Il digitale nell’ambito dell’investigazione giudiziaria oggi concorre a disegnare una nuova prospettiva alimentando – a torto o a ragione – il mito della certezza del giudizio, più che quello della pena. Facciamo il punto, a partire dalle procedure che scattano in caso di incendio.
L’incendio visto, dal punto di vista giuridico, come un abbruciamento di cose di grandi proporzioni, di facile diffusione e di difficile spegnimento è ad oggi un fenomeno altamente ricorrente che impone un doveroso miglioramento sia delle procedure progettuali di prevenzione che la conduzione di indagini investigative più efficienti.
Alla base della metodologia d’indagine è necessaria una salda conoscenza della teoria degli errori, delle cause, degli effetti che l’incendio produce sulla scena e delle conseguenze riscontrabili nella scena che ha patito l’evento.
Si parte quindi dall’analisi degli incidenti per poi descrivere l’evento incendio e le metodologie utilizzate per indagarlo, così come viene suggerito anche dalla norma internazionale NFPA 921: Guide for Fire and Explosion Investigations.
La Forensic Fire Investigation diventa quindi un settore specialistico ove un’attenta lettura delle tracce, anche genetiche, ci permette di risalire all’esatta dinamica dell’incendio doloso o accidentale con la presenza vittime. Si passa quindi da un approccio investigativo prescrittivo, cioè di tipo tradizionale, ad un approccio investigativo prestazionale ove la disamina della scena diventa un metodo di verifica di indizi e tracce anche di natura biologica.
Incendio e diritto penale
L’evento incendio è da intendersi invece come il risultato di una conseguenza. Esso richiama il mutarsi di uno stato di fatto, di una situazione in rapporto al principio di causalità. Possiamo considerare l’evento incendio quell’avvenimento che si presenta congiunto ad un altro mediante un nesso di causa.
Relativamente all’ambito del diritto penale, viene definito evento solo quell’effetto della condotta che il diritto penale prende in considerazione, in quanto connette al suo verificarsi conseguenze penali. La nozione di evento incendio, visto come accadimento causato da una data azione, è espressamente utilizzata dal legislatore italiano in una serie di normative di carattere generale. Lo schema di partenza di una qualsiasi investigazione di ingegneria forense proposto è basato su quattro concetti chiave.
Si parte dal concetto di errore per poi analizzare le cause; si valutano poi gli effetti prodotti e le potenziali conseguenze (Vedasi fig. 1).
L’esatta individuazione degli errori porta a ricercare le cause ed a costruire correttamente i profili di responsabilità
Lo studio degli effetti ci aiuta a definire le prove indiziarie e le conseguenze i danni e collassi che ha subito la nostra struttura.
Gli effetti sono il risultato puntuale ed immediato di ciò che deriva da determinate cause.
Le conseguenze sono invece le conclusioni dedotte logicamente dagli effetti.
Esse sono quindi il risultato globale di uno o più effetti e può manifestarsi a breve o lungo termine. (Ad esempio il collasso di un solaio in legno è la conseguenza dell’effetto della carbonizzazione delle travi lignee). Un’attività tradizionale di Fire Investigation (approccio investigativo prescrittivo) in genere inizia dall’analisi degli effetti sulla scena.
In tale fase ci aiutano nel repertamento le schede di analisi semiotica dell’incendio, le schede di repertamento sui materiali (strutturali e non) e la semiotica delle impronte in caso di incendi dolosi (Arson Investigation).
Le tracce genetiche in un incendio
Nel contesto investigativo-forense, le tracce genetiche hanno una centrale importanza per ricostruire la dinamica dei fatti avvenuti e per identificare i soggetti responsabili del fatto reato. Tuttavia, spesso, con il preciso fine di “cancellare le tracce”, molti criminali usano il fuoco come strumento per tentare di indebolire l’iter investigativo, rendendo meno fruibili e disponibili le tracce potenzialmente presenti su una data scena criminis o su dei reperti, etc.
Il contesto investigativo su descritto è complesso, in quanto raggruppa le competenze di diversi professionisti: da un lato, i biologi forensi, dall’altro, gli ingegneri forensi. Infatti, per una idonea analisi ed investigazione in questi casi, solo il lavoro sinergico tra queste due figure professionali potrà, di fatto, far scaturire una indagine forense che abbia delle possibilità oggettive di successo.
