La digital transformation sta investendo anche gli studi legali. Ha già sconvolto, distrutto e cambiato i settori più disparati ed altrettanti ne sta creando giorno dopo giorno. Il settore delle law firm, in particolare, non è esente da questa rivoluzione. Sempre più studi professionali hanno, in questa fase di transizione digitale, necessità e volontà di innovarsi grazie al digitale.
Un’intuizione o una nuova idea non creano a priori innovazione, che invece si ha con il processo. Se lo scopo dell’innovazione è creare valore aziendale, quest’ultimo può assumere forme diverse.
Stiamo parlando di nuovi prodotti o servizi, e di miglioramento di quelli esistenti rendendoli più efficienti ed efficaci. A volte innovazione e trasformazione vengono utilizzate come sinonimi trascurando che hanno caratteri diversi, primo tra tutti la velocità. Ed è in questa zona grigia che il digitale gioca un ruolo centrale, poiché permette una trasformazione, appunto digitale, che innova i processi creando valore aggiunto in tempi relativamente ridotti.
In un mondo mai così interconnesso quanto quello attuale, l’esigenza di cambiamento stravolge individui e imprese ad una velocità esponenziale. Le vecchie strutture e paradigmi sono destinati a sparire, se non rischiare almeno una riduzione di valore considerevole, senza un cambiamento che accompagni in maniera propositiva i nuovi trend e strumenti del mercato. È evidente che cambiamento ed innovazione vadano a braccetto, essendo due facce della stessa medaglia. Ovviamente innovazione è qui intesa in senso ampio, quindi come transizione e miglioramento di processo che utilizzi quale strumento il digitale o meno, anche se nel nostro secolo l’utilizzo sembra imprescindibile.
Innovazione centrale per la Law Firm
In questo panorama di opportunità e rischi le law firm, ovvero gli studi legali associati di derivazione americana, sembrano aver fatto proprie questa esigenza di rinnovamento. Di conseguenza in paesi come l’Italia, dove il settore legale conta numeri importanti in termini di professionisti e fatturato, la digitalizzazione porta sempre più ad una maggiore presenza nelle law firm, non solo di avvocati e commercialisti ma anche ingegneri, informatici e professionisti del mondo della finanza.
Non basta più investire una piccola parte del proprio fatturato in qualche applicativo e tenere la maggior parte dei software in outsourcing. Sempre più law firm considerano l’innovazione digitale come parte centrale del proprio business, e stanno internalizzando i processi per renderli brandizzati e su misura per le proprie esigenze e della clientela, senza contare sulla diversa gestione del rischio sicurezza e privacy.
Studi legali innovativi: best practice
Basti pensare all’istituzione, da parte di DLA Piper, del Change Council ovvero una sorta di organo interno alla law firm incaricato di curare e traghettare lo studio professionale nel futuro grazie alla consulenza del guru inglese Richard Susskind, che non a caso è autore di libri come Tomorrow’s Lawyers e The Future of the Professions: How Technology Will Transform the Work of Human Experts.
A questo punto non stupisce il ruolo di Innovation Manager, assegnato a Maziar Jamnejad, in Linklaters con il compito di “andare oltre le strutture e convenzioni, che sono spesso semplicemente tradizionali e non sempre così facili da mettere in discussione, soprattutto nel mondo legale” come ha ricordato il Managing partner Italy Andrea Arosio. Il fine ultimo, per Linklaters, sembra essere creare un Legal Innovation Hub in Italia, capace di capire e sfruttare i cambiamenti ed effetti disruptive del digitale nel settore legale per creare valore aggiunto ai clienti ed alla realtà nella quale si opera.
Ma non solo le big del mercato hanno imboccato il trend del digitale anzi, molte boutique, avendo una struttura fisiologicamente meno rigida, sono consapevoli delle opportunità che l’innovazione digitale presenta. La Boutique Crc Lex, per esempio, ha un team specifico sul digitale guidato dal giovanissimo Giulio Messori, mentre il primo chief innovation officer, in senso stretto, di uno studio italiano è stato Marco Imperiale nella boutique LCA.
