L’emergenza coronavirus, imponendo il distanziamento sociale in ogni ambito della vita anche lavorativa, ha determinato necessariamente un’accelerazione nella digitalizzazione dei processi anche all’interno della pubblica amministrazione.
Le organizzazioni che si erano preparate per tempo ed avevano già sperimentato in un periodo non emergenziale gli strumenti del lavoro agile o della formazione a distanza hanno certamente avuto minori difficoltà a gestire il momento di crisi. Non a caso all’interno del decreto Cura Italia, il D.L. 18/2020, sono contenute diverse disposizioni che, in via diretta o indiretta, fanno riferimento agli strumenti digitali.
Le semplificazioni per gli organi collegiali
L’art. 73 del Cura Italia, ad esempio, prevede che al fine di contrastare la diffusione dell’epidemia, i consigli dei Comuni, delle Province e delle città metropolitane e le Giunte comunali, possano comunque riunirsi in videoconferenza, anche qualora non abbiano regolamentato tale modalità di svolgimento, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti, sia assicurata la regolarità dello svolgimento delle sedute e siano garantite le funzioni svolte dal Segretario comunale o provinciale ai sensi dell’articolo 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che prevede tra l’altro la funzione di verbalizzazione della seduta a cura del segretario. Dovranno altresì essere rispettati criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio, ove previsto, o dal sindaco nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.
Procurement più snello per favorire lo smart working
Gli articoli 75 e 87 del Cura Italia prevedono misure per il potenziamento del lavoro agile e per favorire la sua utilizzabilità da parte di tutte le pubbliche amministrazioni. Secondo l’art. 87 il lavoro agile diviene, nel periodo emergenziale, la modalità ordinaria di erogazione della prestazione lavorativa da parte dei dipendenti pubblici.
L’art. 75 autorizza le pubbliche amministrazioni, in deroga a ogni disposizione normativa ad eccezione di quella penale e fatto salvo il rispetto delle leggi antimafia, ad approvvigionarsi di beni e servizi informatici nonché di servizi di connettività strumentali all’implementazione del lavoro agile, utilizzando la procedura eccezionale e di urgenza prevista dall’art. 63 del Codice Appalti, con una variante rispetto al numero degli operatori economici da consultare, che diventano 4 e non 5 e si arricchiscono del coinvolgimento di almeno una «start-up innovativa» o un «piccola e media impresa innovativa». Di contro, l’art. 87 indica il lavoro agile come modalità ordinaria di erogazione della prestazione lavorativa nella PA durante il momento emergenziale.
Può e deve essere utilizzata, quindi, anche in carenza di accordi individuali e prescindendo dagli obblighi informativi previsti dalla legge. È possibile utilizzare anche dotazioni informatiche del dipendente, n caso in cui l’amministrazione non abbia potuto fornirle. Se neppure la modalità semplificata del lavoro agile può essere utilizzata, occorrerà utilizzare ferie, permessi, congedi, banca ore e quant’altro possibile. Extrema ratio, se nessuna altra via è percorribile, resterà la possibilità di motivata esenzione dal servizio.
Il Gruppo di supporto digitale
L’art. 76 del Cura Italia prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro delegato, al fine di dare concreta attuazione alle misure adottate per il contrasto alla diffusione dell’epidemia, con particolare riferimento alla introduzione di soluzioni di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della pubblica amministrazione si avvalga, fino al 31 dicembre 2020, di un contingente di esperti, in possesso di specifica ed elevata competenza nello studio, supporto, sviluppo e gestione di processi di trasformazione tecnologica, nominati dalla Presidenza del Consiglio ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.
Il grande inganno dell’emergenza
Come abbiamo visto sono molte le disposizioni che incentivano una rivoluzione organizzativa nella PA. Il rischio, tuttavia, è che si possa pensare che queste evoluzioni abbiano un senso in quanto perdura la situazione emergenziale. L’inganno in cui possiamo incorrere è ritenere che, una volta finita la pandemia, tutto debba tornare esattamente com’era prima e che occorra mandare in soffitta gli strumenti utilizzati nel periodo di crisi.
Certo il fatto che le amministrazioni – anche quelle per nulla preparate – vengano catapultate in una realtà di lavoro agile senza aver ben chiari gli obiettivi, i cambiamenti organizzativi e gli approcci necessari perché questa modalità risulti efficace potrebbe determinare un effetto boomerang, non consentendo di apprezzare le reali potenzialità degli strumenti. Bisogna adoperarsi perché ciò non accada.
Conclusione
Albert Einstein apprezzava le crisi. Forse avrebbe trovato in questa pandemia che sta sferzando tutto il globo terrestre (a parte l’Antardide a quanto sembra), mettendo a durissima prova non soltanto i sistemi sanitari ma anche il tessuto economico e le organizzazioni politiche di tutto il mondo, almeno un piccolo, infinitesimo aspetto positivo. Einstein diceva: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”.
Certo tutte le persone che hanno perduto i propri cari o hanno attraversato personalmente l’inferno della malattia nelle sue forme più feroci – ma anche noi tutti che viviamo un periodo di isolamento e incertezza – di questa crisi avrebbero fatto volentieri a meno. Ma visto che la crisi indubitabilmente c’è e non possiamo far finta che non esista, allora tanto vale sforzarsi di renderla effettivamente un’opportunità di crescita, di innovazione, di visione strategica, che possa rendere il nostro futuro migliore.