Nello specifico, in tali indagini vi è la sinergia tra i biologi forensi, appunto specialist delle tracce biologiche, e gli ingegneri forensi, specialist degli scenari di incendio.
I dati della bibliografia scientifica sul punto sono presenti, ma non in quantità considerevoli, sfortunatamente. E’ tuttavia noto che, anche a seguito di incendio, le tracce biologiche hanno discrete possibilità di conservarsi ed essere idonee per l’uso investigativo.
Alcuni studi descrivono come, in caso di incendio, le tracce biologiche hanno una degradazione “substrato-dipendente”, ovvero a incidere profondamente sullo stato delle tracce biologica è il materiale sul quale esse poggiano. E’ infatti stato ben descritto che tracce biologiche presenti su substrati quali il “Nylon” hanno una notevolissima degradazione in caso di incendio.
La stessa cosa non si verifica, invece, per le tracce biologiche presenti su substrati quali il “poliestere”, principale componente di molti vestiti.
Inoltre, si evidenzia anche che tracce ematiche assumono, a seguito di incendio, caratteristiche fenotipiche (ossia visibili) differenti a seconda del tessuto corporeo considerato. Infatti s’è dimostrato che tracce di sangue, a seguito di incendio, assumono una colorazione che va tra il marrone-scuro ed il nero; invece tracce di sperma restano invariate nella loro colorazione. Ciò, di fatto, si verifica per via della particolare composizione proteica del sangue. Infatti le cellule ematiche sono ricche della proteina “emoglobina”, la quale ha in sé un pigmento rosso.
In caso di incendio, ovvero esposizione prolungata nel tempo ad elevate temperature, avviene un viraggio colorimetrico; il pigmento rosso dell’emoglobina, per denaturazione calore-indotta, va verso colori più scuri, quale appunto il marrone scuro.
Ciò, di fatto, è lo stesso principio per il quale quando la carne è cruda appare rossa/rosea, mentre, una volta cotta, appare di un marrone più o meno intenso.
Tali caratteristiche colorimetriche talvolta sono rilevabili dagli operatori ad occhio nudo, talvolta invece sono rilevabili grazie all’utilizzo di particolari luci forensi che sono in grado di esaltare e detectare le tracce latenti (ovvero non più visibili all’occhio umano per ridotta dimensione o elevata degradazione).
Altri studi di settore, inoltre, hanno simulato uno scenario di incendio in una abitazione a più stanze. Nelle diverse stanze sono state posto una serie nota di tracce biologiche. A seguito dell’incendio si è potuto apprezzare che nella stanza di innesco, ovvero quella dalla quale le fiamme si sono originate e propagate, le tracce biologiche ancora fruibili ed identificabili ammontavano al solo 25% delle tracce totali depositate prima dell’incendio. Diversamente, nelle altre stanze dell’appartamento, anch’esse interessate dalle fiamme, le tracce biologiche ancora identificabili e fruibili per le indagini ammontavano all’80% del totale delle tracce prima depositate.
Tali dati scientifici danno notevole fiducia agli investigatori, in quanto si evidenzia che la compromissione totale delle tracce biologiche non si verifica (neanche nell’ambiente di innesco) e che negli ambienti pertinenti, seppur interessati dalle fiamme, vi saranno notevoli probabilità di trovare ancora tracce biologiche utili. I calcoli effettuati parlano di 80% della fiducia negli “ambienti di pertinenza”. Tali dati, sotto il profilo investigativo-scientifico, sono davvero ottimi e soprattutto confermano che, anche se i colpevoli di un dato reato provano, a mezzo di incendio o esplosione, a cancellare le tracce biologiche su una data scena del delitto, vi sono buone probabilità di rinvenire tracce biologiche degli autori del reato nonostante lo scenario di incendio usato per indebolire l’attività investigativa
Le prove indiziarie
Una definizione di carattere molto generale è la seguente: “La prova è un ragionamento che da un fatto noto ricava l’esistenza di un fatto avvenuto nel passato”. Le evidenze e quindi anche le prova indiziarie derivano da tracce lasciate sulla scena definibili, come asserì Alphonse Bertillon famoso criminologo francese nel seguente modo: “La traccia è il biglietto da visita dell’autore del reato. E’ un testimone silenzioso che non mente mai”.