L’innovazione può cambiare radicalmente il processo di produzione, permettendo di effettuare le operazioni a basso valore aggiunto in maniera più efficace, in minor tempo e ad un costo minore. Basti pensare all’attività di due diligence che oramai può essere svolta, in buona parte, dall’intelligenza artificiale. Vale la pena citare l’utilizzo, da parte della law firm Dentons e dello studio Portolano Cavallo, di Luminance ovvero quella piattaforma di IA leader di mercato in grado di analizzare e classificare clausole contrattuali, gestendo in maniera centralizzata le attività di due diligence.
Le grandi law firm, leader del settore come la Herbert Smith Freehills– HsF (presente in Italia da poco più di un anno) consapevoli della propria struttura meno dinamica delle boutique hanno utilizzato metodi più disparati per porre al centro dell’attenzione l’innovazione in quanto spartiacque del progresso dei prossimi anni. Sintomatica è la Innovation 10 initiative di HsF, che permette a tutto lo staff global di passare fino a 10 giorni all’anno lavorando su progetti di innovazione, incluse le attività come la costruzione di “app legali”, automazione dei processi, strumenti di intelligenza artificiale e blockchain. Non da meno è stata la law firm Chiomenti che ha presentato il “Premio Chiomenti diritto e innovazione digitale” con il quale si punta sui giovani neolaureati per utilizzare il digitale come volano di innovazione e cambiamento del mondo legal.
Ma in Italia investimenti in innovazione ancora contenuti
Certo è che la strada è ancora lunga e siamo solo arbori, ma la velocità della tecnologia oramai ci dimostra come tutto può essere stravolto in poco tempo. Gli investimenti in termini di fatturato nel campo dell’innovazione sono ancora molto contenuti, in valori assoluti parliamo di circa 5.300 euro investiti annualmente da ogni studio nel 2018, secondo le stime dell’Osservatorio Professionisti & Innovazione digitale, che ha anche creato un maturity model per la transizione dallo studio tradizionale a quello digitale.
Innovazione interna e esterna
Internamente, possiamo guardare ai gestionali e agli applicativi che quotidianamente assistono i professionisti nell’utilizzo e catalogazione dei dati e documenti. Su queste note, lo studio Toffoletto De Luca Tamajo ha sviluppato internamente un proprio software proprietario tramite i suoi ingeneri (vedi Elibra).
Esternamente, l’effetto ricade sul rapporto con la clientela e la percezione che il pubblico ha della law firm. Degno di nota, anche se per ora assente nel mercato italiano, è CrowdJustice. Fondata da Julia Salasky (ex avvocato di Linklaters e delle Nazioni Unite) questa firm si pone come ponte tra l’esigenza di tutela giuridica da parte di soggetti che non sono in grado di sostenere determinate spese legali, ed avvocati che necessitano di coprire anticipatamente le spese o che non abbiano strumenti per avviare da subito una propria law firm. Fino ad ora questa piattaforma, sostenuta da operazioni di venture capital, ha raccolto 2 milioni di dollari come capitale sociale e 6 milioni di sterline che hanno finanziato circa 500 azioni legali.
Questa, seppur parziale, disamina del mercato legale italiano lascia ben sperare. In conclusione, ogni law firm, o boutique che sia, adotta una strategia diversa con il fine di adattarsi al meglio alla propria clientela ed adattare l’innovazione al proprio settore di riferimento. Non poteva esserci una prospettiva migliore visto che, e fin qui appare chiaro, né il fatturato né le dimensioni sono da ostacolo all’innovazione.
Bibliografia
- osservatori.net, PROFESSIONISTI: UN FUTURO IN COSTRUZIONE!, 2018.