L’ambiguità che avvolge il passaggio a Industria 4.0 e successivamente 5.0 è palpabile da mesi: nonostante le lusinghiere dichiarazioni del Ministro Urso, manca la successiva fase di attuazione.
A mio avviso sono tre le questioni fondamentali su cui concentrarsi.
I sostegni alle imprese che investono nel digitale
Dopo il famoso iperammortamento (Calenda 2016) i sostegni alle imprese che investono nel digitale si sono via via affievoliti, fino addirittura a sparire, circa un anno fa.
Ora, le aziende potenzialmente interessate ad investire sono in attesa di un segnale dal Governo, dopo che il Ministro Urso aveva anticipato l’avvento del 5.0, ovvero la supremazia dell’uomo digitale sulla macchina: il macchinario diventa quindi un mezzo e non più un fine.
Durante l’estate ci è stato comunicato che si stava definendo un budget tra i 4 e i 5 miliardi di euro da erogare attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), integrato con una sezione dedicata a RepowerEu per la transizione energetica. Tuttavia, sembra che siamo ancora fermi al via: forse quei fondi non sono più disponibili nell’elaborazione della legge di bilancio, o forse mi sbaglio?
Il crollo della domanda
La seconda questione è una diretta conseguenza della prima: la cancellazione degli incentivi ha portato ad una drastica diminuzione della domanda di macchine industriali. Come annesso dall’UCIMU di Confindustria, il settore ha subito un pesante crollo della produzione. Nel secondo trimestre del 2023, l’indice degli ordini di macchine utensili ha registrato un calo del 21,8% rispetto allo stesso periodo del 2022, con il mercato interno a -38,3%. Secondo Barbara Colombo, presidente di Ucimu – Sistemi per Produrre, la diminuzione è in parte naturale e in parte dovuta all’incertezza in cui operano le imprese, soprattutto riguardo al rinnovo del piano Transizione 4.0.
I fondi PNRR e il destino delle PMI
La terza questione riguarda i fondi che dovrebbero essere garantiti dal PNRR: dei circa 200 miliardi previsti, circa 60 sarebbero destinati all’universo digitale. Tuttavia, qui sorge un altro problema: questi fondi saranno assegnati come al solito ai grandi gruppi che hanno sofferto meno la crisi causata prima dal Covid e ora dalle guerre? E le PMI, spesso citate nei discorsi politici per il loro potenziale elettorale, saranno poi di nuovo dimenticate nella pratica?
Quali sono i criteri di assegnazione che sosterranno le PMI, che costituiscono la vera forza del nostro Paese? Non dimentichiamo che dei 4,4 milioni di imprese attive in Italia, le microimprese con meno di 10 dipendenti rappresentano il 95,13% del totale contro lo 0,09% delle grandi imprese.
Conclusioni
Queste sono le tre sfide su cui vorremmo sentire parole come programmazione a medio-lungo termine, visione e coraggio.
Speriamo vivamente che questo Governo (forte della sua maggioranza numerica) faccia la sua parte. Noi imprenditori continuiamo a investire ogni giorno, da mattina a sera, senza ombra di dubbio: è il nostro contributo alla salvezza del Paese.