Secondo le stime della Fao, la somma di food loss e food waste potrebbe sfamare ogni anno 1,26 miliardi di persone. Parliamo di un quantitativo complessivo di 1,6 miliardi di tonnellate di cibo, a fronte delle oltre cinque attualmente disponibili per l’alimentazione del genere umano. Tutto questo significa che circa un terzo del cibo che produciamo e consumiamo è perso o buttato, uno spreco davvero impressionante.
Vediamo le conseguenze e le possibili soluzioni, contemplando la tecnologia.
Spreco di cibo, i diversi volti
Come riporta il libro “I sovrani del cibo Speculazione e resistenza dietro a quello che mangiamo” di Alessandro Franceschini e Duccio Facchini, edito da Altreconomia: lo spreco alimentare è un meccanismo perverso che trasforma la troppa abbondanza, per alcuni, in mancanza di cibo per chi ne avrebbe più bisogno.
Esistono due tipi di spreco alimentare: c’è una perdita legata prevalentemente alle fasi di produzione, raccolta, trasporto, stoccaggio e trasformazione del cibo che viene definita food loss. C’è poi lo spreco vero e proprio, il food waste, che interessa il cibo commestibile, destinato al consumo umano ma di fatto non mangiato e gettato. Se la perdita di cibo nella produzione interessa maggiormente i Paesi meno avanzati (laddove tecniche e tecnologie in agricoltura, allevamento e pesca possono essere meno efficienti), in modo speculare lo spreco di alimenti commestibili è invece una caratteristica delle economie più opulente.
Il reddito alimentare
Oggi si parla tanto di reddito alimentare che rappresenta una nuova iniziativa che, inserendosi all’interno di un panorama più ampio di interventi realizzati dal Ministero nell’ambito dell’inclusione sociale e contrasto alla deprivazione materiale, consente la distribuzione gratuita di prodotti alimentari invenduti comunque idonei al consumo, donati dagli operatori del settore alimentare che aderiranno all’iniziativa.
Con tale strumento si dovrebbe raggiungere un duplice, nobile obiettivo: combattere lo spreco alimentare e fornire un aiuto concreto alle persone in condizione di grave povertà. Inoltre rappresenta un programma sociale innovativo, che intende contrastare lo stato di povertà alimentare in cui versano sei milioni di persone residenti nel nostro Paese e con almeno 16 anni di età, secondo i dati della quarta edizione dello studio ActionAid sulla povertà alimentare dal titolo “Frammenti da ricomporre. Numeri, strategie e approcci in cerca di una politica”. Queste persone sono impossibilitate a consumare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni e non possono permettersi di mangiare o bere fuori casa almeno una volta al mese.
I dati
Nonostante l’importanza sociale del progetto indetto dal Ministero, con fondi stanziati pari a 1,5 milioni di euro per il 2023 e a due milioni annui a partire dal 2024 per le città di Genova, Firenze, Napoli e Palermo, la messa a terra del progetto sembra di difficile attuazione per la mancanza di team dedicati alla progettazione in loco parallelamente alla mancanza di una infrastruttura tecnologica adatta allo scopo, con conseguente generazione di una situazione di immobilismo che, almeno per ora, non permette la messa in pratica del nobile progetto ideato e sostenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Le varie città coinvolte, nei mesi scorsi, hanno emanato comunicati mirati a prorogare la partenza del progetto. Per poter partire, spendendo bene le somme messe a disposizione, serve inevitabilmente che un team di lavoro si adoperi per mettere intorno al tavolo gli attori che dovranno essere coinvolti.
Quali le associazioni che sul territorio potrebbero entrare in azione? Sono interessate ad essere coinvolte? Che ruolo, che attività dovrebbero svolgere loro e i volontari che ne fanno parte? Quali supermercati sul territorio si potrebbero coinvolgere? Quale comunicazione mettere in atto affinché colgano il valore e l’importanza del progetto e del loro gesto di donazione? Come mappare infine i beneficiari, che riceveranno i prodotti alimentari donati dai supermercati? Come organizzare e strutturare la distribuzione degli alimenti ai beneficiari, alle mense, alle Case del Quartiere eventualmente mappate e coinvolte? Un grande lavoro di progettazione, come si comprende facilmente.
Il ruolo della tecnologia contro lo spreco alimentare
Terminato il lavoro di progettazione, di mappatura degli attori, di comunicazione verso gli stessi, passiamo alla seconda componente, necessaria per un’efficace messa a terra: la tecnologia. Come consentire con facilità ai supermercati di segnalare i prodotti pronti ad essere donati? Come far sapere ai beneficiari che questi prodotti alimentari sono pronti ad essere loro donati? Come informare tempestivamente il terzo settore, affinché si possa muovere – ove necessario – per il ritiro e la consegna dei suddetti prodotti alimentari? Come garantire la trasparenza del dato? Mi riferisco, nello specifico, alla registrazione di quali e quanti prodotti siano stati donati da un punto vendita, a che ora sia avvenuto il ritiro, a che ora sia avvenuta la consegna, dove e a chi sia stata effettuata la consegna e via discorrendo. Facile capire che senza un adeguato strumento tecnologico di facile e immediato uso da parte di tutti gli attori coinvolti, questo processo sia difficilmente realizzabile.
