Il modello di business dei servizi contabili è destinato a modificarsi radicalmente per via della fatturazione elettronica: aumenterà la concorrenza e il potere contrattuale dei consumatori; si ridurranno i prezzi.
L’inevitabile inasprirsi delle tensioni concorrenziali
Esito contro intuitivo, probabilmente.
Ad una prima analisi la fatturazione elettronica sarebbe una soluzione vantaggiosa per gli studi professionali, consentendo loro di rendere meccanizzata ed efficiente una quota rilevante della propria attività.
Una riduzione di tempi di lavoro da cui dovrebbe, per logica, derivare una marginalità migliore, in grado di compensare la perdita di fatturato per le prestazioni a più basso valore aggiunto, non più oggettivamente fatturabili, per essere venute meno.
La fatturazione elettronica è destinata invece ad innescare forti tensioni concorrenziali, con inevitabili cadute di redditività per le professioni contabili. Per comprendere meglio le future dinamiche economiche occorre rifarsi al classico modello di Porter che costituisce sempre una guida illuminante.
La redditività di un settore è determinata, non tanto dall’efficienza degli operatori, ma dal grado di competizione al suo interno indotto dalle forze che lo caratterizzano: fornitori, clienti, prodotti succedanei, potenziali nuovi competitors, competitors diretti.
La maggiore efficienza degli studi avrà, per assurdo, l’effetto di generare un eccesso di capacità produttiva, con inevitabili tensioni sui prezzi, spostando la forza contrattuale a favore dei clienti.
Siamo infatti di fronte ad un settore maturo dove l’offerta attuale copre le esigenze della domanda, che tende pure a ridursi in numero a seguito di una generale crescita dimensionale delle imprese. Per molti aspetti è una situazione analoga a quella vissuta dal sistema bancario con l’introduzione dell’homebanking.
Gli organici degli studi appaiono, per effetto dell’informatizzazione, sovradimensionati nell’ordine di una quota compresa tra il 30% e il 40%. Un eccesso di capacità produttiva destinata a permanere nel tempo per la presenza di barriere all’uscita, che non consentono in tempi brevi il ridimensionamento degli addetti tramite politiche di licenziamento:
- i titolari sono legati ai propri collaboratori da relazioni storiche di carattere umano, costruite in tanti anni di attività svolta fianco a fianco;
- i collaboratori sono spesso depositari di segreti professionali e personali inconfessabili;
- un licenziamento potrebbe innescare cause di lavoro di non poco conto;
- il dipendente potrebbe portare in dote a un altro commercialista una quota di clientela con cui ha nel tempo costruito un rapporto di fiducia;
- non esistono adeguati ammortizzatori sociali come nel caso della grande impresa.
Le reazioni degli operatori
L’esigenza di impiegare comunque una forza lavoro disponibile comporterà da parte degli operatori inevitabili iniziative estreme, destinate ad impattare in modo fortemente negativo sull’intero settore.
Il settore delle professioni contabili, se non bastasse, viene spinto da queste tecnologie inoltre verso una concentrazione per la necessità strategica degli studi di accrescere la propria dimensione per massimizzare:
- le economie di scala;
- le curve di esperienza.
Prima dell’introduzione della informatizzazione, la struttura ottimale di uno studio era costituita da un titolare, una segretaria e due ragionieri. Trattandosi ancora in gran parte di lavoro manuale con carta e penna la quantità processabile da una persona era una costante abbastanza rigida. La telematica invece oggi consente a pochi addetti di trattare un numero rilevante di pratiche, per cui quote aggiuntive di lavoro determinano impegni meno che proporzionali di tempo. Un esempio su tutti, l’invio di 10 bilanci in Camera di Commercio richiede tempi di poco superiori all’invio di un singolo bilancio.
