comunità di pratiche

Responsabili della gestione documentale: come rafforzare il fronte interno della trasformazione digitale



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Pubblicato il 20 giu 2023

Mariella Guercio

Università Sapienza di Roma, Anai



Documenti informatici

Per rendere fruibili in maniera efficace i patrimoni informativi digitali e raggiungere gli obiettivi che il Paese si è dato in termini di trasformazione digitale ed efficientamento serve una comunità di pratica ampia e coesa, aperta e innovativa.

Ma come fare a realizzarla, coinvolgendo i diretti interessati, la comunità di riferimento, i protagonisti che tutti i giorni si confrontano, in qualunque tipo di organizzazione e amministrazione?

Una comunità di pratiche per gli archivi digitali

Il tema non è certo nuovo. “Una comunità di pratiche per i responsabili della gestione documentale: questioni aperte e nuove prospettive” era, ad esempio, il titolo con cui si apriva un volume pubblicato nel 2017 dall’Associazione nazionale archivistica italiana in collaborazione con il Centro di ricerca Digilab della Sapienza a conclusione di un progetto di ricerca (ReCap) finanziato dalla Regione Lazio e dedicato alle reti istituzionali necessarie alla trasformazione digitale[1].

Parteciparono all’iniziativa decine di amministrazioni, ricercatori universitari, imprese impegnate nel settore. L’obiettivo di dar vita a una comunità di pratiche per gli archivi digitali, a sostegno di chi era ed è impegnato quotidianamente nel proprio ente in questo difficile compito, era da tempo un’idea radicata tra i professionisti e gli operatori del settore, tanto da anticipare, sia pure solo nelle intenzioni, il progetto della rete dei responsabili della transizione al digitale (ReTeDigitale), realizzata alcuni anni fa grazie al supporto di Agid.

ReCap raccolse moltissime adesioni sia delle amministrazioni nazionali e locali, sia di imprese del settore ed enti privati e avviò utili iniziative, per esempio in materia di analisi delle piattaforme documentali e di definizione dei metadati per la conservazione. Tuttavia, non riuscì a sopravvivere alla conclusione del progetto, testimoniando ancora una volta i rischi di dispersione la difficoltà di assicurare la continuità operativa in assenza di investimenti a lungo termine. La durata biennale del finanziamento non consentì di sviluppare un livello di collaborazione istituzionale sufficiente. Del resto, prima della pandemia[2], non  era ancora pienamente maturata nelle amministrazioni – anche in quelle che parteciparono con convinzione agli incontri – la consapevolezza delle criticità e dei problemi determinati da una produzione massiva di documenti e dati digitali. In particolare, poche istituzioni percepivano l’importanza di pianificare e governare con continuità la gestione documentale sia affidandola a persone competenti, capaci e disponibili ad assumersene la responsabilità sia riconoscendo ai profili tecnici autonomia e strumenti adeguati, sia, ancora, partecipando ad attività e iniziative di collaborazione professionale.

Oggi si è tornato a parlare di comunità di pratiche anche grazie all’ultimo ForumPA, appena concluso, che ha offerto spazi significativi alle reti, ma anche ai gruppi di lavoro informali. L’Associazione nazionale archivistica italiana (ANAI) ha accettato l’invito specifico a promuovere un incontro dedicato ai responsabili della gestione documentale[3]. La prospettiva, questa volta, non è stata quella di “realizzare un progetto”, bensì di avviare un percorso con i diretti interessati, la comunità di riferimento, i protagonisti che tutti i giorni si confrontano, in qualunque tipo di organizzazione e amministrazione, con i compiti impegnativi della transizione al digitale sia dei sistemi documentali sia dei dati e delle basi di dati che, per la loro rilevanza giuridica, hanno anche una natura e dimensione archivistiche. L’interesse sollevato dall’evento non è mancato anche se si tratta ora di individuare le forme operative per dare concretezza alle idee emerse in passato e risposte alle aspettative sollevate in questa ultima occasione.

Non entrerò nel merito di una proposta organizzativa necessariamente affidata in primo luogo alla iniziativa dell’associazione professionale di riferimento, l’Anai e delle istituzioni che hanno un ruolo strategico e presidiano le funzioni e le attività chiave in questo ambito (Direzione generale degli Archivi, Agenzia per l’Italia digitale, Dipartimento per la Trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio, Dipartimento della Funzione pubblica).

