Non può che essere accolta con favore la notizia che il centro di competenza di Genova ha assegnato i primi fondi, 1,6 milioni di euro, per i progetti di digital transformation in ambito Industry 4.0 in linea con gli obiettivi del MISE.
Un’ottima cosa, soprattutto in considerazione del fatto che tra i progetti ammessi al finanziamento ve ne sono molti presentati da PMI in collaborazione con partner pubblici, a dimostrazione di come sempre più sia necessario che la ricerca e l’industria percorrano insieme i sentieri dell’innovazione. Ma anche perché, come vedremo, ci offre l’opportunità sia di evidenziare, ancora una volta, l’importanza dei dati – e della loro tutela sotto il profilo del diritto d’autore – come motore della trasformazione digitale, anche in aziende manifatturiere, sia il ruolo della blockchain.
D’altra parte se una cosa ci ha insegnato questa crisi è l’utilità degli strumenti digitali che ci hanno consentito, pur in tempi di lock down, di continuare a lavorare, a tenerci in contatto con i nostri cari ed usufruire di vari beni e servizi essenziali.
È evidente, quindi, che anche le imprese italiane, la cui gran parte è costituita da aziende manifatturiere, non possono fare a meno di introdurre tali innovazioni nei loro processi, per restare al passo con tutti gli altri settori e, soprattutto, per garantire continuità aziendale e reddittività in situazioni come quella che stiamo affrontando.
I progetti e le tecnologie vincenti
Scorrendo l’elenco dei progetti che sono risultati vincitori si possono individuare anche le tecnologie su cui le industrie intendono far leva: intelligenza artificiale, Big Data, blockchain, edge computing, droni, IoT.
Le applicazioni spaziano dal controllo automatizzato di asset critici, alla semplificazione ed automazione dei documenti di trasporto, dal monitoraggio ambientale al cosiddetto digital twin. Quest’ultimo è uno dei principali utilizzi delle nuove soluzioni tecnologiche nelle fabbriche, in quanto consente di creare repliche virtuali dei prodotti in modo da testarne le capacità di resistenza e di durabilità attraverso il loro esame in ambienti digitali e con il supporto anche di tecnologie predittive, come l’intelligenza artificiale, favorendo in tal modo interventi correttivi già in sede di progettazione.
È evidente che applicazioni del genere richiedono un maggior uso di sensoristica sulle macchine, così da poter raccogliere da quelle già in produzione tutti i dati necessari per consentire le successive analisi delle casistiche reali riscontrate.
Anche la blockchain è considerata valido strumento di innovazione, potendo semplificare le operazioni documentali connesse al trasporto delle merci ed alla garanzia di originalità delle eventuali parti di ricambio.
La blockchain, i nodi normativi
Mi sia consentita una riflessione a parte sul tema delle tecnologie a registro distribuito.
Nonostante in Italia da alcune parti, fortunatamente isolate, non si sia ancora compresa appieno la portata innovativa di tale tecnologia, le evidenze dimostrano che le aziende in vari settori sono molto interessate a comprenderne vantaggi e possibilità di sfruttarne le capacità nei processi produttivi.
Prova ne è che tra i progetti che hanno beneficiato del finanziamento ne è presente anche uno relativo alla digitalizzazione delle polizze di carico.
In Italia, come oramai ben noto, siamo stati tra i primi Paesi europei ad introdurre una disciplina sul valore delle transazioni registrate su DLT, oltretutto riconducendo lo stesso nell’ambito del quadro normativo europeo relativo alle firme elettroniche e marche temporali (eIDAS).
Sebbene le chiare indicazioni della norma (l’art. 8 ter della l. 12/2019) prevedessero tempi definiti per l’emanazione delle regole tecniche attuative, l’Agenzia per l’Italia Digitale ad oggi, a distanza di oltre un anno, non ha ancora provveduto a pubblicare alcunché, lasciando in un limbo di aspettative coloro che vorrebbero avere certezze in merito all’utilizzo di tali tecnologie.
Nel mentre la Commissione Europea ha pubblicato durante questi primi mesi del 2020, nonostante tutte le difficoltà derivanti dall’emergenza sanitaria, due report incentrati sulle tecnologie a registro distribuito di cui uno, in particolare, sugli aspetti giuridici ad esse connessi con riferimento ai rapporti con il Regolamento eIDAS.
Oltremanica, la British Standard Institution ha promosso in consultazione il documento PAS333, riferito alle regole standard per la creazione di smart legal contract.