Le procedure informatiche, che regolano sempre più la struttura degli studi, sono caratterizzate inoltre da curve di apprendimento legate alla frequenza e all’intensità con cui vengono utilizzate. Occorre quindi raggiungere dimensioni economiche che permettano di avere addetti dedicati. Capaci di massimizzare gli effetti di learning by doing, tramite volumi di lavoro crescenti che consento di accrescere le loro capacità operativa con economie di costo e vantaggi competitivi.
Per voler ancora citare Porter “Se siamo in presenza di vincoli tecnologici che permettono di sfruttare le economie di scala solo attraverso forti aumenti della capacità produttiva, ciò può avere effetti dirompenti sull’equilibrio fra domanda e offerta, in particolar modo se gli incrementi si concentrano in uno spazio ridotto di tempo”[1].
Le argomentazioni svolte portano ad affermare come l’attività professionale degli studi commerciali sia destinata a diventare un “oceano rosso”: un settore dove la concorrenza spinge le imprese a redditività modeste se non addirittura a risultati di perdita.
Un pattern per individuare soluzioni strategiche
Come noto il pensiero strategico affermatosi dagli anni ‘90 in poi è di tipo “strutturalista”: i limiti del mercato vengono considerati come dati per cui l’aumento della propria quota di mercato significa sostanzialmente la riduzione di quella degli altri. Le imprese competono nei settori perseguendo la dominanza[2]: la capacità di possedere punti di forza duraturi nel tempo che permettano di vincere la concorrenza, ottenendo, in questo modo, extraprofitti.
Porter[3] identifica tre linee strategiche:
- leadership di costo;
- leadership incentrata su fattori differenziali apprezzati dalla clientela;
- la strategia di nicchia, dove le dimensioni ridotte del mercato limitano i concorrenti.
Seguendo questa logica gli studi professionali, per fronteggiare la concorrenza attesa, dovrebbero contenere le proprie strutture di costi o, in alternativa, adottare politiche di differenziazione, incrementando la qualità per ottenere caratteri distintivi che consentano di non trovarsi in diretta competizione con gli altri colleghi.
Queste strategie appaiono tuttavia inadeguate per affrontare un cambiamento dai caratteri disrusption. Nella migliore delle ipotesi costituiscono un tentativo di preservare una redditività minima vitale.
Gli studi difficilmente, infatti, avranno la possibilità di modificare la propria struttura di costi in modo adeguato alla nuova realtà senza poter incidere sugli addetti. Operazione complessa, per i motivi sopra esposti.
Anche una strategia di miglioramento della qualità dei servizi offerti rischia di risultare inadeguata a fronteggiare la più aspra competizione. Maggiore qualità comporta inevitabilmente una crescita nella struttura dei costi e la necessità di tenere prezzi alti in un mercato dove tendono a diminuire. La clientela potrebbe sacrificare la componente di servizio o comunque non riconoscergli il valore necessario, pur di accettare un prezzo più basso.
Un approccio di tipo “ricostruzionalista”
La digitalizzazione dei processi impone oggi un approccio diverso di tipo “ricostruzionalista”, dove bisogna immaginare scenari diversi, in cui i confini del mercato non siano più elementi dati, ma costantemente ripensati. Passare dal focus di cosa fanno i miei concorrenti a cosa potrei fare io di innovativo. Ed ancora cercare di andare oltre ai clienti tipici del mio settore per pensare ai miei non clienti. Immaginare nuovi e diversi modelli di business con cui offrire soluzioni innovative a vecchi bisogni. In fondo si tratta di recuperare il pensiero di Schumpeter, dell’imprenditore creativo e della distruzione innovativa.
L’obiettivo deve essere quello di dare vita ad un nuovo “oceano blu”[4], costituito da spazi di mercato incontestati, dalla creazione di una domanda in forte crescita e dall’opportunità di prezzi particolarmente redditizi. Spesso ciò è possibile proprio partendo dagli oceani rossi in cui si naviga, ridefinendone i loro confini.