In questa fase ancora preliminare e aperta, è utile riflettere sulle opportunità che gli strumenti di interazione professionale possono offrire sia per la qualità dei sistemi documentali, sia a supporto dei processi più generali di innovazione, a partire dalle esperienze analoghe e affini già realizzate e attive. Tra queste, una delle più consolidate è quella, di grande successo, di Procedamus, una rete che coinvolge da tempo i responsabili della gestione documentale delle università italiane con iniziative di “formazione-intervento” e lavoro condiviso. Il progetto si concentra sul raggiungimento di risultati concreti, adotta metodi trasversali e sviluppa strumenti per “la soluzione di problemi comuni e per la crescita condivisa della famiglia professionale di chi si occupa di dati, informazioni, documenti, trasparenza, amministrazione digitale e, soprattutto, di procedimenti amministrativi”. Altre iniziative di cooperazione sono presenti in contesti circoscritti, per esempio tra i responsabili della gestione documentale delle Camere di commercio o sono promosse da alcune Regioni. Un caso di particolare interesse è quello sviluppato dalla Regione Emilia-Romagna che da molti anni ha dato vita a un sistema a rete destinato agli enti locali per lo sviluppo di servizi di e-government  e la realizzazione di comunità tematiche, una delle quali – condotta in collaborazione con la Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia-Romagna (struttura che fa capo al Ministero della Cultura) – è dedicata proprio alla gestione dei documenti informatici.

Obiettivi e contenuti

Tutte le iniziative ricordate includono attività di supporto e di consulenza ai partecipanti alla rete per lo sviluppo di un adeguato sistema documentale e dei relativi strumenti di funzionamento previsti dalle disposizioni normative (i piani di classificazione, di formazione dei fascicoli, di conservazione e i manuali di gestione e di conservazione). Tra i prodotti resi disponibili merita ricordare la definizione di linee guida sulle attività di digitalizzazione per alcune tipologie di aggregazioni documentali più diffuse (pratiche edilizie, fascicoli di persona), indicazioni operative sui formati, raccomandazioni e manuali per la registrazione dei documenti informatici (le raccomandazioni di Aurora in corso di aggiornamento da parte del progetto Procedamus), indicazioni sulle modalità di approvvigionamento informatico per la gestione documentale o per la creazione di sistemi federati (Comunità tematiche).

Si tratta di una significativa quantità di informazioni e di strumenti qualificati sempre accompagnati da iniziative di divulgazione e formazione che hanno consentito in questi anni di far crescere l’attenzione, la consapevolezza e la conoscenza delle persone direttamente coinvolte nei processi specifici di trasformazione digitale.

Il salto da fare è quello di raccordare ulteriormente le relazioni in essere, di contribuire a rafforzarle allargando l’ambito della cooperazione, senza la pretesa di sostituirsi alle reti esistenti, individuando un primo limitato obiettivo, quello di sostenere la circolazione dei contenuti e dei prodotti, affinché i risultati ottenuti possano raggiungere un pubblico più ampio e la collaborazione assumere una forma sistematica.

Il tentativo attuale, per riprendere l’auspicio con cui si concludeva l’esperienza del 2017, riguarda una sorta di verifica di fattibilità, un’occasione per “valutare e riconoscere” la determinazione di una comunità di pratiche che non si rassegna a disperdere la forza delle sue conoscenze e tradizioni e non intende rinunciare al proprio ruolo nonostante la spinta alla frammentazione che la trasformazione digitale sembra talvolta imporre. In questi anni l’offerta formativa è sicuramente cresciuta in quantità e in qualità. Allo stesso tempo sono anche aumentati i problemi da affrontare in un contesto tecnologico sempre più dinamico e innovativo e le competenze necessarie a tenerne conto. Gli anni recenti hanno ulteriormente rafforzato le preoccupazioni e l’inquietudine dei professionisti e, ormai, anche di molte istituzioni. Il responsabile della gestione documentale è una figura centrale perché è in grado di interpretare la complessa normativa di settore e adattarla ai bisogni documentali e informativi del proprio ente e dei cittadini e degli utenti che usufruiscono dei suoi servizi. La complessità è tuttavia tale da richiedere un confronto serrato e continuo, lo scambio di esperienze e soluzioni, il lavoro congiunto di specialisti. Non si tratta – a mio avviso – di creare un centro di ‘raccolta’ e tanto meno di organizzare l’affluenza di documenti e informazioni verso un ‘vertice’ unico: le parole chiave, piuttosto, dovrebbero essere quelle della comunicazione e della reciprocità che solo un sistema a rete è in grado di sostenere, per quanto il termine rischi di risultare oggi fin troppo inflazionato. Un sistema che consenta a ogni attore-partner di avvalersi dei risultati ottenuti da altri nel corso di ricerche e di esperienze diverse dalla propria, realizzate in situazioni al tempo stesso difformi e simili, ma anche di promuovere iniziative nuove di approfondimento per poterle condividere.

