Sta per scadere, ufficiosamente il 19 ottobre 2019, il termine assegnato dai provider, di concerto con AGID, per la dismissione dei domini “.gov.it” da parte di scuole ed enti locali della Pubblica Amministrazione.
Una scadenza strisciante, non detta o non ricordata, che avanza nella generale scarsa informazione e consapevolezza delle conseguenze in termini di costi economici, tecnici ed organizzativi.
Vediamo come operare per limitare i danni.
La riorganizzazione del dominio .gov.it
È la conseguenza della Determinazione n. 36 del 12 febbraio 2018 emanata da AGID – Agenzia per l’Italia Digitale – con la quale si procede alla riorganizzazione del dominio di secondo livello “.gov.it” stabilendo che l’assegnazione di questi domini è riservato alle sole amministrazioni centrali dello Stato indicate all’elenco delle amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni.
Ma chi aveva o meglio avrebbe dovuto attivare il dominio “. gov.it” e in base a quale norma?
A prevederlo era la direttiva n. 8 del 2009 del Ministro per l’Innovazione e le tecnologie che prevedeva per le Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, l’iscrizione al dominio “. gov.it” dei siti che esse intendono mantenere attivi.
Il legislatore italiano e, forse con maggiore responsabilità, gli organi tecnologici di vertice, confrontandosi tardivamente, dopo quasi un decennio, con la normativa sovranazionale del settore, si è reso conto che il dominio di secondo livello (SLD) “.gov”, quando utilizzato, individua in ambito UE e USA unicamente le amministrazioni centrali dello Stato, con l’eccezione del Regno Unito, e non già indistintamente qualunque amministrazione pubblica centrale e locale comprese le istituzioni scolastiche (per le quali è utilizzato il SLD “.edu”) come invece era o avrebbe dovuto essere obbligatorio per l’Italia.
Per riparare a questa anomalia legislativa, il DPCM 31 maggio 2017 (Piano Triennale per l’informatica 2017-2019), nell’allegata sezione “Linee di azione”, recita: “AgID emana le disposizioni per il riordino del dominio “gov.it”, al fine di riorganizzarlo con una segmentazione che risponda a criteri internazionali e consenta di raggruppare i siti delle amministrazioni centrali”.
Nascono così le disposizioni dell’AGID contenute nella determinazione n. 36/2018 le cui “vittime”, come solitamente avviene in Italia, sono le Scuole e i Comuni “virtuosi” che si erano adeguati alla direttiva n. 8 del 2009 del Ministro per l’Innovazione e le tecnologie.
Tutti i problemi del cambio di denominazione
Da parte sua l’AGID ha previsto un “percorso di accompagnamento per la migrazione dal dominio .gov.it” peccato però che l’unico problema focalizzato sia stato quello di facilitare il cambio della denominazione del dominio.
È noto che cambiare la denominazione di un sito web comporta dei problemi tecnici agevolmente risolvibili sia in termini di registrazione del nuovo dominio, che di successiva rintracciabilità, attraverso il reindirizzamento dal precedente indirizzo web dismesso al nuovo.
Ma è solo questo il problema? L’unico problema conseguente il cambio di un dominio non è certamente quello della registrazione o pubblicazione di un nuovo sito web.
E che ne sarà e come si dovrà agire per limitare i danni organizzativi ed economici, provenienti dalle conseguenze del cambio di dominio, relativamente alla sostituzione e gestione, su domini personalizzati “.gov.it”, di:
- caselle e-mail ordinarie;
- caselle di Posta Elettronica Certificata – PEC;
- la conservazione digitale e sostitutiva attivata, a norma del DPCM 3 dicembre 2013, sulle caselle di Posta Elettronica Certificata.
E si, perché ancora una volta vengono colpiti i cosiddetti enti virtuosi, che cercano di mettere le loro attività al riparo dal “Far west tecnologico” foriero, per incuria o disapplicazione di norme e soluzioni tecnologiche, della futura non validità o probatorietà della gran massa dei documenti emessi nel passaggio dall’analogico al digitale. Gli enti virtuosi, infatti, hanno provveduto ad applicare anche le norme sulla corretta archiviazione e conservazione dei documenti informatici, tra i quali i messaggi di posta elettronica certificata che per gli enti pubblici veicolano la gran parte dei documenti in entrata e in uscita.