Naturalmente nessuno può avere la presunzione di avere soluzioni magiche o modelli strategici precotti da magnificare. Ognuno deve trovare la sua strada.
E’ invece possibile proporre un metodo basato su un pattern di domande, che costituisca una traccia su cui articolare la riflessione per individuare alternative strategiche percorribili.
Quali fattori critici possono essere rivisti
- La prima domanda spinge a riflettere su quali fattori critici di successo possono forse essere rivisti o ripensati. L’empatia e la relazione personale sono stati da sempre fattori su cui gli studi hanno basato il loro avviamento. Nell’era del digitale è forse possibile immaginare un maggior grado di spersonalizzazione del rapporto anche a favore di “lock in” tecnologici.
- Può sembrare una forzatura! Magari lo è. Ma anche lo storico rapporto tra il pizzicagnolo e la massaia è stato superato dal modello impersonale della grande distribuzione, che rischia a sua volta di essere superata dalla vendita online dove l’elemento umano sparisce definitivamente.
- La seconda domanda spinge a riflettere su dove si sono spinti i servizi degli studi commerciali per supportare la concorrenza: ritirare la documentazione dai clienti, accettare documenti spesso confusionari, chiamare più volte per ricordare le scadenze, accettare pagamenti con tempi indefiniti, ecc.. Attenzioni verso il cliente che potrebbero essere ridimensionate, in quanto non più giustificati dalla marginalità e dai processi informatizzati adottati.
- La terza domanda affronta la tematica sulle inefficienze interne agli studi. Spesso le contabilità hanno tempi di aggiornamento inaccettabili, anche per l’oggettiva difficoltà di reperire le informazioni. E’ possibile immaginare di gestire, grazie alla telematica, le contabilità in tempi molto più rapidi, consentendo ai clienti di accedere ai dati contenuti negli studi in modo che non debbano tenere una contabilità parallela fatta di fogli di carta e di excel, come accade oggi. La fatturazione elettronica, i pagamenti tracciati e la possibilità di accesso agli homebanking potrebbero consentire agli studi di assistere i clienti sulle questioni amministrative quotidiane. Forse è arrivato il momento che gli studi possano diventare uffici, a tutti gli effetti, distaccati delle imprese più piccole.
- Ed infine quali servizi innovativi potrebbero essere offerti. Difficile da dirsi. La disponibilità di dati sempre più precisi ed in tempo reale potrebbe far ipotizzare cruscotti di controllo di gestione in larga parte automatizzati, che aiutino i piccoli imprenditori a percepire i segnali deboli e forti di minacce ed opportunità. I commercialisti, attivati per tempo dai loro clienti, potrebbero intervenire con servizi consulenziali di valore sulle specifiche fattispecie.
Dare vita a un “oceano blu” grazie alle tecnologie
Il modello di business dei servizi contabili, per come è stato pensato fino ad oggi, è destinato a modificarsi radicalmente. La tipica organizzazione basata sul centro elaborazione dati, che inserisce le fatture portate a fine mese ordinate dalla ragioniera, dovrà essere prontamente riorganizzata, perché non ha più una logica funzionale in questo nuovo contesto tecnologico.
Il prezzo per la tenuta della contabilità tenderà velocemente ad essere minimo fino quasi ad annullarsi a seguito delle spinte concorrenziali a fronte di una struttura di costi minimi necessari per la sua realizzazione.
Non credano neppure gli studi professionali, la cui attività è prevalentemente di consulenza o di rapporti con il tribunale, di rimanere indenni dall’intensificarsi della concorrenza. La disponibilità di forza lavoro inoccupata spingerà inevitabilmente, come popoli nomadi, i colleghi ad invadere ambiti territoriali della professione appannaggio di altri. Pur di entrare in nuovi settori saranno disposti a praticare offerte a ribasso, con inevitabili guerre di prezzo.
Occorre avere un pensiero positivo e intuire le grandi opportunità che l’evolvere dei tempi pone davanti.
