Una recente ordinanza la Sezione Settima penale della Cassazione, pubblicata qualche giorno fa, ha affermato che le copie cartacee delle schermate telematiche (ossia la stampa degli screenshot) hanno un valore probatorio documentale liberamente apprezzabile dal giudice.
Che valore processuale ha uno screenshot?
Si tratta dell’ordinanza del 10 febbraio 2021. La Sezione Settima penale (quella deputata a filtrare e dichiarare inammissibili i ricorsi manifestamente infondati) ha affermato che non c’è nessun divieto di produrre in giudizio copie di schermate telematiche prive di certificazione.
Il principio cardine della valutazione delle prove, nel processo penale, è il libero apprezzamento del giudice; detto in parole povere, se il giudice, alla luce delle circostanze di fatto, ritiene attendibile la prova, è libero di valutarla secondo il proprio convincimento.
Queste ultime, se depositate come stampa cartacea, sono documenti a tutti gli effetti ed il giudice di merito ha il potere-dovere di valutare attendibilità e valore probatorio di ogni mezzo di prova ammesso.
Nel caso arrivato in Cassazione – fatto minore, da giudice di pace – gli screenshot erano stati prodotti e valutati unitamente ad altri mezzi di prova che ne confermavano contenuto ed attendibilità.
Nel caso di specie, l’imputato era stato condannato per lesioni e gli screenshot appartenevano a pagine social in cui egli stesso si vantava delle violenze di cui era autore e minacciava ulteriormente la persona offesa.
La Cassazione, quindi, confermava – correttamente – l’indirizzo del tribunale che aveva confermato la sentenza del giudice di pace, affermando che “Non è poi vero che le copie cartacee delle schermate telematiche dei siti Internet siano inutilizzabili in giudizio, atteso che i dati di carattere informatico contenuti in un computer rientrano tra le prove documentali e per l’estrazione di questi dati non occorre alcuna particolare garanzia; di conseguenza ogni documento acquisito liberamente ha valore di prova, anche se privo di certificazione; sarà poi il giudice a valutarne liberamente l’attendibilità”.
La prova digitale ed il regime di utilizzabilità dello screenshot
In questo caso, quindi, non era in discussione la prova digitale, ma il regime di utilizzabilità dello screenshot in sé e per sé considerato.
In generale, infatti, nulla vieta che vengano prodotti ed utilizzati in giudizio degli screenshot: ciò che rileva è il valore probatorio che assumono nella valutazione giudiziale.
Un conto è la valutazione della stampa di una schermata mai contestata, in termini di riconducibilità e correttezza dei contenuti dalla difesa, altro è l’ipotesi in cui ci siano eccezioni su questi punti, magari senza che sia mai stata effettuata una perizia o una rogatoria al Social Network per verificare le contestazioni.
Un’ipotesi tipica, in caso di indagini per i retai di atti persecutori e sostituzione di persona a mezzo Social Network, è la perquisizione con sequestro dei devices degli indagati per valutare se, all’interno degli stessi, siano salvate e richiamatele chiavi d’accesso per i profili utilizzati per i reati oggetto di indagine.
In questi casi, se l’indagato riconosce la paternità dei post o dei messaggi astrattamente – o concretamente – integranti reato, i presupposti del sequestro vengono meno, e gli screenshot assumono valore probatorio praticamente pieno.
Conclusioni
Sul valore legale di email, pec, sms, messaggi whatsapp etc. si è discusso molto nelle aule giudiziarie di ogni settore del diritto; discorso del tutto analogo vale per gli screenshot.
La giurisprudenza, in materia, si limita ad applicare i principi generali in ordine alla valutazione delle prove; su tutti, in generale, il criterio per cui un qualunque documento non contestato nelle forme rituali può essere valutato liberamente dal giudice senza preclusioni e, sempre, nel rispetto dei princìpi generali di valutazione della prova.
D’altra parte, in un’epoca in cui si sono verificate ipotesi di licenziamento a mezzo sms, non si può pensare che la stampa della schermata di un device non possa rientrare, in linea di principio, nelle aule dei tribunali.