La proroga sulla fattura elettronica tra privati, emersa con emendamenti proposti al DL Legge Fiscale, è problematica per diversi motivi. Vediamo perché, alla luce degli emendamenti.
Gli emendamenti
Intanto il primo emendamento a firma PDL prevede una proroga al 2020. Il secondo, di FDI, prevede invece una gradualità:
- Dal primo gennaio 2019 aziende quotate in borsa o con più di 250 dipendenti
- dal 1° gennaio 2020 per gli altri soggetti con più di 50 dipendenti;
- dal 1° gennaio 2021 per gli altri soggetti con più di 10 dipendenti;
- dal 1° gennaio 2022 per tutti gli altri soggetti non esonerati dalla fatturazione elettronica.
Previsto anche un meccanismo premiante di incentivi.
Ma tutto questo comporta alcuni problemi.
I problemi
- parte dei benefici attesi da questo obbligo sono già stati utilizzati per evitare lo scatto di crescita dell’IVA previsto per gennaio 2018;
- la convinzione con cui abbiamo sostenuto l’importanza dell’obbligo in Europa ha portato il nostro Paese ad ottenere una deroga dedicata accompagnata dell’attesa di usare la nostra esperienza come testa di ponte per l’evoluzione della fattura elettronica in tutta Europa;
- gli investimenti fatti a oggi, da parte di stato e imprese, sono oggettivamente importanti, sia tecnologicamente sia organizzativamente e non è ragionevole ipotizzare che sia possibile non rispettarli.
Accanto alla proroga si parla anche di dilazione dell’obbligo: coinvolgendo fasce diverse di utenti in momenti diversi. Se possibile, questa alternativa è a mio modo di vedere anche peggiore. Chi si è dotato di quanto obbligato, sarà costretto a garantire la coesistenza di due modelli di gestione: quello nuovo e quello precedente. Chi è esentato dall’emissione, riceverà comunque fatture passive elettroniche, per cui dovrà dotarsi di quanto necessario per gestirle: peccato non estendere il tutto anche all’emissione.
Il risultato non sarebbe quello di salvaguardare alcune categorie, ma di condannarle a una sorta di digital divide: le imprese preparate a gestire la fattura elettronica potrebbero scegliere di non volersi relazionare con chi impone loro di riesumare processi amministrativi destinati alla pensione e che dovranno essere sostituiti (e quindi sostenere costi su strutture diverse e parallele con la stessa finalità!). È quasi un modo per produrre digital divide: tecnologico in primis e, alla fine, anche culturale.
In sintesi, o si evitava l’obbligo o lo si rimandava molto tempo fa, oppure, ora, meglio cercare le opportunità (ben presenti!) e provare a perseguirle con convinzione e non con rassegnazione. Il mondo “dopo” la fattura elettronica sarà diverso e, superato il primo impatto, molto credibilmente migliore.