La prova indiziaria o indizio si basa sul concetto che il fatto da provare si ricavi attraverso un’inferenza costituita o da leggi dimostrabili scientificamente o da una comprovata esperienza nel settore. Edmond Locard , altro famoso criminologo francese, padre della scienza forense cita:“(….) quando un individuo entra in contatto con un luogo lascia qualcosa di sé, così come qualcosa del luogo rimarrà sull’individuo (…)”.
La prova indiziaria vuole che quindi l’esistenza del fatto da provare si ricavi attraverso una relazione costituita o da leggi scientifiche o da comprovata esperienza al fine di evitare che la prova sia acquisita in modo illegittimo o in maniera non utilizzabile.
Le prove devono essere non manifestamente superflue e non irrilevanti.
Una delle regole che il codice di procedura penale pone in materia di prova è quella secondo la quale la prova di un reato non può essere ricavata se non da indizi che siano gravi, precisi e concordanti.
Un indizio è:
- grave quando è dotato di un grado di persuasività elevato e riesce a resistere a eventuali obiezioni.
- preciso quando non è suscettibile di diverse interpretazioni.
- concordante quando ci sono più indizi che confluiscono nella stessa direzione.
Le prove biologiche nella Fire Investigation possono essere di varia natura. Esse, al fine di poterle catalogare, devono far parte di una metodologia investigativa standardizzata applicabile in tutti i casi di incendi confinati, rappresenta un potenziale ausilio per la ricerca delle prove nelle attività di Fire Investigation.
L’esigenza di codificare le operazioni è molto sentita negli ambienti delle forze di polizia scientifica, ove l’utente, che viene interessato a condurre le indagini investigative, spesso non possiede un chiaro quadro complessivo delle operazioni e controlli da svolgere sulla scena con il rischio di by-passare determinate verifiche e quindi non repertare tracce peculiari in ambito forense.
A titolo di esempio di somma importanza è la raccolta degli eventi significativi della scena incendiata che, se eseguiti nell’immediatezza dell’incendio, consentono di congelare la scena al momento del repertamento, quando lo stato dei luoghi non è stato ancora modificato (anche dai VV.F).
A volte, infatti, alcuni particolari possono sfuggire anche all’investigatore più attento e, in seguito, assumere un’importanza imprevista nel prosieguo delle indagini. In questi termini, ad esempio l’intervento dei VV.F., la durata presunta dell’incendio, la fotografia integrata da rapporti descrittivi ecc., possono assumere, a livello forense, un valore di prova.
Ottolenghi è stato il primo studioso di tecniche investigative scientifiche e nel 1897, fondò la Rivista di Polizia Scientifica. Egli recita: “In ogni sopralluogo dovranno segnalarsi i caratteri delle parti che lo compongono e del contenuto, che equivalgono ai connotati, e i caratteri delle particolarità che gli ambienti e il contenuto presentano che equivalgono ai contrassegni personali.”
Durante il repertamento degli effetti occorre stare attenti a quegli eventi che potrebbero comportare delle alterazioni della scena e degli indizi di natura biologica. L’intervento dei VV.F. durante lo spegnimento di un incendio comporta effetti alterati (fig. 2).
Occorre quindi valutare l’area interessata dal getto di acqua e tenere conto delle deformazioni termiche e annacquamenti indotte dal brusco spegnimento dell’elemento da esaminare.
Figura 2- Alterazione della scena
Le impronte presenti in una scena dolosa spesso possono essere compromesse per effetto del necessario spegnimento che i VV.F. operano per placare la magnitudo dell’incendio.
Tale situazione però comporta un’alterazione anche sostanziale della scena come meglio illustrato nella figura 2.
Dalla prova scientifica a “oltre il ragionevole dubbio”
L’investigazione, presuppone il verificarsi di un evento delittuoso e prende avvio dalla notizia criminis, con l’espletamento di indagini dirette e indirette.