Riassumendo, le parole chiave sono progettazione e tecnologia. L’indisponibilità di queste due risorse è – a mio avviso – la causa principale che ha condotto i Comuni alle proroghe e agli slittamenti cui stiamo assistendo. Con la triste conseguenza che un bellissimo progetto, adeguatamente sostenuto economicamente, non sta prendendo vita, con due tristi constatazioni al momento evidenziabili: non riuscire a dare del cibo a chi ne ha bisogno e continuare ad alimentare l’assurdo fenomeno dello spreco alimentare.
L’impatto sulla GDO
Quello che il pubblico dovrebbe comprendere è che se da una buona idea può nascere un buon progetto, per metterlo in pratica serve unire le forze con il privato che, probabilmente possiede già gli strumenti e le infrastrutture necessarie per realizzare quanto è stato ideato. Pubblico e privato possono e devono collaborare per ridurre lo spreco alimentare, iniziando dalla GDO dove si evidenzia il maggiore spreco di alimenti, rispetto a quello misurato presso i piccoli negozi di prossimità. E rispetto a quanto appena affermato, tengo fortemente a non addossare alcuna colpa ai supermercati, in quanto offrono a noi consumatori una talmente grande quantità e tipologia di prodotti, così che sia fisiologico che, a fine giornata, possano trovarsi sugli scaffali prodotti invenduti, in scadenza.
Sebbene possa sembrare ai più cosa strana, oggi, nell’era della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale, la gran parte dei supermercati di medie/piccole dimensioni, quelli di prossimità dove quotidianamente facciamo la spesa, controlla la scadenza dei prodotti “a mano”. Un monitoraggio molto dispendioso in termini di tempo e di costo manodopera. Un controllo manuale, svolto dagli operatori particolarmente alienante, se si considera che – in media – si tratta di verificare la scadenza di circa di 700 prodotti, quelli appartenenti alla cosiddetta area freschi. Con l’elevata possibilità che qualche prodotto possa sfuggire al controllo e restare dimenticato sullo scaffale, d’altronde errare è umano.
L’utilità del tracciamento
Il danno di immagine causato dal cliente che “si porta a casa” una confezione di pesto e scopre che la stessa sia scaduta, abbinato al grave danno economico derivante da un eventuale controllo presso il punto vendita da parte dei N.A.S. fanno facilmente capire come questo tema sia delicato e in qualche modo affrontato da parte di un imprenditore che gestisca un supermercato. Oltretutto parliamo anche di un danno ambientale e, ancora una volta, economico per l’imprenditore, che si trova spesso a dover destinare il prodotto alimentare, ancora buono ed edibile, al cesto della spazzatura.
Tra l’altro quando i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità trovano prodotti scaduti in un supermercato, oltre a sanzioni e sequestro dei prodotti, possono obbligare il supermercato ad adeguarsi a determinate norme e migliorare le proprie pratiche come, ad esempio l’installazione di sistemi elettronici di tracciamento delle scadenze o implementare politiche per ridurre lo spreco alimentare, come le donazioni a enti.
Ecco perché anticipare questo adeguamento potrebbe essere una soluzione vincente, così come una soluzione volta a limitare gli sprechi potrebbe provenire dall’uso di un’app appositamente progettata, per informare con immediatezza e semplicità su quali siano i prodotti da monitorare ogni mattina, all’apertura del punto vendita, e quali i prodotti scaduti la notte precedente, tassativamente da rimuovere dagli scaffali, se ancora presenti. Riferendoci ai prodotti prossimi alla scadenza, parliamo, mediamente, di un 3%, 4% del totale prodotti, con conseguente drammatica riduzione del tempo dedicato dall’operatore a questa attività, non più alienante, antieconomica e – da oggi – priva di rischi di dimenticanza.
Una soluzione che oltre a ridurre dell’80% il tempo necessario al controllo quotidiano, mette a disposizione report analitici sui prodotti maggiormente svalorizzati, su quelli sprecati e – particolarmente importante – su quelli assenti dallo scaffale, così da ottimizzare nel tempo i riordini e soprattutto aumentare significativamente i margini economici del punto vendita.
L’uso della blockchain
Terminata la fase di controllo, i prodotti identificati come “prossimi alla scadenza” possono essere automaticamente trasformati in “volantini digitali”, tramite cui informare i cittadini di zona della disponibilità di prodotti, ancora freschi ed edibili, messi in offerta a metà prezzo.
Parallelamente, questi prodotti potrebbero essere trasformati in prodotti pronti per essere donati, con coinvolgimento del cosiddetto terzo settore, come elemento di congiunzione tra il punto vendita e i destinatari finali della donazione. Nel processo studiato per la gestione della donazione, a garanzia della tracciabilità, entra in gioco la blockchain al fine di rendere trasparente la donazione alle Associazioni preventivamente censite e certificate, che possono così recuperare i prodotti alimentari e distribuirli a chi ne ha più bisogno.
Pubblico e privato possono collaborare sempre più tra loro, perché insieme hanno gli strumenti per risolvere diverse criticità che coinvolgono la società. Ed un progetto nobile e ambizioso, come quello sostenuto dal Ministero per sostenere i più bisognosi, riducendo al contempo lo spreco alimentare, potrebbe essere già attuato se questa sinergia fosse messa in atto!