Come limitare i danni
Se molti sono i timori uniti alla consapevolezza di operare in un settore, quello della Pubblica Amministrazione, sempre più interconnesso a quello informatico, in cui le modifiche legislative, non approfonditamente ponderate, comportano disagi, perdita di tempo e arretratezza, vediamo come operare, in questa circostanza, per limitare i danni.
Per il cambio della denominazione del dominio sarà bene agire tempestivamente in modo da mantenere, per un periodo più lungo possibile, l’opportunità del reindirizzamento dall’attuale dominio “. gov.it”, prima che AGID non provveda ad eseguire lo switch ed oscurare gli attuali siti di scuole ed enti locali con dominio “. gov.it”.
A tal proposito per gli enti locali, che rientrano nella previsione della determinazione n. 136/2018, si consiglia di registrare sostitutivamente il dominio geografico riservato. Per le scuole si consiglia di passare al dominio “.edu.it”
Per il cambio del dominio delle caselle e-mail ordinarie sarà bene attivare i relativi account prima possibile e altrettanto urgentemente pubblicarle, nelle sezioni dedicate agli uffici, sul proprio sito web istituzionale.
Sarà necessario, inoltre, procedere al reindirizzamento dei messaggi dalla vecchia casella sulla nuova e modificare i dati riportati sull’I.P.A. – Indice dei domicili della Pubblica Amministrazione e dei gestori dei Pubblici Servizi.
Nel primo periodo di utilizzo della nuova casella è consigliabile riportare, sul messaggio da spedire, un avviso con il quale si informa il destinatario del cambio di e-mail e si invita a modificare l’eventuale indirizzario, ove attivato, per evitare perdite nello scambio della corrispondenza.
È, altresì, consigliabile verificare se è stato fornito l’indirizzo e-mail dismesso a soggetti il cui mancato recapito della corrispondenza può arrecare disservizi in ambito legale, finanziario, tecnico. In questo caso è bene inviare, ai succitati soggetti, un messaggio di avviso del cambio della propria e-mail.
Per la variazione della casella di Posta Elettronica Certificata, se si utilizzano caselle personalizzate al proprio dominio, si dovrà prima certificare il sottodominio e su questo attivare le nuove caselle certificate sostitutive di quelle precedentemente attive sul sottodominio “. gov.it”.
Per le caselle di Posta Elettronica Certificata, ad esclusione del reindirizzamento che non è attivabile, valgono le stesse note operative precedentemente riportate per le e-mail ordinarie.
Per la conservazione digitale e sostitutiva dei messaggi, attivata a norma del DPCM 3 dicembre 2013, per le caselle di Posta Elettronica Certificata registrate su domini personalizzati “.gov.it”, la situazione è più articolata.
La corretta conservazione digitale fa riferimento agli articoli 2214, 2220 del codice civile e alle “Regole tecniche” in materia di sistema di conservazione previste dal DPCM 3 dicembre 2013 ai sensi degli articoli 20, 43, 44 e 71 del Codice dell’amministrazione digitale – decreto legislativo n. 82 del 2005.
La conservazione digitale o sostitutiva viene, normalmente, eseguita sulle piattaforme gestite dai conservatori accreditati presso l’AGID i quali garantiscono il possesso di determinati requisiti tra i quali l’affidabilità organizzativa, tecnica, finanziaria, avanzati sistemi di protezione dei dati, personale dotato di competenza nella gestione e archiviazione dei documenti informatici.
Il metodo più pratico e rispondente alla normativa in vigore è quello di eseguire la conservazione dei messaggi di posta elettronica certificata attivando il servizio direttamente all’interno della casella, così da avere la certezza del mantenimento di leggibilità, integrità, autenticità e sicurezza di tutta la corrispondenza ricevuta e spedita.