Oggi la possibilità di dare vita ad un “oceano blu” ha molte più possibilità che in passato. Le ICT costituiscono la quarta rivoluzione industriale il cui impatto è almeno triplice.
- Sono tecnologie che consentono di accrescere in modo esponenziale l’efficienza operativa umana come era stata la macchina a vapore rispetto al cavallo.
- Stanno dando vita ad un nuovo mondo fatto di relazioni telematiche[5], che potremmo definire “on-line”, che non ha certo nulla da invidiare a quello delle relazioni fisiche nel mondo “off-line”. Un continente, una nuova America, tutta da esplorare e conquistare con servizi a valore aggiunto.
- Soprattutto siamo di fronte per la prima volta ad una tecnologia che ha un impatto diretto sulle capacità cognitive dell’uomo, aumentandone le potenzialità intellettive: una tecnologia che favorisce la diffusione della conoscenza che produce a sua volta altra conoscenza in un circolo virtuoso.
Una nuova economia “informazionale”[6] in cui la produttività e la competitività dipendono in modo sostanziale dalla propria capacità di generare ed elaborare con efficienza l’informazione.
Lo spazio di rete non è qualcosa né di astratto né di parallelo ma è parte dello stesso ambiente reale dell’Uomo. E’ strumentale all’attività quotidiana come la ruota, il motore a scoppio, la luce. La differenza è che questi ultimi sono finalizzati a migliorare le prestazioni fisiche o le condizioni ambientali in cui l’uomo vive. La rete, invece, ha la capacità di favorire l’attività relazionale ed intellettuale[7] trasferendo informazioni e conoscenza e consentendo la creazione di nuovi spazi concettuali[8].
Le ICT costituiscono un ponte tecnologico, che permetterà di avvicinare i professionisti ai loro clienti, con una modifica profonda nei rapporti. La vicinanza fisica diventerà una eventualità ma non un presupposto, aprendosi nuovi spazi di mercato geografici. In questo contesto il fattore critico di successo sarà rappresentato dalla capacità di dare vita a soluzioni telematiche che consentano di scambiare dati immateriali, spostando i rapporti dall’off-line all’on-line.
Lì dentro sta la vera sfida. Reinventarsi, come già detto, un modo nuovo di fare vecchie cose.
_____________________________________________________________
- Cfr. Michael E. Porter – “La strategia competitiva. Analisi per le decisioni” Edizione della Editrice Compositori pag. 26. ↑
- Franco Amigoni – “From Management Control to Strategic Control: The Control of Dominance”, in Economia Aziendale, Four Monthly Review, vol. I, n. 3, December 1982; ↑
- Cfr. Michael E. Porter – “La strategia competitiva. Analisi per le decisioni” Edizione della Editrice Compositori pagg. 41-51. ↑
- Cfr. Kim, W. Chan; Renée Mauborgne. Strategia Oceano Blu: Vincere senza competere (Italian Edition) (posizione nel Kindle 349). Etas. Edizione del Kindle. ↑
- Pierre Levy, “Il virtuale” – Raffaello Cortina Editore, 1997 ↑
- Cfr. Manuel Castel “La nascita della Società in rete”, Egea, Milano, 2002 pag. 83. ↑
- “Il cyberspazio agevola le connessioni, i coordinamenti, le sinergie tra le intelligenze individuali, soprattutto in contesti viventi in cui la condivisione è ottimale, quando gli individui o i gruppi possono individuarsi reciprocamente in uno scenario virtuale di interessi o di competenze e quando più si accresce la varietà dei moduli cognitivi comuni e reciprocamente compatibili”, Pierre Levy, “Il virtuale” – Raffaello Cortina Editore, 1997, pag. 108. ↑
- Cfr. Piergiorgio Valente “Il continente digitale”, Il Sole 24Ore, Milano, 2002, pag. 8. ↑