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Industria 4.0, finiti gli incentivi ora occorre un “Piano Paese”: ecco come

La spinta propulsiva della politica industriale per il 4.0 si è ormai esaurita: siamo tornati ai livelli del 2014. Ora occorre ripensare le imprese in una logica 4.0 con attività di affiancamento e consulenza e di integrazione tra IT e digitale. Confindustria Veneto ha lanciato l’iniziativa “100 luoghi di Industria 4.0”

Pubblicato il 22 Lug 2019

Gianni Potti

Presidente Fondazione Comunica e founder DIGITALmeet

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Nei giorni scorsi, dalle colonne del Corriere della Sera, Dario di Vico sempre attento ai temi dell’impresa e dell’innovazione ha scritto di come si sia esaurita la spinta propulsiva della politica industriale per il 4.0.

Il dato che lo afferma è fornito da Ucimu (la Federazione dei produttori di macchine industriali della galassia Confindustria) ed è riferito al secondo trimestre di quest’anno: si certifica che siamo tornati sostanzialmente ai livelli del 2014.

In sostanza a prima del Piano Industria 4.0:  complessivamente nei mesi che sono andati da aprile a giugno dell’anno in corso gli ordini dei costruttori di macchine utensili sono scesi del 344% ma la frenata è stata particolarmente secca sul mercato interno (-439%).

Di qui le analisi – si dice nel corsivo – possono essere molteplici: amnesie del governo attuale che ha pasticciato con gli incentivi prima decurtandoli e poi reinserendoli, dando così dimostrazione di scarsa competenza e di “indecisionismo”.

Da tempo, almeno tre anni, vado ripetendo che il piano Industria 4.0 (azione più che meritevole e che ho condiviso fin dall’inizio) abbia puntato a rinnovare il parco macchine industriali del Paese (con ottimi risultati), e favorire, anche fiscalmente gli investimenti delle grandi aziende e non certo delle piccole e medie. E questo era evidente da tempo, come era chiaro che gli incentivi (vedi esempio della Tremonti) non durano all’infinito, ma dopo che li hai utilizzati concludono la loro funzione iniziale di stimolo al mercato.

Ripensare l’impresa nel suo insieme

Viceversa, Industria 4.0, specie in Germania e nel nord Europa è prima di tutto ripensare l’impresa nel suo insieme in una logica 4.0!

Industria 4.0 deve servire a migliorare i processi per dare valore aggiunto al prodotto/servizio, in particolare rivolgendosi alla enorme platea delle PMI italiane. Insisto infatti nel dire che Industria 4.0 come è nata in Germania e poi evoluta in Giappone e in tante altre economie manifatturiere, è prima di tutto l’occasione di ripensare le nostre imprese in una logica 4.0, non solo cambiando i macchinari, ma ripensando il processo produttivo, l’organizzazione, fino ai prodotti/servizi al consumatore.

Ecco quindi che vanno stimolate attività di affiancamento e consulenza (e sono in arrivo i manager di Industria 4.0 al posto del credito d’imposta in formazione) di cyber security, di big data, di e-marketing, di blockchain, di intelligenza artificiale, di internet delle cose etc. Insomma, di tutto ciò che può davvero dare valore aggiunto alle nostre imprese del Made in Italy e ai prodotti che queste immettono sul mercato.

Ottimo quindi – a mio avviso – se sapremo incentivare gli investimenti in queste tecnologie e puntare su Information Tecnology e Cyber Phisical, ovvero la piena integrazione tra IT e digitale.

Fondamentale – come dice anche Di Vico nel suo articolo –  il tema della Formazione, sia nel formare i formatori (mondo scuola e università), sia nell’adeguare le competenze nelle imprese, non solo in quanti vengono assunti, ma anche come riconversione del capitale umano esistente.

I 100 luoghi di Industria 4.0

In Veneto segnalo che stiamo per lanciare (come Confindustria Veneto) una grande iniziativa di divulgazione e awarness, denominata i “100 luoghi di Industria 4.0”. L’obiettivo è: mettere in rete i “living lab” (rappresentati in primis dalle nostre imprese, dai laboratori universitari, centri di ricerca, co working e luoghi di innovazione) in grado di costituire concreti esempi di applicazioni del 4.0 nei processi aziendali. Siamo infatti consapevoli che poter “toccare con mano” applicazioni del 4.0, soprattutto quelle implementate da piccole e medie imprese, possa consentire un vasto processo di diffusione di conoscenza presso gli imprenditori della nostra regione e potrà attivare numerosi processi di emulazione e networking. Cosa significa? Significa, ad esempio, che copiare dall’impresa vicina non è male, che dobbiamo avere il coraggio di raccontarci e farci conoscere. Noi siamo andati a copiare dal Baden Wuttenberg, adattando un format dove concretamente le aziende raccontano processi di Industria 4.0: l’obiettivo è quello di rendere il Veneto un “laboratorio per lo sviluppo del Paese”, puntando a creare sul territorio un ecosistema favorevole all’insediamento, alla crescita e allo sviluppo di imprese e start-up attive nel campo della manifattura digitale e industria/artigianato 4.0.

È in atto uno straordinario cambiamento di paradigma che condizionerà prodotti, processi, organizzazioni e modelli di business ed è quindi necessario supportare le piccole e medie imprese, che rappresentano il 99% del nostro tessuto territoriale, nel comprendere quale sia la portata di questo cambiamento e soprattutto come si possa declinare nelle singole realtà aziendali.

Industria 4.0 non è incentivi, ma un vero Piano Paese, dove la reingenirizzazione dei processi produttivi e la formazione giocheranno un ruolo decisivo.

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