Le indagini dirette sono dette anche indagini di acquisizione probatoria oggettiva, dal momento che si svolgono direttamente su cose, luoghi o situazioni pertinenti al reato e comportano un’analisi degli elementi ritrovati sulla scena, per esempio i rilievi planimetrici, fotografici, analisi di laboratorio sui reperti e così via.
Le indagini indirette invece, o indagini di acquisizione probatoria soggettiva, esplicate successivamente e in parallelo con quelle dirette, sono quelle che riguardano persone o atti che non promanano direttamente dalla scena del crimine, si pensi all’acquisizione di informazioni agli accertamenti presso pubblici registri, ecc.
Diverso ma connesso problema è se il giudicante sia in grado, non essendo “esperto del settore”, di capire se la prova scaturita è alterata o di percepirne le eventuali modifiche. Nella realtà, le indagini compiute vengono messe in discussione solo nel contraddittorio fra le parti, ed è in questo momento che emergono le questioni che formeranno poi i temi per la valutazione della prova.
Il controllo del giudice sull’iter investigativo-scientifico
In sintesi, occorre che il controllo del giudice si eserciti criticamente sia all’inizio, nel momento dell’ammissibilità della prova, sia alla fine, nella valutazione del risultato. Proprio in merito al controllo del giudice degli atti posti in essere, onde assicurarne qualità oggettiva e il rispetto delle formalità e procedure prescritte, una nuova linea di pensiero in dottrina giuridica, portata avanti dal giudice G. Francione, suggerisce l’istituzione di figure di supporto attive proprio in queste fasi preliminari.
Nello specifico, si parla della figura del “consulente pro-ignoto”, alle dipendenze della magistratura giudicante (non inquirente) che affianca la PG nelle indagini sin dai primi atti, ed ha il compito di assicurare la qualità dell’operato e di presentare osservazioni e richieste volte a garantire il massimo dell’efficienza ed il rispetto di tutte le procedure, scientifiche e giuridiche, nello svolgimento dei primi atti tecnici di investigazione. Così intesa, tale figura professionale è sia di supporto al corretto svolgimento dell’apparato giudiziario, sia fonte di garanzia sia per la PG operante che per l’indagato, anche se questo/i ancora deve essere identificato.
Il rapporto di causalità non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica.
Il termine ragionevole indica l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza probatoria, quindi il plausibile e ragionevole dubbio si fonda su specifici elementi che in base all’evidenza disponibile lo avvalorino nel caso concreto.
Il ragionevole dubbio è un dubbio motivato, esprimibile mediante categorie logiche (Vds tab.1).
Tab. 1 – Operazioni sulla scena del crimine (Intini A., Picozzi M.)
Uno dei maggiori meriti di Salvatore Ottolenghi, padre della scuola di scienze forensi italiana, fu quello di intuire come l’indagine di polizia dovesse essere ricondotta nel più generale ambito delle scienze naturali.
Le tracce biologiche presenti sul luogo del delitto sono, infatti, “segni naturali”, nel senso di cose, parti della realtà dotate in quanto tali di fisicità. Non a caso i criminalisti inglesi parlano di physical evidence per intendere la prova indiziaria.
Dunque i luoghi e le cose che hanno avuto a che fare con un delitto, se opportunamente esaminati, hanno molto da rivelare, sull’identità della vittima, su quella dell’aggressore, sui loro rapporti e più in generale sulle più labili o profonde interrelazioni tra l’agire umano e l’ambiente.
In definitiva, quando due entità fisiche entrano in contatto ciascuna lascia inevitabilmente qualcosa di sé sull’altra (classico è l’esempio del fango sulla scarpa).
La ricerca delle tracce è principalmente volta all’individuazione, alla documentazione e asportazione anche dei frammenti di impronte papillari, che sulla scena del delitto possono essere di due tipi: impronte visibili e impronte latenti.
Le impronte visibili sono quelle:
- che si producono per contatto delle superfici digitali imbrattate di sostanze di varia natura (sangue, inchiostro, vernici, ecc.) su superfici rigide generando impronte per sovrapposizione;
- prodotte dalla pressione o affondamento delle creste papillari su sostanze malleabili, come cera, e così via, generando impronte per modellamento.
