processi decisionali.
Conclusione
In attesa di conoscere più approfonditamente le specifiche tecniche ed i meccanismi scelti per la progettazione e lo sviluppo della Italian Blockchain Service Infrastructure e rammentando che il Digital Economy and Society Index (DESI) del 2020 vede l’Italia, in relazione ai “Servizi pubblici digitali”, al di sotto della media europea (diciannovesimo posto) per lo scarso livello di interazione tra le autorità pubbliche ed i cittadini, non può non rilevarsi che la sinergia tra tutti i soggetti promotori di questa iniziativa può realmente rappresentare l’occasione di un cambio di passo rilevante nel settore dei servizi pubblici.