Con il cambiamento del dominio “. gov.it” e conseguente futuro inutilizzo del relativo sottodominio personalizzato sarà necessario disdire la casella PEC attiva sul dominio da dismettere, mantenendo, però, accertandosi delle condizioni contrattuali dei conservatori e certificatori accreditati, la relativa conservazione digitale.
Si pone, quindi, un problema su larga scala emerso in anticipo a causa del provvedimento di AGID, prima che i conservatori accreditati se ne occupassero, sul come gestire la conservazione delle caselle pec inattive dismesse.
Accertato che, sulla base delle disposizioni vigenti, un messaggio è considerato correttamente conservato solo se residente sulle piattaforme dei conservatori accreditati, per le caselle PEC dismesse si dovrebbe dare la possibilità al fruitore produttore dell’archivio di:
- eseguire le operazioni di selezione e scarto dei messaggi conservati, conformemente a quanto stabilito dalle regole archivistiche al fine di ridurre la spesa per l’esigenza dello storage;
- ottenere il downgrade dello storage dedicato alla PEC disdettata, attualmente non sempre previsto dai conservatori accreditati, con relativa riduzione della spesa da sostenere per lo spazio riservato all’archiviazione dei messaggi;
- prevedere, anche con esplicita disposizione di AGID, la possibilità per il produttore dell’archivio di esportare i messaggi conservati sulla piattaforma del conservatore, marcarli temporalmente cumulativamente per l’assegnazione della data certa del download e detenere l’archivio esportato su proprie risorse informatiche rispettando quanto previsto in materia di sicurezza, protezione dei dati personali, continuità operativa e disaster recovery.
Purtroppo, allo stato attuale, solo la prima operazione, di selezione per lo scarto dei messaggi, è possibile anche se non di agevole attuazione sulle piattaforme dei maggiori certificatori/conservatori. Le operazioni da eseguire, infatti, sugli oggetti e sui contenuti dei messaggi conservati al fine di preparare gli elenchi dello scarto, come previsto dal decreto legislativo 42/2004 – Codice dei beni culturali e del paesaggio – per l’ottenimento dell’autorizzazione da parte della Soprintendenza Archivistica non sono correttamente espletabili.
In merito alla procedura da seguire per lo scarto archivistico da attuare nella conservazione digitale e sostitutiva, si tenga presente anche il “Piano di conservazione”, pubblicato da AGID nel 2005, nel quale si ricorda che gli enti pubblici – e tra questi i Comuni – devono ottenere per tale intervento l’autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell’art. 21, comma 1, lettera d) del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). L’adozione del Piano di conservazione proposto dal Gruppo non esime le amministrazioni dagli adempimenti relativi alla procedura di scarto, che si sostanzia in un provvedimento formale dell’amministrazione (deliberazione della Giunta o determinazione dirigenziale) e nella acquisizione dell’autorizzazione da parte degli organi periferici del citato Ministero, vale a dire le Soprintendenze archivistiche competenti per territorio.
Importante sarà l’ottenimento della possibilità del downgrade dello storage conservativo, ove necessario, che eliminerebbe il pagamento dello spazio riservato ai messaggi riducendolo e cristallizzandolo, per le PEC disdette, a quello sufficiente per i messaggi presenti alla data della disdetta. Questa funzione, ove contrattualmente non prevista, dovrà essere concessa dai certificatori/conservatori accreditati anche cono l’intervento di AGID, se necessario.
Per l’esportazione e conservazione dei messaggi PEC da parte dell’ente produttore degli archivi su propri sistemi di archiviazione, successivamente all’estinzione delle caselle, con l’applicazione di sistemi di protezione, predisposti per archivi statici di deposito, sarà necessario prevedere questa possibilità nelle Linee guida per la conservazione dei documenti dell’AGID, come previsto dall’articolo 71 del Dlgs. n. 82/2005.
Allo stato attuale per la conservazione digitale della posta elettronica certificata, in attesa degli invocati provvedimenti, sarà necessario mantenere, presso il conservatore accreditato da AGID, la conservazione digitale delle caselle PEC disdette ed attivarla per le nuove.