In genere questi tipi di impronte riguardano superfici che possono essere asportate con l’intero substrato su cui sono impresse e debbono perciò essere fotografate con gli opportuni accorgimenti tecnici, quali filtri, luce polarizzata, luce radente, al fine di esaltare il contrasto con la superficie stessa su cui si trovano.
Figura 3- classificazione dei reperti. (Intini A., Picozzi M.)
Le impronte papillari latenti sono quelle che non si vedono a occhio nudo e si producono per deposizione dell’essudato secretato dalle creste papillari, quando queste vengono in contatto con gli oggetti.
La selezione dei reperti da sottoporre a successiva analisi di laboratorio dovrà ricadere su oggetti trasportabili in plastica, vetro, metallo e carta.
La cosa più importante è che il materiale sia conservato in singole buste di carta o di plastica trasparente e catalogato, in relazione al luogo di rinvenimento, con un numero progressivo che trovi riscontro puntuale nel verbale dei rilievi descrittivi e fotografici.
Sempre più frequenti sono le richieste di intervento volte a esaltare frammenti di impronta sui cruscotti di autoveicoli, costruiti in materiale plastico.
Le foto della fig. 4 mostrano una tecnica per la rimozione della fuliggine al fine di individuare la presenza di impronte papillari e di tracce di sangue lasciate sulla superficie di una porta prima dell’incendio.
Figura 4: estrapolazione di impronte da una porta
La figura 5 mostra invece delle impronte su ceramica, evidenziate mediante Vacuum Metal Deposition (VMD), dopo che le superfici sono state esposte rispettivamente a:
- A) 500°C 5 minuti
- B) 500°C 15 minuti
- C) 700°C 5 minuti
- D) 700°C 15 minuti
- E) 900°C 5 minuti
- F) 900°C 15 minuti
Figura 5: Impronte su ceramica al variare della temperatura
Anche nelle condizioni estreme di un incendio è possibile quindi individuare tracce di interesse ai fini forensi.
Il lavoro svolto da Harper nel 1938 ha dimostrato che vi è la possibilità di individuare tracce papillari su oggetti esposti alla temperatura comprese tra 100 e 200 °C. (fig. 6)
Figura 6: tracce papillari al variare della temperatura
Nella scienza quindi, così come nell’investigazione e nel processo, il metodo è rivolto principalmente a scoprire principalmente l’errore che conduce alla verità. Mentre, infatti, il sistema inquisitorio procedeva dalla pretesa di conoscere già tutta la verità calandola dall’alto nel processo sotto forma di prove già accertate, il sistema accusatorio prende in considerazione le prove regolarmente formate (cioè rese meno incerte) nel contraddittorio tra le parti di fronte a un giudice terzo, dunque l’investigazione, condotta secondo precise regole, costituisce una delle idee fondanti del nuovo processo penale.
Non esiste quindi una investigazione che non sia naturalmente inserita in un sistema di controlli, pesi e contrappesi.
Bibliografia
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- Intini A., Picozzi M., Scienze Forensi – Teoria e prassi dell’investigazione scientifica– UTET Giuridica, Anno 2009;
- Mangione M., F. Bontempi, Crosti C.: Structural Fire Investigation e Ingegneria Forense – Atti del convegno IF CRASC’15 – 14-16 maggio 2015 – Università La Sapienza – Roma;
- Mangione M.: Dalla progettazione antincendio all’investigazione sugli incendi – Rivista Antincendio, dicembre 2017;
- Stella F.: Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale – Giuffrè Editore, Milano 2000.
- Monica L. Snyder, Ralph C. Aldredge: Trial by fire: Comparing DNA degradation in blood versus semen after fire exposure– Journal of forensic research, USA 2016
- Sharon Abrams, Anne Reusse, Amy Ward, Janice Lacapra: A simulated arson experiment and its effect on the recovery of DNA- Canadian Society of forensic science Journal- 2008
- Gennaro Francione: Criminologia Dinamica. La via di Popper al DNA– Nuova Editrice Universitaria, 2019