Le condizioni da soddisfare per collaborazioni di successo

Perché queste forme di collaborazione si sviluppino con successo e operino con continuità, le condizioni da soddisfare, come ho già avuto modo di rilevare in passato[4], sono numerose a partire dai passi preliminari da non sottovalutare, tra cui ”la  definizione dell’interesse designato della rete e della sua comunità di riferimento, ovvero gli argomenti attorno ai quali la rete è in grado di costituirsi individuando un orientamento di senso nel quale tutti i partecipanti possano riconoscersi e che possano concorrere a sviluppare, e la chiara indicazione degli indirizzi dell’azione in modo che possano operare come criteri di selezione delle esperienze (ritenute) pertinenti e significative (pregnanti)”. La difficoltà principale riguarda il fatto che si debbano definire (anche in corso d’opera) indirizzi e criteri allo stesso tempo ‘di sostanza’ e flessibili che non escludano esperienze e iniziative potenzialmente valide già in essere.

L’aggettivo ‘pregnanti’, riferito alle esperienze considerate e in questa prospettiva, suggerisce da un lato il senso dell’equilibrio, che è necessario garantire, tra queste due esigenze, dall’altro la necessità di rendere visibili le esperienze maturate dai partecipanti, facendole diventare un patrimonio comune, riconosciuto in quanto tale e per le potenzialità di miglioramento che prefigurano. I risultati accumulati sono fonte di investimento per comprenderne punti di forza e criticità e per proporre le esperienze medesime come fonte di apprendimento utile allo sviluppo di altre proposte e in grado di favorire processi di diffusione offrendo ai partner un contesto di supporto, che possa rivelarsi significativo, oltre che in termini culturali e operativi, anche da un punto di vista motivazionale sul piano delle attività di programmazione futura.

Si tratta di obiettivi ambiziosi per avviare un percorso finalizzato a superare la natura tradizionalmente episodica dello scambio di esperienze, nella speranza che sia possibile  sin dalle prime fasi ‘estrarre’ o aggiornare indicazioni metodologiche, oltre che strumenti veri e propri, utilizzabili nell’interpretazione di situazioni, problemi, possibilità ma anche nella formulazione di nuovi interrogativi e nuove idee, una sorta di sedimentazione di conoscenze condivise, relativamente formalizzate, affidate alla produzione di materiali di riferimento della rete destinata a nascere.

Conclusioni

Senza la creazione di una comunità di pratica di questa natura, ampia e coesa, aperta e innovativa, lo sviluppo di una sana e utile trasformazione digitale rischia di rimanere un traguardo lontano e irraggiungibile, mentre si perdono occasioni preziose – a prescindere dalla quantità degli investimenti economici resi disponibili – per salvaguardare e sfruttare (rendendo fruibili in modo efficace) i patrimoni informativi già sedimentati in forma digitale nativa oppure oggetto di smaterializzazione, e raggiungere quegli obiettivi ambiziosi di cambiamento e di efficienza che l’Italia si è data già dalla fine del secolo scorso, per tempo e con più lungimiranza della maggior parte dei Paesi dell’Unione europea.

Note


[1]Rete di archivi per gli archivi in rete, a cura di Gianfranco Crupi e Mariella Guercio, Roma, Edizioni Anai, 2017.

[2] Si legga a questo proposito le numerose riflessioni pubblicate sulla rivista online “Il Mondo degli Archivi” dedicate a “#I giorni della pandemia”, tra cui in particolare l’analisi di Ilaria Pescini, L’epidemia del digitale e il contagio necessario #igiornidellapandemia, 20 aprile 2020, www.ilmondodegliarchivi.org/rubriche/archivi-digitali/804-l-epidemia-del-digitale-e-il-contagio-necessario.

[3] ForumPA, Anai. Una rete di competenze: il Responsabile della Gestione documentale tra profilo tecnico e capacità organizzativa, https://www.forumpa.it/manifestazioni/forum-pa-2023/una-rete-di-competenze-il-responsabile-della-gestione-documentale-tra-profilo-tecnico-e-capacita-organizzativa.

[4] M. Guercio, Una comunità di pratiche per gli archivi digitali: questioni aperte e nuove prospettive, in Rete di archivi per gli archivi in rete, cit., pp. 23-30.

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