Nonostante ciò, le imprese italiane – che sono, purtroppo, abituate a rapportarsi con le lungaggini della nostra amministrazione – hanno la volontà e l’entusiasmo di sperimentare le soluzioni offerte dalla blockchain, presentando progetti e testandone il funzionamento nell’ambito dell’attività aziendale (con soluzioni di notarizzazione dei documenti o di tracciamento della supply chain, ma anche attraverso applicazioni per facilitare l’emissione di garanzie finanziare e di riconciliazione delle scritture contabili).
Tutto ciò per concludere che, forse, il ritardo di AgID potrebbe anche rivelarsi positivo, qualora l’Agenzia comprendesse che l’emanazione di una regolamentazione eccessivamente restrittiva e vincolante di tale tecnologia potrebbe avere un effetto negativo proprio su alcuni dei processi di digital transformation delle aziende, che invece sembrano volerne apprezzare pienamente tutte le potenzialità applicative.
Il contesto normativo dei processi di digital transformation industriali
Avevamo già analizzato su queste pagine alcuni aspetti disciplinari collegati ai progetti di Industry 4.0. nelle aziende italiane.
In particolare, ci eravamo soffermati sugli aspetti relativi alle informazioni ed ai dati che devono essere processati ed analizzati in tali contesti, ricordando che il “motore” della digital transformation, anche in aziende manifatturiere non possono che essere proprio i dati, sia provenienti dai clienti e da fonti pubbliche, sia quelli più specifici la cui fonte sono le macchine ed i sensori.
La notizia riportata in apertura del presente articolo ci offre però l’opportunità di approfondire ulteriormente questa tematica.
Innanzitutto, proprio per la loro natura, le informazioni provenienti da sensori e macchine non sembrano poter essere in senso stretto oggetto di tutela sotto il profilo del diritto d’autore, in quanto evidentemente non si tratta di informazioni originali con le caratteristiche di creatività stabilite da detta normativa.
In tal senso, e per rimanere nell’ambito di tale diritto, una particolare forma di tutela potrebbe essere quella riconosciuta al costitutore delle banche dati, a cui la legge riconosce un diritto sui generis sulla base delle risorse ed investimenti impiegati per la creazione del database informativo. La singola azienda, quindi, potrebbe vantare tale diritto sull’insieme dei dati raccolti dai sensori installati sui propri macchinari, oppure sui dati provenienti dalle repliche virtuali dei prodotti originari (“digital twin”). Ciò porterebbe a garantire la possibilità di vietare la riproduzione di parte consistente della banca dati, lasciando però senza tutela l’ipotesi in cui detta riproduzione sia limitata quantitativamente ad un numero ristretto di informazioni.
Per ampliare la tutela potrebbe venire in soccorso l’art. 98 del Codice di proprietà industriale, che tutela i segreti commerciali, riconoscendo al loro detentore il diritto di vietarne l’acquisizione, la rivelazione a terzi o l’utilizzo. I requisiti affinché un segreto commerciale possa essere soggetto a tutela è che si tratti di informazioni che sono state mantenute segrete, che hanno valore economico in quanto tali e che sono oggetto di appositi accorgimenti per mantenerne ragionevolmente la segretezza.
Applicando tale disciplina alle tipologie di informazioni sopra indicate si riuscirebbe, quindi, a tutelarne il valore nonché a vietarne un utilizzo abusivo da parte di terzi che eventualmente riuscissero ad accedere alle stesse.
Se tali previsioni possono tutelare le informazioni che sono raccolte e processate nell’ambito dei progetti di digital transformation delle aziende industriali, un altro aspetto critico da tenere in considerazione è quello dell’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale ai fini della previsione del monitoraggio ambientale, della sicurezza e dei rischi.
Si tratta, infatti, di attività particolarmente sensibili ed è necessario ricordare che nel nostro ordinamento, ma anche in quello europeo, non sono stati ancora approntati strumenti per l’imputazione precisa delle responsabilità in caso di utilizzo di tali sistemi. Sarà, quindi, opportuno disciplinare nel dettaglio, all’interno dei contratti tra azienda che intende utilizzare soluzioni di questo tipo ed i fornitori delle stesse, il regime di responsabilità in caso di incidenti, dato che l’obiettivo che si intende perseguire tramite l’adozione di questi nuovi strumenti è proprio quello della prevenzione di situazioni di rischio.
Infine, nell’ambito della creazione di modelli virtuali di macchine o prodotti le aziende dovranno avere l’accortezza di avviare un “check-up” dei propri asset. Mettere a disposizione soluzioni innovative non previamente brevettate, infatti, potrebbe portare gravi conseguenze in termini di perdita di competitività sul mercato, soprattutto quando vengano utilizzati strumenti messi a disposizioni da grandi società tecnologiche che, per la loro forza contrattuale, spesso non consentono alcuna trattativa in merito alla disciplina delle informazioni processate dai software messi da loro a disposizione delle PMI.