Capre!, avrebbe detto il migliore Sgarbi a proposito di chi, credendo di essere arguto paragona una app per il tracciamento dei contagi a quelle che si scaricano o ai tracciamenti che ci vengono fatti dai big della rete.
E si lamenta del fatto che chi scarica app o si registra ad un qualsiasi social network già fornisce i propri dati personali (“diamo già i nostri dati a Google/Facebook/Tinder, perché chiedere una legge, cautele o tutele nuove, particolari per l’app di Stato? Facciamoci tracciare contro il coronavirus, senza indugi”).
La diversa rilevanza giuridica dell’app Immuni vs l’uso pubblicitario dei dati Google/Facebook e altre app
Vediamo allora di spiegare a questi giuristi-epidemiologi-informatici la differenza tra un’app per il tracciamento di COVID e un’app per dimagrire o per leggere il futuro nei fondi di caffè.
L’epidemia di Covid ha, come noto, portato via decine di vite umane, molte connesse all’asintomaticità del virus, ovvero ad una variabile non prevedibile a monte da chi ha studiato il virus.
Ora il tracciamento digitale, non da solo, perché è del tutto inutile, come ha giustamente rilevato il Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, dovrebbe orientare il cittadino nei suoi spostamenti e nei suoi contati durante la fase 2.
E cosa succede se l’app non funziona bene o se dovesse accadere un incidente informatico? Se per esempio l’app aggancia il segnale bluetooth del mio vicino e non il mio? O se un mitomane decidesse di hackerare il sistema di tracciamento?
Oppure se il numero di persone non fosse rilevante ai fini di una reale prevenzione diffusa? O, ancora se non vi fosse un collegamento con un sistema sanitario in grado di prevenire il contagio in tempo utile prima dello sviluppo dei sintomi, e prima di aver contagiato le 2,5 persone che a loro volta ne contageranno altrettante?
Le conseguenze di un’app contact tracing sui diritti civili
Succede che una persona (o anche molte persone) può anche morire, perché l’illusione di essere “immune” lo può portare a fare scelte di spostamento e di incontri che potranno nuocergli.
E’ quello che ha sostenuto il direttore dell’agenda digitale di Singapore, paese che ha adottato una soluzione di app simile a quella Italiana, salvo poi pentirsene e ritornare, è notizia di ieri, al lock down totale.
Il Sig Bay ha ammonito la collettività sui falsi positivi e negativi dell’app ( ricordando la strage degli asintomatici del coro di Washington) e del fatto che, senza un collegamento con un sistema epidemiologico efficace l’app appare in grado di generare più danni che benefici.
Non solo, aggiungiamo noi.
Poiché l’autocertificazione coronavirus probabilmente rimarrà nella nostra vita nella fase 2, in quanto verrà presumibilmente adottato un approccio scaglionato (o a fasce di popolazione e di lavoratori) simile a quello di altri paesi, l’installazione dell’App porterà conseguenze anche penali legate alle autodichiarazione (o mancata tale) di chi si vede accendere una lucina nel telefono, senza sapere cosa fare, e magari viene fermato dalle forze di polizia.
Ora forse gli arguti di prima potranno capire la differenza tra diritto allo svago e diritto alla vita, alla salute ed alla libertà personale, smettendo di far circolare sciocchi meme sui social e potranno tornare a giocare a Candy Crush, sicuri della loro perspicacia.